Facebook files, questo il nome che da giorni sta facendo il giro del web. Se ne è parlato per la prima volta grazie ad un articolo (a cui ne sono seguiti altri di approfondimento) scritto da alcuni giornalisti del Wall Street Journal.
Si tratta di una serie di documenti resi noti dal giornale che illustrerebbero i risultati di una ricerca svoltasi dalla stessa società che controlla Instagram (Facebook Inc., il cui fondatore è il già noto Mark Zuckerberg). Dai risultati pervenuti i ricercatori hanno verificato come l’app in questione sia estremamente dannosa, soprattutto nei soggetti più giovani. Il danno psicologico è dovuto soprattutto alla condivisone di messaggi fuorvianti che rovinerebbero la salute mentale di quelle fasce della popolazione che si trovano nella fase di crescita e che vanno dalla pubertà all’adolescenza. Il tutto è reso possibile tramite l’immediatezza dell’immagine che rende più diretto il messaggio. L’aspetto visivo è infatti la caratteristica principale che contraddistingue l’app fondata nel 2010 e acquistata dalla Facebook Inc. nel 2012 per un miliardo di dollari. Tramite quest’ultima il cosiddetto “post” tipico di Facebook cede il passo ad una sorta di “post 2.0” dove l’immagine condivisa diventa l’oggetto primario rispetto alla parte scritta, che rispetto a Facebook si trasforma in una didascalia.

Instagram: il danno dei filtri
Dopo il caso di Cambridge Analytica sembrava che fosse tornata la tranquillità negli uffici di Facebook ma a quanto pare, la pubblicazione dei Files avrebbe riportato Zuckerberg al centro di un altro scandalo: il fondatore miliardario avrebbe infatti deciso di non rendere noti i documenti e di tacere sulla gravità della situazione nella quale versa tutt’ora il mondo di Instagram:
“I ricercatori hanno verificato come l’app sia dannosa soprattutto per le fasce d’età più giovani tra cui vi è un’alta percentuale di adolescenti donne …in pubblico, Facebook ha sempre taciuto sugli effetti dannosi di Instagram e non ha reso la ricerca disponibile per accademici o legali che l’avevano richiesta. In loro difesa, la società ha dichiarato che gli effetti negativi non sono molto diffusi, che la ricerca sui danni psicologici è troppo preziosa da diffondere e che alcuni degli aspetti dannosi non sono facili da affrontare”
(Georgia Wells, Jeff Horwitz e Deepa Seetharman per Wall Street Journal- Settembre 2021)
Nonostante le dichiarazioni rilasciate dalla società per tacere le voci negative riguardanti l’applicazione, resta il fatto che Instagram ad ogni aggiornamento, introduce e apporta migliorie a strumenti sempre più dannosi, tra cui spiccano i cosiddetti filtri: se prima si poteva modificare una foto cambiando aspetti come la luminosità o il contrasto o aggiungendo filtri che andavano dal cambio di alcuni colori alla saturazione di altri, ora grazie all’introduzione di nuove modalità, è possibile arrivare anche a cambiare il proprio aspetto fisico. E’ così che vengono introdotte nuove funzioni, soprattutto nelle “storie”: una carrellata di immagini e video della propria vita quotidiana oggi ti permettono di far vedere l’utente con delle labbra più gonfie, gli zigomi più alzati e un colore degli occhi diverso. In quello che sembra un vero e proprio gioco, gli utenti più vulnerabili finiscono per modificare ogni aspetto del proprio sé creando una versione che rispetti i canoni che seguono i trend trasmessi da Instagram.
Oltre a questo però c’è un altro grande problema: il web in generale ha permesso a chiunque disponga di una connessione internet di poter esprimere le proprie opinioni mettendosi al pari di chi è a capo di un media come un giornale autorevole o un’emittente televisiva. Nonostante ci sono aspetti positivi in questo cambiamento, come il dar voce a utenti che prima non potevano esprimersi in alcun modo, molti sono anche gli aspetti negativi tra cui permettere la diffusione di informazioni e stili di vita estremamente tossici che possono affliggere soprattutto i soggetti più deboli.
Prendiamo come esempio una giovane teenager che si sente insicura del proprio corpo: avere davanti a sé tutti i giorni, foto di modelle sottopeso o personal trainer senza alcuna esperienza che danno consigli su cosa mangiare e cosa no può solo peggiorare la situazione delicata in cui una persona vulnerabile e ancora “alla scoperta del mondo” può trovarsi. Un’altra ragazza che ad esempio non si sente abbastanza attraente per apparire sui social, ricorrerà all’uso di filtri che ti riducono la misura del naso o cambiano il taglio dei tuoi occhi, anche quando decide di fare una storia, solo per poter avvicinarsi all’aspetto di una modella o di un’attrice. Non a caso tra i filtri più popolari su Instagram vi è quello denominato “Kendall+Kyle”: i nomi delle due sorelle del reality show più popolare d’America, “Al passo con le Kardashian” e famose per aver subito una serie di interventi estetici, diventano un mezzo pericoloso in mano ad un’adolescente.
Ma tutto questo mondo che ha portato a numerosi casi psicologici che vanno dalla bulimia alla depressione sono veramente frutto solo di applicazioni dove l’immagine è protagonista oppure sono messaggi radicati nella nostra società ormai da anni?
La ricerca della perfezione: il caso delle passerelle a Milano
Molti di noi ricordano benissimo quella che è stata l’epoca d’oro della moda italiana: gli anni 80. Un’epoca che ha visto nascere le case di moda più importanti e che hanno reso famoso il lusso Made in Italy anche all’estero. Il periodo d’oro però si correla a tutta una serie di aspetti legati al dietro le quinte di eventi come la Milano fashion week. Le modelle che si trasformano in vere e proprie star dell’industria della moda proprio in quel periodo, cominciano ad essere citate nelle prime denunce riguardanti tematiche come la bulimia e l’anoressia. Una situazione che nei primi anni del 2000 raggiunge il culmine: in televisione e nei vari cartelloni pubblicitari i prodotti che vanno dalla cosmesi ai capi d’alta moda fino alla cosiddetta fast fashion vengono rappresentati solo da donne lontane dai canoni della realtà e più vicine ad un ideale di bellezza impossibile da raggiungere per molte ragazze. Ci si allontana dall’idea che esistano vari corpi rappresentandone solo uno: assenza di fianchi, peso che va dai 40 ad un massimo di 50 chili, altezza statuaria, naso alla francese e zigomi alti.
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Solo dagli anni 10 del 2000 le case di moda cominciano a seguire una via più inclusiva cominciando a far sfilare modelle di differenti taglie e a creare vestiti adatti a vari fisici. Si cominciano a creare spot pubblicitari che mostrano imperfezioni, più vicine alla normalità della vita reale. Questi cambiamenti però, sebbene elogiati negli anni dai vari personaggi noti del mondo della moda, sembrano rappresentare ancora una minoranza, come si è potuto vedere durante la settimana della moda di Milano dove oltre al fatto della quasi assenza di modelle plus-size, c’è stata una forte presenza di veri e propri casi di anoressia, elogiati tramite storie da quegli stessi personaggi del mondo del giornalismo che in articoli passati elogiavano alla body positivity.
Sfilata Blumarine 2022 fonte: Milan Fashion Week, le immagini che fanno (ancora) discutere (dilei.it)
Una situazione che è stata filmata e denunciata tramite la stessa app (Instagram) che in questi giorni viene accusata di danneggiare le nuove generazioni di utenti, tramite post di personaggi noti come la giornalista Selvaggia Lucarelli, la personal trainer (certificata) Carlotta Gagna (@traininpink) e il direttore di Vanity Fair Italia Simone Marchetti:
“Ad oggi i campionari delle collezioni e persino i cartamodelli degli abiti sono pensate in un’unica taglia che rispecchia quello che vediamo in passerella. Non sarebbe invece il caso di modellare la creatività su corpi non conformi e stereotipati? Sarebbe un cambiamento radicale…qualcosa che forse sarebbe in grado di disinnescare un meccanismo obsoleto e polveroso per poi innescare un nuovo modo di guardare e di guardarci”
(Simone Marchetti per Vanity Fair Italia. Settembre 2021)
Per cambiare Instagram si deve partire dalla società
L’immediatezza dell’immagine tipica di Instagram è quindi uno dei mezzi migliori per esprimere pensieri ed idee. Di conseguenza non si può non fare una riflessione sulla società che produce quelle immagini e che è la principale responsabile di ciò che sta accadendo. L’app in questione infatti non è altro che il riflesso di quello stesso mondo reale che l’ha creata, un ambiente dove si scontrano pensieri e idee diverse e dove, come si è potuto vedere nel caso della Milano fashion week, una giornalista autorevole che elogia una modella sottopeso ha la stessa visibilità sui social di chi la critica, denunciando un episodio grave. Il web ha quindi permesso di mettere sullo stesso piano ideologie e personaggi diversi tra loro che vanno dal semplice utente a quello che lavora per un media come un magazine di moda.
Viene da chiedersi cosa si possa fare per cambiare la situazione: innanzitutto i cambiamenti devono prima cominciare nel mondo reale e nel 2021 non è ammissibile che un brand abbia il potere di elogiare quella che è a tutti gli effetti una malattia (l’anoressia) come non è ammissibile che una persona venga insultata e umiliata per i motivi più disparati che comprendono molto spesso quelli legati ai canoni di bellezza. E’ anche vero che magrezza non è sinonimo di malattia ma come si da spazio a personaggi che seppur “sani” rispettano determinati canoni, lo si deve dare anche ad altre tipologie che siano più inclusive e che possano rispecchiare tutte le sfumature dell’essere umano.
Ad oggi questo cambiamento sembra essere già in atto: sono sempre di più gli influencer che promuovono stili di vita sani e messaggi positivi, spesso parlando di proprie esperienze personali. Molti di loro sono utenti che vengono “dal basso” che non sono a capo di brand importanti ma che hanno cominciato la loro carriera promuovendo la propria immagine di sé. Purtroppo, nonostante l’incremento del numero di questi personaggi, rappresentano ancora una minoranza. Se però il cambiamento non parte anche dall’alto, a cominciare da chi gestisce queste app, le giovani generazioni si troveranno sempre in costante pericolo.
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