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Licenziate i padroni! L’urlo di Bentivogli

Un po’ sindacalista, un po’ sinistroide. Il titolo del nuovo libro, edito da Rizzoli, di Marco Bentivogli “Licenziate i padroni” sembra proprio che voglia provocare. Ma Bentivogli è tornato indietro con l’orologio? Negli anni Settanta? Oppure è fermo al presente, quel presente dove il termine “lavoro subordinato” non sta più al passo con i tempi? Di una cosa siamo certi, anzi ce la spiega proprio Bentivogli nelle prime righe che scrive:

«I Padroni a cui mi riferisco non sono una categoria. Padrone è chi si comporta come tale. Per quanto mi riguarda ho sempre pensato che fosse più utile valorizzare la maggioranza degli imprenditori che rispetta la dignità delle persone, che ne assicura la crescita».

Bentivogli è una persona che ha sempre lottato per i diritti del lavoratore e in questo libro mostra tutta la sua rabbia per il mondo del lavoro di oggi, rimasto fermo al passato. Le parole chiave sono rispetto e dignità. E come ci ricorda lui stesso “dove non sono riuscite le lotte sindacali, ci penseranno l’innovazione, la cultura, tutta l’umanità di cui disponiamo.” Motivo per il quale alla base della “rivoluzione” professata dall’autore, ci deve essere prima di tutto un cambio drastico delle relazioni umane nel mondo lavorativo.

Una rabbia scritta nero su bianco, fatta di dichiarazioni ma anche di prove: diversi sono i dati che attorniano il libro-saggio. Primo fra tutti, il rapporto dello State of the Global Workplace 2022 del Centro di ricerche Gallup, che assegna al Belpaese un tasso di felicità sul lavoro tra i più bassi. Quello descritto sia dalle ricerche riportate dall’autore che dalle sue personali riflessioni è il quadro di un paese di sfiduciati e stressati con un rapporto malato con il lavoro.

L’analisi di Bentivogli gira intorno a tutta una serie di tematiche: dal merito “di avere parenti o amici” alla mediocrità di chi ha ereditato la posizione ai vertici e pensa che tutto gli sia dovuto, all’ ossessione del controllo fino alla paura dell’errore:

«come esseri umani siamo destinati a sbagliare, l’errore è nella nostra natura. Chi non sbaglia non riconosce i propri errori e pertanto non impara nulla. L’azienda che non mortifica l’errore ma impara da essi è generalmente più forte.»

Il mondo di oggi è cambiato e come parte delle vite degli uomini, anche il lavoro deve seguire questa rotta: viviamo nell’epoca della digitalizzazione, in cui il tempo e lo spazio non sono più ben definiti. Ci si chiede a questo punto quanto possa essere produttivo lasciare una persona otto ore in una stanza, quando la mansione può essere fatta in spazi e tempi diversi.  Ad oggi la “paga oraria” è un parametro minimo ma insufficiente per riconoscere in modo pieno il valore economico e professionale e inoltre, come ci dice l’autore, non aver impugnato la bandiera di “un orario libero e rimodulato” rischia di far trascurare le possibilità per una sua riduzione.

Il lavoro può essere uno strumento importante di libertà ed emancipazione: ma se in un mondo fatto di nuove generazioni, voglia di parità tra sessi, nuove tecnologie e progresso il mondo del lavoro si isola in una bolla dedita al non progresso, quest’ultimo diventerà sempre più simile alle forme più becere di sottomissione della persona.

L’arma di difesa del Lavoro non può essere ancora “alla mia epoca era così e andava tutto bene”. In quanto specie viventi siamo fatti per evolvere e nel Progresso non è concepibile vedere una donna dover decidere tra crescere un figlio e avere un lavoro, un giovane sfruttato o una persona non arrivare a fine mese dopo più di 40 ore di lavoro. In questo contesto è dunque necessario fare rete, aprire la propria azienda ai processi di open innovation, guardare quindi al mondo che c’è fuori la bolla, che sta evolvendo dai nuovi concetti del benessere fisico e psicologico alla rivoluzione riguardante l’intelligenza artificiale.

E nel leggere il libro di Marco Bentivogli, le sensazioni vanno dalla fitta allo stomaco nel leggere quella che è la dura realtà dei fatti, ad un sospiro di sollievo quando si parla di “innovazione” e “progresso”. Allora le soluzioni ci sono, stanno lì fuori la bolla del Lavoro. Come farle entrare dentro?

Diffondete il verbo, fate leggere il libro a qualcuno, magari al vostro capo, a chi sta a Sinistra, a Destra o al Centro e anche a chi non vota. Allora lì c’è una sola domanda: “insomma che si fa?”.

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