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VIALE GIORGIO MORANDI | Il cinema sotto casa

Su Viale Giorgio Morandi ogni tanto l’arte non è soltanto un nome sulle targhette delle strade

Viale Giorgio Morandi è uno stradone lungo e circolare, intorno al quale si affacciano palazzoni monolitici abitati da centinaia e centinaia di famiglie. Tutt’intorno anche le altre arterie prendono i nomi di pittori ed artisti celebri, da Giorgio De Chirico a Gino Severini, e pure il MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia) sembrerebbe essere sorto lì per portare alla comunità un’ulteriore gamma di colori.
Ma leggere un luogo attraverso il filtro di Google Maps non sempre aiuta a farsi un’idea precisa di una comunità.
Ed è forse anche per questo che Giovanni Piperno, regista del documentario in tre episodi intitolato proprio Viale Giorgio Morandi, questa fuorviante sovrabbondanza di sfumature cromatiche ha preferito comunicarle adottando un limpido bianco e nero per la fotografia del suo film.
Perché a dire la verità, Tor Sapienza, più che per il culto del bello è famosa per i fatti di cronaca, per uno stanco e continuo spleen che spesso sfocia in rabbia, paura, distruzione.
Allora, in una realtà abituata a misurarsi sulla scala dei grigi, produrre un lavoro come questo diventa una specie di miracolo.

Viale Giorgio Morandi
Viale Giorgio Morandi infatti, prima di essere un documentario, è innanzi tutto un progetto di inclusione sociale. Due onlus, l’associazione Antropos e la Fondazione Pianoterra, insieme alla Kino Produzioni, ormai due anni fa hanno dato vita ad un percorso di rieducazione al bello (appunto!), coinvolgendo proprio quei ragazzi che Viale Giorgio Morandi lo vivono tutti i giorni, tra un calcio al pallone ed una rap battle.

L’idea era quella di sensibilizzare, di utilizzare il cinema per creare traiettorie nuove, possibilmente andando oltre la gabbia imposta dai palazzi.
Così i protagonisti dei tre cortometraggi (di cui uno, il secondo, vincitore anche di un Nastro d’Argento), si sono ritrovati non solo a recitare, ma anche a dare direttamente vita alla propria storia, a metterla nero su bianco con l’aiuto prezioso, in fase di sceneggiatura, di Pier Paolo Piciarelli.
Tre storie difficili – da raccontare e da girare – in cui fantasia e vita si mescolano, facendo emergere una romanità di fondo che è pur sempre comica, sorniona, talvolta cinica.
Sarebbe facile abusare dell’aggettivo pasoliniano per descrivere il documentario realizzato da Piperno e Piciarelli, anche perché, dopo un lavoro di casting e scrittura  direttamente in loco, ne avrebbero tutto il diritto.

Il fatto però è che per Pasolini la borgata era una prigione, un ambiente circoscritto, un posto da cui uscire soltanto coi piedi davanti.
Per Viale Giorgio Morandi invece il futuro è possibile, il colore è raggiungibile, i profumi delle spezie d’Oriente un’opportunità non sottovalutabile. Dalla borgata allora non serve più scappare se già sotto casa puoi avere il mondo a portata di mano, basta soltanto farsi trasportare dal bello e lasciarsi coinvolgere dall’odore dell’India.

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