L’inchiesta era stata aperta nel 2009 dal Pm Raffaele Guariniello, in seguito al sequestro dei Nas di alcune provette e diverso materiale nello scantinato di via Giolitti, utilizzato da Vannoni per le prime infusioni di staminali. Dal capoluogo piemontese sono emersi contatti con biologi ucraini, sperimentazioni a San Marino e in altre regioni italiane, fino a quelle -autorizzate all’epoca dal ministero – agli Spedali civili di Brescia.
L’accusa per tutti era di associazione per delinquere e truffa. Guariniello dopo la lettura della sentenza ha esultato: “Dopo anni d’indagini e discussioni questa sentenza ci insegna che la giustizia ce l’ha fatta e grazie alla giustizia vince anche la scienza”. Non è dello stessa idea Davide Vannoni, attraverso il suo legale fa dice: “La giustizia ha fatto il suo corso, ma la scienza farà il suo. Sono convinto della mia innocenza. Confido che la scienza mi dia ragione, un domani, e spero che processo possa essere riaperto in futuro se la scienza confermerà la bontà del metodo”.
Rimane ora da capire un punto controverso della sentenza, per quanto riguarda l’efficacia internazionale del divieto di proseguire la ricerca sul metodo Stamina. Secondo il Pm Guariniello: “Un punto che non è in discussione” precisando “Oggi tutto il Paese può essere soddisfatto, questa sentenza è una pietra miliare perché afferma che i trattamenti sanitari possono essere fatti, ma solo se sottoposti al vaglio autorevole degli organismi competenti”. I legali di Vannoni, Cataliotti e Scrivo, sostengono invece che: “È una questione giuridica complessa e discutibile, presuppone che si conoscano le leggi straniere del Paese ove venisse proseguito il trattamento. Non è detto che ciò che è vietato in Italia debba essere vietato all’estero. Tra l’altro, nel corpo della sentenza di estero non se ne parla affatto”.
Marilena Tuveri
19 marzo 2015