Animal Crossing – Retrospettiva e futuro

In un articolo del mese scorso parlavamo del nuovo DLC e aggiornamento di Animal Crossing: New Horizons; come anticipato in chiusura, dopo essere tornati a spendere numerose ore su questo titolo, è arrivato il momento di tirare le somme, non solo per ciò che riguarda l’ultima iterazione della serie, ma di quest’ultima nella sua interezza.
Le tappe principali
A beneficio della retrospettiva è d’uopo partire da un breve recap di quelle che sono state le tappe principali di Animal Crossing. Il primo titolo ufficiale della serie è uscito nel 2002 su GameCube globalmente, ma un primo prototipo era già di dominio pubblico sotto il nome di Animal Forest (Dōbutsu no Mori) nel 2001 su Nintendo 64 come esclusiva nipponica. Animal Forest differisce dalla versione del gioco rilasciata globalmente per alcune lacune, alcune delle quali furono colmate in Animal Forest+ per Nintendo GameCube uscito 8 mesi dopo il capostipite.
In seguito, il primo titolo che ebbe maggior successo in occidente (anche grazie alla decisione di piazzarlo sul Nintendo DS, allora astro nascente della scena videoludica) fu Animal Crossing: Wild World nel 2005. Chi scrive ha un legame molto forte con questo gioco, essendo indissolubilmente legato all’infanzia e a un periodo di cambiamento molto forte legato a un trasloco di diverse centinaia di chilometri. Può sembrare che non ci sia una grande correlazione, tuttavia è bene ricordare che l’incipit di Wild World (similmente al titolo precedente e ai successivi) prevede proprio un trasloco. Ma di questo parleremo più avanti.

Nella linea temporale di Animal Crossing seguono Let’s Go To The City (o City Folk) su Nintendo Wii, molto simile a Wild World sotto diversi aspetti, nel 2008 e un paio di app DSiWare l’anno successivo, consistenti in un orologio e una calcolatrice, usciti l’anno successivo. In Let’s Go To The City, come suggerisce il titolo, era possibile visitare un’area nuova separata dal villaggio tradizionale, ovvero il centro città pieno di negozi e visitatori vari.
Nella “terza generazione” di Animal Crossing sono degni di nota un titolo principale e tre spin-off, rispettivamente New Leaf, Happy Home Designer (entrambi per Nintendo 3DS), amiibo Festival (Wii U) e Pocket Camp (mobile app). Di questi, l’unico vero flop fu rappresentato da amiibo Festival, titolo che annovera le peggiori recensioni e punteggi in assoluto nella serie Animal Crossing.
Infine, naturalmente, nella generazione corrente abbiamo Animal Crossing: New Horizons, uscito su Nintendo Switch a marzo 2020, il quale fu poi implementato con aggiornamenti gratuiti e un DLC a pagamento.
Cosa è cambiato?
A distinguere i titoli della serie principale in quattro generazioni (Animal Forest/Crossing, Wild World e City Folk, New Leaf, New Horizons), oltre alla cronistoria dei titoli, sono essenzialmente due elementi: trama e prospettiva grafica.
La prospettiva divideva il mondo di gioco di Animal Crossing e Animal Forest in quadranti, tra i quali bisognava spostarsi per permettere alla telecamera fissa di riprendere l’intero mondo di gioco; in Wild World e City Folk ci si trova davanti ad un rolling log, una sorta di cilindro rotante su cui il mondo si dipana e che da’ una visione prospettica particolare, che diventerà poi tratto distintivo della serie fino a New Horizons.

In termini di trama, si può in realtà tracciare uno spartiacque immaginario tra Let’s Go To The City e New Leaf, poiché tra i due giochi vi è una differenza sostanziale nel ruolo del personaggio principale. Nei primi titoli si impersona un semplice nuovo abitante che deve guadagnare sufficienti stelline per pagare i debiti della nuova casa, mentre da New Leaf in poi ci vengono assegnate nuove responsabilità. Proprio in New Leaf impersoniamo il nuovo sindaco della città, e in quanto tale abbiamo il compito di decorare e amministrare, oltre che naturalmente di mettere tutti i fondi necessari per i lavori senza aiuti significativi. Il compito di investire soldi e tempo all’abbellimento del quartiere verrà poi traslato in New Horizons sotto il ruolo di portavoce.
Meno problemi, più opportunità – Quality of Life
In una serie come Animal Crossing non è superfluo parlare di migliorie di Quality of Life, anzi queste rappresentano il punto focale del percorso fatto dalla serie negli anni. Se è vero che alcune di queste aggiunte sono puramente legate a miglioramenti tecnici dovuti al progresso (per quanto lento) delle varie console Nintendo, molte integrazioni al gameplay di Animal Crossing sono state implementate in un’ottica di cambiamento della visione di ciò che può essere davvero terapeutico per il giocatore.
Usare il termine terapeutico può sembrare un’iperbole, tuttavia è proprio questo l’effetto che il gioco vuole sortire in chi ne usufruisce: perché mai si dovrebbe voler immergere in un mondo alternativo in cui lo scopo è raccogliere soldi per estinguere un mutuo sempre crescente, se non per fuggire temporaneamente dalla realtà quotidiana?

Questa lezione ce l’ha insegnata in particolar modo New Horizons, uscendo sugli scaffali dei negozi nel periodo in cui questi avevano ingressi limitati e in cui molti si sono riscoperti appassionati di videogiochi: l’emergenza Covid-19. New Horizons ha dato a tutti noi un modo di passare le interminabili ore di clausura, ma lo ha fatto in virtù di un importante cambio di paradigma nella serie.
Se nei primi titoli che abbiamo citato le uniche attività possibili per ammazzare il tempo consistevano nelle chiacchiere con i vicini di casa e nella pesca e cattura di insetti, in New Horizons queste sono accompagnate alla possibilità di decorare e modificare l’isola, che da sola aggiunge un buon numero di ore da dedicare al gioco. Inoltre, la community di giocatori, vecchi e nuovi, che si è formata intorno a New Horizons già dai primi mesi è stata da subito talmente vasta e attiva da permettere uno scambio continuo di informazioni, materiali e oggetti rari, ampliando ancor di più il gameplay e connettendo i giocatori in un momento di isolamento fisico.
Insomma, in generale le aggiunte di gameplay e tecniche hanno giovato alla rigiocabilità di Animal Crossing. Al giorno d’oggi tornare sul primo titolo omonimo o su Wild World è reso ostico dalla mancanza di obiettivi o cose da fare, in una generazione videoludica in cui siamo abituati ad achievement da ottenere (è proprio per questa necessità che esiste il Programma miglia di Nook+). Tuttavia, non tutto ciò che era presente nei primi titoli è rimasto intatto…
Meno problemi, meno… sostanza
Negli ultimi titoli, la parte legata al mutuo della casa e alla nuova vita solitaria è decisamente più edulcorata, perché eclissata dai nuovi obiettivi e le nuove decorazioni. Questo rende l’atmosfera degli ultimi giochi molto più soft, e manca quella sensazione che dà l’ignoto di una partenza senza risorse.
Come accennato all’inizio, ad esempio in Wild World si inizia in un taxi che viaggia con una musica nostalgica, il rumore della pioggia in sottofondo, e Remo che ti ricorda della follia di trasferirsi in un nuovo posto senza soldi né amici. Una volta giunti a destinazione, ci viene nuovamente sbattuto in faccia l’enorme debito che dovremo ripagare, e ci vengono assegnati alcuni compiti per colmare le spese in piccolissima parte. Dopodiché, non c’è molto altro: rimane solo il mutuo da pagare, crescente di volta in volta. La sensazione che si prova di fronte a una situazione simile è ben diversa da quella che si deve affrontare quando l’unica preoccupazione è la simmetria dei sentieri o delle decorazioni esterne.
Tra gli altri elementi mancanti nelle nuove iterazioni della serie, c’è un intero mondo legato alle rom dei giochi NES presenti nel primo Animal Crossing. Al giorno d’oggi un’opportunità del genere sarebbe impensabile senza un paywall, ma con questo espediente era possibile giocare a titoli iconici come Donkey Kong, Punch Out!! o The Legend of Zelda. Alcuni erano disponibili al lancio compresi nella memory card, altri più erano ottenibili in game, ma tutti erano giocabili interamente.

Infine, tra gli elementi che più caratterizzano i primi Animal Crossing fino a Let’s Go To The City va ricordata l’unicità dei dialoghi e dei personaggi coi loro caratteri variegati e mai scontati. Se in New Horizons la suddivisione caratteriale è basilare e modifica solo lievemente i toni dei dialoghi, in Wild World era possibile essere bullizzati dal primo giorno nella propria città. Non suona particolarmente affascinante come prospettiva, ma quantomeno rende ogni esperienza e ogni nuova partita differente o comunque più interessante delle precedenti o di quelle provate da altri giocatori.
Conclusioni e futuro
In generale, il percorso di Animal Crossing – che in questa retrospettiva non tiene conto degli spin-off – è stato altalenante, tra sequel poco approfonditi come Let’s Go to The City, che essenzialmente ripropone il 90% degli elementi di Wild World, e una pausa lunga tra New Leaf e New Horizons, che ha permesso l’upgrade al nuovo hardware di Nintendo Switch e il restyling grafico e di gameplay proposti da New Horizons.
Quest’ultimo ha però indubbiamente riportato in auge la serie, facendola conoscere a un pubblico più vasto e avvicinando persone insospettabili al mondo videoludico. La community che si è espansa a marzo 2020 era però già piuttosto solida e fedele, e ha permesso lo sviluppo di New Horizons insieme agli aggiornamenti che lo hanno completato e in parte riavvicinato alla continuity dei giochi precedenti, e insieme ad Happy Home Paradise che, oltre a rappresentare un titolo quasi del tutto stand-alone, ha allungato notevolmente la durata del gioco. E chissà che non si stia già pensando al prossimo titolo, o ad un nuovo spin-off… Il futuro della serie è ad ogni modo roseo e promette bene: pur essendo una storia iniziata la bellezza di venti anni fa, il team di Animal Crossing è tutt’altro che vicino al tramonto e ha ancora molto da raccontare e da offrire.
