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Ma che musica, Maestro!

(Fonte: Freepik)

Stavolta parliamo di musica con la “M” di Maestro, cioè di colui che possiede il privilegio e la passione necessari per lavorarci. Da quando c’è la pandemia tutti i luoghi riservati alla musica hanno chiuso, considerando che i principali guadagni dei musicisti classici o moderni sono dovuti ai concerti pubblici, tutto ciò non ha più permesso ai musicisti professionisti dopo anni di studio e di sacrifici di proseguire a lavorare.

Siamo a ridosso della settimana di Sanremo, la 71° edizione ha visto la vittoria della Band  rock Maneskin che ha rovesciato molte delle vecchie tradizioni, ponendo i giovani al centro della scena. Inevitabile per la rubrica di 2duerighe rivolgersi ai giovanissimi, chiedendo loro e voi, “cosa ne pensate del nobile mestiere del musicista?

«Il mio rapporto con la musica è molto bello; la ascolto spesso e da quando sono piccolo canto di continuo. Ho cominciato ad appassionarmi alla musica moderna con i miei nonni perché hanno una radio che tengono sempre accesa e ascoltiamo spesso Lewis Capaldi, Ed Sheeran e i Queen, di cui sono un appassionato. Molto spesso ascolto musica quando sono triste, o quando sono arrabbiato, ma soprattutto quando mi mancano i miei nonni che non abitano a Roma che vedo pochissime volte.

La mia opinione sul lavoro dei musicisti è che sia un lavoro bellissimo e pieno di allegria, ma soprattutto di emozioni e pianti di gioia e se sei famoso pieno di successo. Vorrei diventare un cantante quindi mi informo delle loro giornate, non ne so molto ma credo che si allenino con la voce e se pure solo per un giorno non si allenano, perdono l’abitudine e non va bene. Credo che sia un lavoro bello, ma faticosissimo, immagino che i musicisti si allenino a casa loro o in sala prove per quasi tutto il giorno. A me piacerebbe fare il cantante, mi piacciono lo spettacolo e le coreografie che creano, ma soprattutto vedere il pubblico che applaude. Poi quando il pubblico canta insieme al cantante mi diverte molto».

Riccardo, 9 anni

«Ho un buon rapporto con la musica, mi piace molto e la ascolto ogni volta che posso. Se dovessi immaginarmi la professione di un musicista penserei subito a un muro pieno di plettri e a una stanza dove suona i suoi strumenti musicali.
Le sue giornate invece le immagino iniziare con una abbondante colazione dopo la quale si potrebbe dedicare a preparare gli spartiti per i suoi allievi, fino a tarda sera. Non so quanto sia faticoso ma penso che tenendosi in allenamento tutti i giorni non dovrebbe essere particolarmente duro.
Io farei volentieri il mestiere del musicista».

Vittorio Del Sordo, 10 anni

(Fonte: Freepik)

«Il mio rapporto con la musica non è molto grande.Con la musica non ho un legame particolare ma una sottile cordicella che comunque un po’ di passione me la dà.  Per me rappresenta qualcosa per passare il tempo, ma una cosa speciale. Dipende poi dal tipo di musica e quanto mi piace: infatti c’è una canzone inglese chiamata “believer” e sentirla mi fa iniziare a battere il cuore, inizio a pensare a cose romantiche e poi drammatiche. Dopo di che arriva la mia parte preferita: inizia la parte avventurosa. Mi sento come in un campo di battaglia e che devo combattere con dei poteri magici contro un’altra persona con altri poteri. La fine della canzone però mi porta sempre a pensare alla perdita ma che non mi devo scoraggiare perché  c’è sempre una seconda chance.
Non per offendere i musicisti ma penso che il loro lavoro sia un po’ malinconico: appena un musicista si sveglia deve subito pensare alla sua canzone.  Infatti penso che all’inizio il lavoro del musicista è davvero interessante e divertente ma poi, preso dal guadagno pensa solo al successo e non gli importa se la canzone porti emozioni o sentimenti ma solo che è una canzone e che deve avere la sua ricompensa.

Secondo me una giornata tipo di un musicista è fatta così: (facciamo finta che il musicista si chiama Giovanni). Giovanni si sveglia e si fa un bel caffè. Dopo va subito nel suo studio o in generale dove suona e inizia a suonare. Poi fa colloqui e incontri di lavoro e infine Giovanni se insegna a suonare va a insegnare se invece non deve farlo ritorna a casa, ricomincia a suonare e poi dorme e così via».

Lorenzo, 9 anni

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