“Ci sarà da divertirsi”, così Mark Zuckerberg, classe 1984 e 123,5 miliardi di patrimonio, introduce il nuovo nome della società Facebook Inc. Si chiamerà Meta e il simbolo è quello dell’infinito.
Il primo spot pubblicitario, creato dall’azienda Creative X e da Droga5, gira intorno a quattro studenti d’arte che “si perdono” all’interno del quadro “Lotta tra una tigre e un bufalo” dell’artista francese Henri Rousseau. Il dipinto, infatti, prende vita fino a diventare un tutt’uno con il mondo esterno. Il corto rappresenta quindi lo scopo principale di Meta, cioè quello di unire i due universi, digitale e reale con la creazione di uno spazio virtuale 3D. L’utente non si limiterà a schiacciare un pulsante e ad assistere alle sue azioni virtuali tramite lo schermo di un qualsiasi device ma entrerà nel cosmo digitale, vivendo esperienze in prima persona quali il giocare a carte o ad una partita a dama.

Metaverso: all’origine del termine
Con Metaverso si fa riferimento alla realtà virtuale, descritta per la prima volta nel romanzo fantascientifico Snow Crash, scritto nel 1992 da Neal Stephenson e pubblicato in Italia nell’antologia Cyberpunk edita da Mondadori.
Cyberpunk fa poi riferimento alla corrente letteraria e artistica nata negli anni 80. Utilizzato per la prima volta dallo scrittore Bruce Bethke per il titolo del suo racconto, nell’argomento centrale di questa narrativa troviamo le tecnologie della comunicazione e la cibernetica, legate alla rappresentazione di un ordine sociale distorto e ribelle. Centrali poi, nel panorama del nuovo millennio, sono le prospettive immaginate in ambito fantascientifico, riguardanti internet e il cyberspazio.
In questo panorama, il Metaverso è stato al centro di molte discussioni tra esperti e sociologi. L’universo digitale, grazie alle nuove tecnologie, rompe le frontiere con quello reale. Si prefigura quindi un progetto ambizioso, reso possibile anche grazie all’interattività tra le varie piattaforme. Sicuramente, il patron di Facebook è una figura di grande potere che ha i mezzi necessari e le tecnologie a disposizione, ma la realtà da lui immaginata quanto è vicina da quella attuale?
Il presente: l’innovazione che già c’è
La campagna pubblicitaria per Meta è stata da molti considerata eccessivamente futuristica. Presa di mira dai numerosi meme che sono circolati in rete, non sono mancati poi i paragoni con universi già esistenti: centrale nella visione di Zuckerberg è infatti il cosiddetto avatar (a cui si affianca l’utilizzo di ologrammi), cioè una sorta di copia digitale che l’utente può creare secondo i propri gusti personali, sia rendendolo simile al proprio sé che dando vita ad un’immagine ideale e lontana dalla realtà. Un’ idea che è alla base del famosissimo gioco The Sims, dove il giocatore può crearsi una vita parallela alla sua in un’ipotetica città, con un ipotetico lavoro, famiglia e casa. Il nome del videogioco ideato da Will Wright deriva proprio da Life Simulation (simulatore di vita) e cioè tutta quella vasta gamma di programmi che hanno lo scopo di dare al giocatore la possibilità di vivere una vita fittizia. Non è un caso poi che The Sims fa la sua comparsa all’alba del nuovo secolo, precedente agli ultimi anni 80 e 90 fatti di innovazioni tecnologiche legate a nuove esperienze di visione (si pensi alle prime VHS e ai primi videogiochi) e antecedente agli anni del 2000 che daranno il via a nuove sperimentazioni nel campo tecnologico e alla nuova frontiera del web.
Quindi, Meta, non rappresenterebbe una completa novità ma semmai una “versione aggiornata” di tutti quei tentativi che lo hanno preceduto e continuano ad esistere. Ad esempio, oggetti tecnologici come i visori per la realtà aumentata (VR), sono già presenti nel mercato da diversi anni, come i guanti con sensori che stanno prendendo piede nel mercato tecnologico già da un anno.
Nonostante Zuckerberg voglia “offrire” un mondo migliore, non manca poi chi ha visto questo cambio di nome come sospetto, soprattutto in seguito allo scandalo dei Facebook Papers e al danno che le app di proprietà dell’ormai Meta Inc. infliggono in particolare sulle nuove generazioni. L’intento del fondatore sarebbe dunque quello di dare una nuova veste all’applicazione che provoca danni psicologici già stando in 2D sugli schermi e che si presenterebbe come maggiormente pervasiva nella vita di tutti i giorni, con la terza dimensione.
A intervenire nel dibattito non sono mancati quindi quel gruppo di persone composte da ex dipendenti ed esperti critici dell’universo Facebook:
«Zuckerberg è molto competitivo e ambizioso e il Metaverso è il suo tentativo per far sì che Facebook non solo resti importante ma che sia anche dominante, poiché le abitudini dei consumatori si evolvono rispetto alle app dei social media… Zuckerberg ha lavorato al progetto per due anni ma è probabile che abbia deciso di lanciare Meta oggi per spostare a tutti i costi il dibattito pubblico lontano dalle controversie dell’azienda»
(Cecilia King, giornalista del New York Times e autrice del libro, con Sheera Frenkel “Facebook, l’inchiesta finale”)
Sul tema riguardante gli annunci pubblicitari, dove i dati personali degli utenti vengono sfruttati per creare pubblicità mirate, si è espresso invece lo stesso fondatore di Meta Inc.:
«gli annunci pubblicitari continueranno a essere una parte importante della strategia nelle aree social media di quello che facciamo e probabilmente saranno anche una parte significativa del Metaverso»
E sebbene da molti il progetto sia visto più come una profezia di un futuro ipotetico che la presentazione concreta di un nuovo prodotto, sono previsti 10 miliardi di dollari di investimenti per il 2022, con l’assunzione di 10mila persone in più all’interno dei Facebook Reality Labs, la formazione interna della società incaricata di progettare hardware, software e contenuti per la realtà aumentata, alla base delle esperienze offerte dal Metaverso.
Il futuro del distanziamento sociale
Tra finzione e realtà, nel caso in cui il progetto Meta diventasse concreto, starebbe a delineare un maggiore potere pervasivo che secondo alcuni come la giornalista Cecilia King, renderebbero Zuckerberg un vero e proprio imperatore. Tra queste preoccupazioni ci sono però anche degli aspetti positivi. In un periodo come quello pandemico, certamente il mondo del web è stato fondamentale per colmare quello stato di connessione nella vita reale che non era più fattibile nei giorni del lockdown. Dallo smart working alle interazioni personali tramite chat, le app di Facebook hanno sicuramente apportato un contributo importante per continuare la vita di tutti i giorni e rimanere informati in tempo reale, seppur tra le mura di casa. Oltre a coprire lo scandalo dei Facebook Papers, il lancio del nuovo universo potrebbe essere dunque legato anche a nuove esigenze, rafforzatesi in seguito al Covid. C’è da dire però che nonostante funzioni del genere starebbero a semplificare la vita delle persone, rimangono comunque allarmanti, soprattutto se si guardano i dati sui fenomeni come quello degli Hikikomori (in giapponese “stare in disparte”).
Si tratta molto spesso di giovani che decidono, in seguito a traumi o patologie come l’agorafobia, di staccarsi dalla vita sociale rimanendo confinati tra le mura di casa e spesso solo tra quelle della propria camera da letto. Sebbene infatti, app del genere siano state create con lo scopo di socializzare, molto spesso si rivelano efficaci strumenti di isolamento. La paura del non essere all’altezza del mondo che c’è là fuori, può provocare una netta chiusura e una visione del mondo esterno filtrata unicamente tramite i media. Nel mondo attuale siamo sempre più connessi ma allo stesso tempo socializziamo sempre di meno. Le numerose amicizie online, si tramutano in follow e molto spesso non si concretizzano in un legame vero e proprio. L’evoluzione del Metaverso potrebbe da un lato permettere a queste persone di socializzare tramite avatar e ologrammi ma dall’altro li renderebbe sempre più isolati, avendo a disposizione gli strumenti necessari per “non uscire di casa” e non stare a contatto con la realtà vera e propria. Come si è potuto vedere dai Facebook Papers però, Zuckerberg non è il creatore di tutti questi elementi ma si è semplicemente “limitato ad aggiornare” i mezzi necessari, che vanno dalla semplice community di giochi online alle simulazioni di vita reale fino alle chat private. Bullismo, violenza e agorafobia fanno già parte del nostro mondo da anni. Semmai il ruolo che potrebbe assumersi il fondatore di Meta, potrebbe essere quello di attuare un miglior controllo e una maggiore trasparenza…anche qui forse stiamo parlando di utopia?