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Trasparenza salariale: via libera alla direttiva dell’Unione Europea

Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva le nuove misure di trasparenza salariale. Con l’obiettivo di contrastare il fenomeno del gender pay gap, ovvero il divario retributivo tra persone di genere diversi, da oggi in territorio Ue i datori di lavoro dovranno dichiarare il livello retributivo prima dell’assunzione, specificando inoltre i criteri che definiranno la paga annua e l’avanzamento di carriera.

«questa legislazione è progressista, moderna, femminista, liberale e intersezionale. È il primo passo per colmare il divario retributivo di genere»

Queste le dichiarazioni della correlatrice Samira Rafaela del gruppo liberale Renew Europe. Inizialmente la direttiva era stata proposta dalla Commissione per poi approdare in Parlamento europeo ricevendo il 30 marzo un ampio consenso: 427 voti favorevoli, 79 contrari e 76 astensioni. A votare contro sei italiani: due di Forza Italia e quattro di Fratelli d’Italia. Le nuove regole saranno valide in tutti i 27 paesi che avranno a disposizione tre anni per implementarle.

Cosa contiene la direttiva: dal colloquio all’avanzamento di carriera

Con le nuove misure i datori di lavoro dovranno dichiarare, per legge, il livello retributivo prima dell’assunzione specificando anche i criteri che definiranno la paga annua e l’avanzamento di carriera e che dovranno essere ovviamente “neutri” rispetto al genere dei candidati. La norma inoltre stabilisce che lo stipendio deve essere indicato nell’annuncio di lavoro o subito prima del colloquio e durante quest’ultimo i datori di lavoro non potranno chiedere al candidato il guadagno o a quanto ammonta la busta paga delle mansioni svolte in passato o attualmente. Anche i processi di avanzamento professionale dovranno essere trasparenti e non discriminatori tramite l’introduzione di sistemi di valutazione o classificazione professionale neutri sotto il profilo di genere. Nel rispetto dell’uguaglianza di genere anche gli avvisi di posto vacante e la denominazione delle posizioni lavorative.

Stop al segreto salariale

La direttiva vieta il “segreto salariale” ovvero, non potranno più essere valide clausole che impediscano ai lavoratori di divulgare informazioni sul proprio livello salariale o di chiedere informazioni sulla paga di altre categorie di dipendenti. Si stabilisce che i lavoratori e i loro rappresentanti abbiano diritto a informazioni precise sui livelli retributivi medi e individuali e nel caso in cui nell’azienda o nell’amministrazione pubblica si evidenzi un divario di genere di almeno il 5%, i datori di lavoro dovranno rivalutare le retribuzioni in cooperazione con i sindacati. Secondo il nuovo regolamento, ogni singolo paese dovrà stabilire sanzioni efficaci per chi non rispetta tali regole e chi subisce discriminazioni avrà diritto alla richiesta di risarcimenti.

La situazione attuale

Apparentemente, l’Italia sarebbe uno dei paesi più virtuosi d’Europa sul gender pay gap, con una differenza salariale tra i due sessi di solo il 4,2% rispetto ad una media europea del 13% (fonte: European Commission, 2022). Ma la realtà dei fatti è tutt’altra: se si prendono in considerazione altri fattori come il gran numero di settori con prevalenza di personale femminile dove le retribuzioni sono più basse rispetto ad altri settori, il numero mensile delle ore retribuite o il numero di lavoratori part time e quello delle donne in posizioni dirigenziali, la differenza salariale è più evidente. Secondo una ricerca del Consiglio nazionale degli Attuari in collaborazione con Noi Rete Donne, infatti, la retribuzione media lorda settimanale di una donna in Italia, ammonterebbe a circa 468 euro contro i circa 604 euro degli uomini e il reddito di pensione in media sarebbe di 1321 euro contro i 1970 euro dei maschi, mentre il tasso di occupazione femminile si attesterebbe al 55%, tra i più bassi d’Europa. Ad esempio, in Italia uno dei lavori più pagati, quello del manager, vede una donna guadagnare circa il 32% in meno rispetto ad un uomo. In questo contesto, la nuova direttiva Ue potrebbe portare grossi benefici nel mondo del lavoro e diventare un importante strumento nel contrasto alla differenza di genere negli stipendi.

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