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Lollo pigliatutto

Torna il derby in notturna e la sfida capitolina, che non sarà mai una partita come le altre, cambia il volto di un intero quadrante di Roma.

Da Ponte Milvio, sponda laziale, a Piazza Mancini giallorossa, tra blindati delle celere, torce e bomboni avanzano verso lo Stadio Olimpico le tifoserie di Roma e Lazio.

North Face, Barbour, Borghetti , le sciarpe al collo, gli sguardi di gente che non si conosce ma condivide la stessa ansia per un risultato che ti porterai dentro fino alla sfida di ritorno perché il derby di Roma è anche  questo.

Il match inizia alle 20:45 ma l’appuntamento che sia al River o a Ponte Milvio è comunque ore ed ore prima, l’ansia va condivisa, le ultime birre vanno giù e la marcia verso le rispettive curve inizia.

L’odore acre dei fumogeni filtra attraverso le bandane, il rumore del calpestio di bicchieri di plastica è il sottofondo musicale, ultimi messaggi al cellulare perché poi “dentro non prende” e qualora dovesse esserci linea c’è il derby e tutto può aspettare.

Roma si ferma, l’unico tempo che vale allo stadio è lo scorrere dei minuti di gioco.

C’è il Derby, il resto è noia.

Pairetto fischia il calcio d’inizio, la prima sigaretta di tante altre che seguiranno si accende tra le labbra dei tifosi sugli spalti, l’ansia inizia a svanire e l’adrenalina la fa da padrona.

La Nord sfoggia per prima la coreografia, la Sud attende e risponde con la sua: c’è il Derby, è domenica e la cattedrale dell’Olimpico va allestita a dovere.

Primi petardi e forte indecisione se godersi gli sfottò sugli spalti a colpi di striscioni o il gioco sul campo ma la decisione la prende per tutti Pellegrini.

Occhi al campo perché questo, prima di essere il derby dei tifosi, in cuor suo Pellegrini sa che è il suo derby.

Capitano introverso, tecnico, silenzioso, un romano atipico Lorenzo.

Colpevole di avere alle spalle prestazioni sottotono e lo spettro di una fascia portata al braccio da due leggende come Totti e DDR. La sua fragilità e la sua forza sono entrambe concentrate in quel pezzo di stoffa legato al braccio.

Pochi grammi di cotone elasticizzato che possono metterti le ali e farti volare al nono cielo dantesco, il Primo Mobile, o pesare come un macigno e gettarti giù al nono Cerchio, il Cocito, quello dei traditori.

Lorenzo in realtà Roma non l’ha mai tradita, l’ha sofferta in silenzio ed in solitudine ma lui a Roma non ha mai voltato le spalle.

I fischi sono stati severi compagni di viaggio per tutto il girone d’andata ma lo sguardo verso la Sud Lorenzo l’ha sempre avuto.

Tanti fischi incessanti e qualche volta eccesivi, la testa di Lorenzo in quei casi volgeva al manto erboso ma mai un comportamento fuori posto nei confronti della sua gente.

Nessuno ne voglia ma Pellegrini questo derby lo vuole per lui in primis.

Al 10’ Lorenzo la mette sotto l’incrocio dei pali, gli occhi devono andare al campo…gli striscioni ora possono aspettare.

“Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla

fantasia.”

Ha la maglia numero sette Pellegrini ma per essere il capitano della Roma non puoi avere le spalle strette e probabilmente non le ha mai avute Lorenzo, la sua non è la Leva calcistica della classe ’68 di De Gregori la sua è la voglia di riprendersi l’amore della sua gente e non esisteva modo migliore di un goal sotto al derby.

Sugli spalti gli sfottò riniziano ma la Roma vuole tutti gli occhi degli spalti sul campo, Dybala lotta Saelemaekers finalizza al 18’ per quello che sarà il risultato definitivo del match.

I biancocelesti nella seconda parte della partita provano più volte l’affondo, i padroni di casa difendono i tre punti sperando nelle ripartenze del gigante ucraino con la maglia numero undici, Artem sporcherà poco e niente i guanti di Provedel ma difenderà buona parte dei palloni che gli arrivano addosso.

Il derby personale tra Dybala e Guendouzi stavolta non si combatte a suon di parastinchi e raffigurazioni ma trova il suo coronamento quando Ranieri chiama l’argentino in panchina, il numero ventuno giallorosso applaude la Sud e saluta il transalpino prima e la Nord dopo con un cinque, come gli scudetti vinti dalla Joya in carriera.

Il tempo ci dirà se il francese eguaglierà il palmares di Dybala o no.

Sul finale gli animi in campo si scaldano, la Nord nonostante il risultato continua a cantare e sventola al cielo le sciarpe.

In Sud si attende il triplice fischio che arriva dopo i cinque minuti di recupero abbondanti.

Inizia la festa ed adesso è la gente a volere Pellegrini sotto la Curva.

Lorenzo torna a casa, una casa che lui mentalmente non ha mai abbandonato ma il calcio a Roma è anche questo.

Ricordati di onorare la fascia; l’ha voluto fortemente, l’ha realizzato ed il purgatorio è finito, Pellegrini vola al nono cielo, firma un risultato maledetto per i laziali fino al derby di ritorno e pace è fatta.

La squadra intera corre verso la Sud, Mancini, ormai romano d’adozione rimane fino alla fine con il capitano ad abbracciare la curva mentre Ranieri si gode l’ennesimo derby vinto…una benedizione averlo in panchina nella stracittadina.

Gli spalti si sfollano, le luci si spengono e sul viale del ritorno sei ancora incerto se fumare l’ultima sigaretta del pacchetto o no.

La accendi e getti il pacchetto accartocciato pensando che fino al tredici aprile Roma è di diritto giallorossa.

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