Cos’è Shenmue? Un viaggio nel capolavoro di Yu Suzuki

È notizia recente che Sega abbia deciso di rilasciare (FINALMENTE) i primi due capitoli di Shenmue anche sulle console di nuova generazione, cosa che i fan chiedevano da tempo. In tanti conoscono questo capolavoro e lo amano alla follia, ma ci sono anche tanti nuovi giocatori che lo conoscono solo per sentito dire e magari sono incuriositi da tutta l’amore che i fan gli hanno sempre tributato.
Ebbene, un salto nel passato ci aiuterà a capire quali siano le idee geniali alla base del progetto titanico di Yu Suzuki. Questo articolo vuole essere una raccolta di informazioni per chi muove i primi passi nell’universo Shenmue, dunque giocoforza molte di queste informazioni saranno già note a chi ha vissuto ogni respiro dal 2000 a oggi sperando nella release del terzo capitolo. A questi ultimi dico: abbiate pazienza, presto avremo tanto nuovo materiale di cui parlare!
LE ORIGINI DEL MITO: PROJECT BERKLEY
Le origini di Shenmue risalgono a Project Berkley, un nome in codice scelto da Sega-AM2 (acronimo per Sega Amusement Machine Research and Development 2) per riferirsi al progetto ancora in via di sviluppo. Le prime informazioni a riguardo vennero raccolte in un disco chiamato con lo stesso nome, contenente una breve intro del gioco in computer grafica e una panoramica dei lavori precedenti di Yu Suzuki, mentre spiega le sue visioni sull’arte del videogioco.
Nel video su Project Berkley (che potete trovare qui) Suzuki spiega come per lui Shenmue costituisse un modo per introdurre maggiore realismo nei videogiochi: il suo obiettivo principale era quello di creare un gioco in cui ci fosse libertà totale per il giocatore sia di esplorare sia di interagire con tutto ciò che lo circonda, all’interno di un ambiente estremamente realistico. Continua poi affermando di voler creare un gioco dal genere che lui definisce “RPG: Suzuki style”, che non rientra nella definizione tradizionale di RPG, poiché la sua idea di RPG è totalmente differente da quella classica. Nel progetto iniziale, infatti, Shenmue doveva essere un RPG tradizionale con un sistema di combattimenti ripreso da Virtua Fighter, destinato ad essere giocato su SEGA Saturn. Rifiutando di definire il proprio progetto come RPG, Yu Suzuki ha così coniato un nome ad hoc: F.R.E.E., acronimo di “Full Reactive Eyes Entertainment”. Questo nome si riferisce alla sua volontà di creare un’esperienza di totale libertà per il giocatore, come mai era stata realizzata prima. Suzuki spiega il significato dell’acronimo in questo modo: la F di “full” si riferisce a “full-scale”, cioè a grandezza naturale; la R di “reactive” indica una piena reattività; la E di “eyes” si riferisce ovviamente agli occhi, che sono il nostro organo più sensibile e delicato; la E di “entertainment” indica invece il divertimento/intrattenimento, componente immancabile.
L’intro in cg è uno degli aspetti più interessanti dell’intero video, perché ci mostra sia dei luoghi e dei personaggi che nei capitoli 1 e 2 sono già stati esplorati, sia delle parti che non sono mai state viste. Non c’è nessuna conferma se siano delle componenti che si esploreranno in Shenmue 3, o se siano solo degli elementi temporanei, scelti per mostrare il feeling del gioco o la sua generica direzione. Nondimeno la presenza di questi elementi porta l’attenzione su questo fatto: l’intera storia di Shenmue era già stata scritta, perlomeno nelle sue linee generali, già nel 1998. Suzuki, infatti, ha spesso dichiarato che il 3 potrebbe non essere il capitolo conclusivo, anzi che la sua idea originale era di arrivare almeno a 4-5 capitoli (probabilmente anche di più). La sensazione che lasciano i primi due giochi è infatti di quella di aver appena grattato la superficie di un’opera enorme, un Viaggio dell’Eroe che è rimasto fermo alle sue tappe iniziali. Per il periodo in cui è stata lanciata, si trattava di un’opera consistente anche dal punto di vista fisico: la versione Dreamcast si estendeva su tre dischi per il primo gioco, quattro per il secondo. Dio solo sa a quanti dischi si sarebbe arrivati se la saga avesse continuato sulle console di vecchia generazione. Roba da riempirci scaffali e scaffali.
LE MECCANICHE DI GIOCO
Dire a che genere appartenga Shenmue mi risulta sempre molto difficile. Ancora più difficile mi risulta descrivere perché sia un gioco così amato. Al cospetto di un’esperienza così personale, piuttosto che muoversi sul terreno dei sentimenti, ritengo sia più utile fornire una descrizione oggettiva delle meccaniche di Shenmue, in linea con la funzione “propedeutica” che ho voluto dare a questo articolo. Credo che sia più fruttuoso rispetto a cercare di infilare un’opera così peculiare in definizioni ed etichette fini a sé stesse.
Il gameplay di Shenmue comprende diversi tipi di attività. La meccanica di base è muovere il protagonista Ryo Hazuki a piedi, camminando o correndo, e interagire dialogando con i personaggi che abitano la città di Yokosuka nel primo gioco, Hong Kong e Guilin nel secondo. Quando il giocatore scopre un’informazione importante, viene avvisato da un suono, collegato all’icona di un taccuino: per tenere traccia dell’andamento della storia, il gioco annota le informazioni importanti su questo taccuino, in modo che il giocatore si ricordi cosa sta facendo, nel caso in cui si perda a fare le altre numerose attività non inerenti alla storia (di cui si parlerà dopo). Procedere nel gioco è tutta questione di trovare informazioni su luoghi e persone nella maniera più arcaica possibile: uscire di casa e fare domande. Non ci sono armi, poteri paranormali o aiuti divini, solo un ragazzo appena diciottenne e la sua sete di vendetta.
Per seguire il filone della narrazione attraverso le meccaniche (di cui ho parlato qui), queste ultime sono perfettamente calzanti con l’esperienza narrativa ed immersiva che Yu Suzuki voleva costruire: Ryo e il giocatore sono costretti a contare solo sulle proprie forze per trovare ciò che cercano e devono farlo immergendosi totalmente nel mondo di gioco, scandagliandone ogni anfratto. A questo fine, la cura del dettaglio degli ambienti e dei personaggi è impressionante, considerando il periodo in cui è uscito. In primo luogo, perché si tratta della ricostruzione di luoghi reali: Yokosuka è una città esistente, così come i luoghi in cui si muove Ryo, i quartieri di Yamanose, Sakuragaoka e Dobuita, che sono stati ricostruiti digitalmente; stessa cosa ovviamente per Hong Kong e Guilin. Curiosa la storia legata all’area della città murata di Kowloon, in cui Ryo si trasferisce brevemente nel secondo capitolo: nel periodo in cui il gioco è uscito era già stata demolita da quattro anni, per via delle condizioni di elevata criminalità e di generale tenore di vita molto basso; tuttavia, essendo Shenmue 2 ambientato nel 1987, la città era ancora viva e vegeta. Per tornare al discorso ricostruzione, bisogna osservare come non sia del tutto fedele alla realtà, bensì si tratti di una libera ispirazione. Qui sotto potete vedere un esempio di comparazione tra la vera Yamanose e quella fittizia.
Senza addentrarsi troppo nei meandri delle etichette, Shenmue si può definire il precursore dei moderni open world. Oggi vedere nei videogiochi città piene di vita non è più una sorpresa, ma anzi qualcosa a cui molti tripla A ci hanno abituato. Yu Suzuki ci dà di più: a popolare questi luoghi ha piazzato ben 500 personaggi non giocanti, tutti diversi tra loro, al fine di aumentare il senso di realismo. Inoltre, è possibile esplorare una grandissima varietà di bar e locali, dai ristoranti alle pizzerie alla sala giochi. Ognuno avrà i propri orari, il proprio giro di clienti abituali, le proprie attività da svolgere, esattamente come una città reale.
Shenmue, però, non si ferma solo a questo. Inframmezzate nella storia, ma perfettamente integrate, sono sparse anche delle fasi di combattimento, in cui Ryo deve usare le arti marziali. Riprendendo il lavoro già fatto con Virtua Fighter, Yu Suzuki ha pensato di inserire le stesse meccaniche. Ryo e il giocatore possono fare pratica in alcuni luoghi prestabiliti, nel dojo di famiglia o in spazi deserti come parchi giochi o parcheggi. Nuove mosse possono essere imparate grazie a delle pergamene, che è possibile acquistare o ricevere in alcune cutscenes, oppure grazie a personaggi che spiegheranno prima a voce, poi coi movimenti, come eseguire una mossa. Dopo la spiegazione, il giocatore dovrà capire quali tasti premere e in che successione per registrarla nella lista delle mosse disponibili. I combattimenti, però, avvengono anche tramite sequenze di QTE, durante le quali il giocatore deve premere un tasto o una combinazione di tasti in sequenza e in un tempo estremamente limitato. Una soluzione ormai antiquata, quasi in via d’estinzione, che forse lascerà un po’ perplessi i nuovi giocatori, ma non temete: i QTE sono un piccolo prezzo da pagare.
Queste sono le meccaniche principali. Yu Suzuki, però, non si è fermato a questo. Per amore di brevità, ecco degli esempi, alcuni legati alla storia, altri opzionali ma comunque divertenti, delle attività secondarie disponibili in tutto il gioco:
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Giocare in sala giochi: una gita in città non è la stessa senza una puntatina in sala giochi. Oltre ai giochi dello stesso Yu Suzuki, come Hang On e Space Harrier, troviamo anche le freccette e due giochi per fare pratica con i QTE. Nella residenza Hazuki, Ryo ha un Sega Saturn su cui è possibile giocare a questi stessi giochi, dopo averli vinti comprando determinati prodotti al supermercato e aver partecipato ad una sorta di “pesca fortunata” (per la quale ammetto di aver perso parecchio tempo).
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Nutrire un gattino abbandonato: non è legato alla storia nel senso che non è necessario per il suo procedere, ma è legato a Ryo a livello emozionale. La mamma di questo cucciolo, che vive ora al tempio di Yamanose, è stata investita dalla macchina di Lan Di lo stesso giorno in cui il padre di Ryo è stato ucciso. I due condividono simbolicamente lo stesso destino. Se il giocatore lo desidera, è possibile comprare del cibo nei supermercati per nutrirlo e scegliergli un nome; se lo si nutre a sufficienza, verrà adottato da una bambina del quartiere, amica di Ryo. Quindi mi raccomando, spendete parte dei soldi della vostra paghetta in cibo per il micino!
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Guidare il muletto: è legato alla storia, poiché è il lavoro che Ryo si procura per guadagnarsi i soldi per andare a Hong Kong e al tempo stesso indagare nell’area del porto, quando la trama lo richiederà. È l’unica attività in tutto il gioco che includa la guida di un veicolo. Ogni mattina, Ryo si recherà al porto; prima di iniziare il lavoro, insieme ai suoi colleghi, si disputerà una gara di velocità coi muletti, grazie alla quale si possono vincere delle miniature dei veicoli (un’altra attività, infatti, è collezionare miniature di personaggi SEGA, che si recuperano inserendo 100 yen nelle macchinette apposite). Il lavoro vero consiste nel trasportare delle casse da un magazzino all’altro, seguendo una mappa consegnata all’inizio della giornata lavorativa. Ogni cassa andrà posizionata con cura nelle righe disegnate in ogni magazzino per completare il lavoro.
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Fare braccio di ferro: in Shenmue 2, Ryo potrà sfidare una serie di individui nerboruti sparsi per la città per guadagnare denaro. La meccanica è semplice: sfondate il tasto giusto quel tanto che basta da vincere. Vi assicuro che a certi livelli due mani non basteranno.
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Giocare d’azzardo: già. L’integerrimo Ryo cadrà nella trappola del gioco d’azzardo più volte, quando arriverà nella promiscua Hong Kong. Ci sono diversi tipi: dadi, carte, freccette, corsa con le oche…sì, avete letto bene. Questo è un easter egg molto ben nascosto, ma che vi consiglio caldamente di cercare di ottenere.
La lista includerebbe anche altre attività, ma rischierebbe di occupare troppo spazio, quindi mi fermerò qui. Se siete di quelli a cui piace perdere tempo con le attività secondarie, Shenmue offrirà pane per i vostri denti. Potete perdere ore a esplorare la città, soprattutto in Shenmue 2 quando l’area di gioco si fa notevolmente più grande.
Infine, anche se non si tratta di una meccanica ma di una feature opzionale, per incrementare la sensazione di realismo, Yu Suzuki ha pensato di introdurre il Magic Weather System, un’opzione che permette di riprodurre il tempo atmosferico reale del 1986-87. Questo significa che se Ryo esce di casa un giorno di dicembre in cui nevica, vuol dire che ha nevicato anche quello stesso giorno nella realtà. Per il giocatore, purtroppo, le condizioni atmosferiche non influenzano il gioco, se non costringendo i personaggi non giocanti ad usare l’ombrello o ad essere in minor numero, però è comunque un’aggiunta interessante.
CONCLUSIONE
Yu Suzuki ha dimostrato di avere un genio non indifferente nel creare un prodotto che, per il periodo in cui è uscito, definire pionieristico è essere riduttivi. Un gioco come Shenmue ha aperto la strada a tantissimi giochi moderni e ha ispirato le generazioni future di game designer e storyteller, sia direttamente sia indirettamente. Basandomi sulla mia esperienza in forum e sui social media, il grande pregio di Shenmue è di essere rimasto nel cuore di migliaia di giocatori e di essere ricordato non tanto come un gran bel gioco, tanto quanto un’esperienza di vita da conservare per sempre. Ho escluso di proposito osservazioni che spiegassero sensazioni o emozioni riconducibili alla mia esperienza (perlomeno ci ho provato) perché penso che Shenmue vada giocato senza la contaminazione dell’esperienza altrui. Ritengo giusto che ogni persona che approccia Shenmue per la prima volta sia una tela bianca, fatta eccezione per informazioni di tipo oggettivo su cosa è il gioco, e si costruisca pezzettino per pezzettino la propria avventura, caratterizzandola mano a mano che si scopre il gioco, tra una sosta al negozio per comprare il latte al gattino, un allenamento nel dojo di famiglia e una sosta in giardino per ascoltare il meraviglioso suono delle canne di bambù. Shenmue è tutto questo e molto di più, ma non spetta a me dirvi come dovete viverlo. Spero che leggere questo articolo vi abbia incuriosito almeno un po’ e che possiate dare una possibilità a questa opera meravigliosa.