Il boom del gelato artigianale biologico nell’Italia della crisi

Un settore in forte crescita che ha fatto della qualità e della customer satisfaction il cavallo di battaglia per vincere le sfide del futuro
L’attenzione del consumatore rivolta al settore agro-alimentare è sempre più improntata alla richiesta di garanzie, non solo qualitative ma anche sanitarie. Ne sanno qualcosa gli abitanti de La terra dei fuochi un territorio tra Napoli e Caserta tristemente noto per i suoi terreni inquinati da rifiuti di ogni genere. Per essere più chiari, parliamo di ortaggi, verdure e pomodori contaminati da diossine, amianto, arsenico, cadmio e altre sostanze nocive alla salute, provenienti da terreni che, anziché essere interdetti alla coltivazione, non solo sono coltivati come se nulla fosse, ma i relativi prodotti della terra vengono rivenduti a prezzi stracciati alle multinazionali del surgelato, finendo così sulle tavole di tutto il mondo. Da qui la necessità di garantire ai consumatori la commercializzazione di articoli costantemente controllati e certificati, come già accade per il settore biologico. Agricoltura biologica significa infatti gestire in modo sostenibile la produzione agricola basandosi sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, il mantenimento di un alto livello di biodiversità, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e la salvaguardia delle risorse territoriali. Un metodo di produzione indispensabile per produttori e consumatori sensibili a queste tematiche, che contribuisce in maniera determinante alla tutela della salute, del territorio e allo sviluppo sostenibile.
Una regione in cui il biologico ha radici profonde è il Veneto, che, tra l’altro, può vantare la presenza di numerosi pionieri del settore. Già nella prima metà degli anni ’80 erano attive alcune tra le prime cooperative agricole e da Padova si coordinarono diverse aggregazioni italiane di produttori e consumatori nell’elaborazione di “Cos’è biologico”, il disciplinare che ancor prima della normativa comunitaria costituì lo standard biologico italiano. Sempre in Veneto, nel 1990 nacquero le prime normative nazionali del settore con la legge 24/1990 “Norme relative all’agricoltura biologica e all’incentivazione della lotta fitopatologia”. Poiché il metodo di produzione biologico ha la particolarità di non utilizzare sostanze chimiche di sintesi, quali: insetticidi, diserbanti, concimi e pesticidi, è stato accolto con entusiasmo sin dall’inizio da produttori e consumatori. Molti di questi hanno dato vita a veri e propri movimenti, come per esempio l’associazione internazionale Slow Food, che conta 100 mila iscritti tra volontari e sostenitori in 150 Paesi del mondo, nonché una rete di 2 mila comunità dedite alla produzione di cibo su piccola scala, sostenibile e di qualità.
In un contesto generale di crisi, la vendita (e l’offerta) di “prodotti bio” è in continua crescita, soprattutto perché questi vengono sottoposti a una serie di controlli obbligatori – previsti dalle normative europee – a tutela del consumatore finale. L’indicazione “biologico” si riferisce al metodo di produzione e non solo alla singola derrata. In tale contesto assume grande importanza l’etichetta di identificazione del prodotto, che deve accompagnare lo stesso, sia che si tratti di un fresco, che di un trasformato. “Il cartellino” deve riportare la dicitura “prodotto da agricoltura biologica” e non semplicemente “prodotto biologico”. Ad ottenere la certificazione Bio sono solo i prodotti con almeno il 95% di ingredienti ottenuti da agricoltura biologica. Ciò significa che qui la freschezza degli alimenti non basta: frutta, latte, panna devono provenire da agricolture biologiche garantite. Questa costituisce per il cliente la certezza di un processo produttivo sotto controllo e rappresenta un eccellente strumento di comunicazione con il pubblico. Inoltre, ciò che è biologico è ritenuto attento al sociale e quindi viene percepito come più etico. Una soluzione per controllare l’origine degli alimenti è… produrli da se!
Fondamentale anche la collaborazione tra produttori e commercianti nella scelta delle materie prime strategiche, soprattutto per l’ottenimento di un prodotto artigianale sano e genuino. Parole come: cura, passione, ricerca, gusto e stagionalità, rappresentano il fulcro di questo settore, soprattutto quando si parla di frutta, che, proprio per il fatto di essere presente solo in determinati periodi dell’anno, è più buona, ricca di vitamine e antiossidanti, meno calorica. In tema di frutta di stagione non si può fare a meno di parlare del gelato artigianale biologico, come quello lanciato alla fine del 2002 da Guido Martinetti e Federico Grom, dove in primavera e in estate trionfano anguria, fragole e frutti di bosco, mentre in autunno si punta alle castagne e agli agrumi, senza dimenticare le tradizionali creme a base latte di mucca pastorizzata “in loco”. Parlando di eccellenza delle materie prime coniugata all’arte, ai colori, sapori e alle idee, meritevole di attenzione è il gelato di Luca Pretto e Claudio Troiani, ideatori di un prodotto “stellato”, nato cioè dall’attività di ricerca e collaborazione con alcuni dei più famosi chef veneti, titolari di ristoranti di prim’ordine, tra cui: Giancarlo Perbellini, Lionello Cera, Giorgio Damini. Per i nostalgici del “gusto classico”, dal 2006 Venchi propone un prodotto diverso rispetto allo standard, capace di “catturare” il consumatore attraverso i profumi inebrianti del cioccolato e delle creme che escono dai propri laboratori di pasticceria artigiana: dal classico “Cuor di cacao” al “Brutto ma Buono”, dal “gianduia” alla “nocciola Piemonte IGP”.
Come non menzionare inoltre la tradizione Bepi, gelaterie fondate sulla maniacale ricerca delle materie prime e la semplicità di una cosa fatta a mano. Nulla viene preparato anticipatamente. Non si parte da una “base” o da basi uniche per frutte, creme e cioccolato; per ogni gusto, e per decine di volte al giorno, zucchero, semi di carruba macinati, latte, acqua e altre materie prime, vengono miscelati e mantecati all’istante! Più una passione che una professione, una metodologia di lavoro ormai scomparsa, unica in Italia e nel mondo.
Appare dunque evidente che il prodotto biologico ha trovato nel nostro Paese un ottimo terreno di coltura, soprattutto per quanto concerne il gelato artigianale: 1,5 miliardi di coni e bicchierini venduti in un anno; 161 milioni di coppe, 13.680 tonnellate di dessert. Un mercato in forte crescita che ha saputo fronteggiare la concorrenza industriale puntando sulla reale attenzione per il consumatore finale: un cliente soddisfatto è un cliente che ritorna e acquista ancora e per questo rappresenta una proficua garanzia per l’aumento del fatturato.
di Ezio Galanis
12 ottobre 2013