Giovanni Cesare Pagazzi, arcivescovo e teologo, classe 1965, pubblica il suo ultimo libro
“Cosa può un saluto?”, edito da San Paolo Edizioni, ponendosi una domanda fondamentale:
che cosa si racchiude dentro ad un saluto?
In tempi sempre più frenetici ed individualisti si tende sempre meno a salutare persone estranee, relegando spesso al saluto una valenza superficiale. Invece Pagazzi ci dimostra come un gesto banale e ordinario possa contenere un significato eccezionale e potente.
L’autore nel suo libro percorre un elogio al saluto lungo la storia, l’arte e i Vangeli; e racconta come tutto sia inizialmente riconducibile all’atto di salutare l’altro. Il saluto risulta essere un gesto tanto ordinario, quanto straordinario; come una forza motrice che può dare inizio a tutto, sia nella vita terrena, sia in relazione a Dio, ogni cosa nasce da un saluto.
Pagazzi descrive degli esempi in cui un saluto risulta centrale in diverse forme di arte. L’autore cita il saluto tra Dante e Beatrice, l’inizio di un incontro tra i due, che ha poi portato alla genesi della Divina Commedia. Ma anche la scena iniziale del film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, dove il saluto rincorso di un contadino del 1800 verso una donna dà origine alla trama del lungometraggio. Per Pagazzi il saluto nell’arte è ricorrente e pieno di significato; tanto quanto lo è nei testi sacri. Infatti, parallelamente, l’Angelo Gabriele, nel manifestarsi a Maria, per prima cosa le porge i suoi saluti, che sono anche quelli di Dio. Pagazzi sostiene e spiega come il gesto di salutare l’altra persona sia una forma di approccio terreno e divino.
Nelle relazioni terrene il saluto può assumere varie forme; dal saluto iniziale, ad un augurio a quello finale di congedo. Salutare significa protrarsi verso l’altro, e indica una sorta di coraggio. Coraggio di fare il primo passo, coraggio di mantenere una relazione, coraggio di perdonare o di congedarsi da qualcuno. Il saluto diventa, dunque, un gesto in continuo mutamento e aggiustamento; risulta essere una dinamica in continua evoluzione a dipendenza delle situazioni. In tutte queste forme, però, vi si racchiude sempre amore; lo si denota anche dalle forme verbali che assumono i diversi saluti.
In ogni lingua vi è una matrice comune. Un saluto di accoglienza come il Buongiorno ritrova lo stesso augurio nelle altre lingue romanze, tanto quanto un saluto di congedo come Addio / Ad-Dio – Adieu (francese), Adios (spagnolo) – che rimanda ad una promessa di vicinanza futura e nel frattempo augura che Dio sia con te. Inoltre Pagazzi spiega come in molte forme di saluto si utilizzi il verbo “desiderare”, per esempio in inglese I wish o in tedesco Wünschen, che sottolineano ulteriormente come il saluto rimandi ad un gesto di amore verso l’altro.
L’autore approfondisce il discorso linguistico apportando ulteriori esempi e conclude che in ogni cultura il saluto è intriso di locuzioni positive e celebrative, accomunando tale gesto a tutti i popoli. Pagazzi crea un parallelismo molto interessante tra il saluto e l’imposizione del potere su una comunità; quando l’autorità cerca di cambiare le condizioni culturali, sociali o politiche, spesso tende anche ad imporre nuove forme di saluto, un esempio è l’introduzione del saluto nazifascista oppure la restrizione del saluto durante l’emergenza socio-sanitaria causata dal Covid-19.
Nella seconda parte del libro Pagazzi ripercorre i testi sacri cristiani ed elenca come ogni passaggio venga dapprima introdotto dai saluti iniziali. Nel Vangelo ogni portatore della parola di Dio deve salutare il proprio interlocutore per primo; proprio perché è un approccio che favorisce l’inizio della relazione, ma anche perché è allo stesso tempo ambasciatore del saluto di Dio. Pagazzi nel suo scritto ha dimostrato come, da un semplice e banale gesto, possa invece nascere tutto, dalle relazioni interpersonali all’arte, dai Vangeli ai neonati che si approcciano alla vita attraverso il saluto dei propri genitori