Homs è ancora un cimitero a cielo aperto. Lo stato siriano, reduce di una guerra civile, non ha le disposizioni economiche per ricostruire la Città Vecchia e ne lascia i ricordi più bui. Tahrir al-Sham si è formalmente sciolta, ma i miliziani jihadisti rimangono i padroni di casa e sono pronti a sparare a dei sospetti sostenitori del vecchio regime Assad o di chi condivide fede alawita ai checkpoint. La loro giustificazione al sangue è il mantenimento della sicurezza di Homs, minimizzando torture e uccisioni che si respirano ancora per le strade
L’espansione delle minacce, le vittime sono i cristiani
Le ultime tracce di convivenza religiosa nel territorio stanno scemando. Le campagne di Homs stanno diventando in questo mese teatri di rapimenti, attacchi e omicidi nei confronti della comunità cristiana: madri con figlie vengono derubate di oro, giovani vengono sequestrati per infliggergli gravi lesioni. Giovedì scorso, un gruppo mascherato ha fatto irruzione nella casa del parrocchiano locale Salim Wakim e la sua famiglia: un ragazzo di 13 anni, tre donne e un uomo anziano. La tragedia si è spinta oltre, al punto di appiccare il fuoco all’abitazione che l’ha ridotta in cenere.
Sono delle minacce tutt’altro che velate da parte delle forze di sicurezza affiliate a Damasco. Lo scopo è di far sfollare i cristiani dall’area, a qualunque costo. Secondo alcune fonti, i soldati avrebbero messo in arresto da settembre trentacinque membri della Chiesa d’Oriente, a fronte della persecuzione in centinaia di cristiani si accingono ad emigrare in Libano.
Un futuro per Homs?
Sono passati tredici anni dall’offensiva di Homs e l’unico cambiamento visibile sono le gigantografie di Bashar al-Assad con il viso sfigurato. Restano poche tracce dell’ex quartiere di opposizione al regime, svuotato fino all’osso. I bambini, forse troppo piccoli per ricordare le brutalità subite dalle famiglie, giocano fra le macerie o fumano precocemente sigarette. Quando tornano nelle case, spesso senza finestre o i muri bucati dai proiettili, non trovano né elettricità né acqua corrente. Eppure, gli Homsis (cittadini di Homs), vogliono credere in questa città. Nonostante la mancanza di lavoro e di abitazione, tornano gli sfollati.
Anche la nuova Siria vuole credere in Homs. Il nuovo governo è in procinto di attuare il progetto Victory Boulevard, come riporta Syrian Arab News Agency (SANA). Il Victory Boulevard Project prevede la costruzione di un’area urbana sviluppata dotata di spazi residenziali, infrastrutture funzionanti, un parco pubblico e un grande mercato moderno. Il progetto copre zone frammentate della città, lasciando le macerie di quelle più rurali.
Se la maggioranza degli Homsis vivono nel terrore, la condizione femminile tocca il fondo. Hanno perso spazio nella vita pubblica, autonomia e istruzione. A oggi, le promesse di una società stabile non sono state mantenute, al contrario, le donne subiscono restrizioni ferree. Nella Siria antecedente al 2011 coprivano quasi ogni settore e occupavano posti nelle aule universitarie, adesso neanche possono camminare per le strade a volto scoperto.
Appariva distante il tramonto di Assad e i siriani lo sognavano insieme alla pace del futuro. Il futuro è arrivato ora, però non si ha vista della serenità assicurata.