Ridere per non piangere. “Qui e Ora” all’Ambra Jovinelli

Si apre il sipario. La scena è un incrocio. Un palo di metallo. Due personaggi. A prima vista sembrerebbe Aspettando Godot invece è l’inizio di “Qui e ora” scritto e diretto da Mattia Torre che dal 15 al 18 dicembre sarà in scena al teatro Ambra Jovinelli che in questa stagione presenterà altri due spettacoli dello stesso autore in una sorta di, come l’ha definita Torre stesso, “retrospettiva con autore vivente”.
La trama è delle più semplici: si è appena verificato un incidente in una strada desolata, in mezzo al nulla; i protagonisti dello sfortunato evento sono due uomini che sono distesi a terra, di lì a poco avrà inizio il loro scontro nell’attesa che qualcuno venga a salvarli – anche qui si fa forte il parallelismo con il lavoro di Beckett – uno scontro che è l’espressione della lotta di due culture (o sottoculture?), di due modi diversi di vivere ed affrontare la realtà quotidiana nel nostro Paese. Un Paese che ci mette in ginocchio, che ci mette l’uno contro l’altro per difendere il senso della propria esistenza e salvare la nostra dignità.
Due persone, vittime entrambe di un incidente e della scarsa efficienza dei servizi, sono messe nella condizione di attaccarsi a vicenda in uno scontro che si fa sempre più teso e violento, dove si alternano i ruoli di vittima e carnefice ma dal quale, in realtà, non esce nessun vincitore.
Ma la grande magia di Torre viene fuori nell’uso del linguaggio di questi due personaggi, di questi Vladimiro e Estragone romani. Viene fuori dalla comicità. Dal cinismo. Ed è proprio il cinismo che forse meglio rappresenta l’umorismo dell’Italia di oggi; la cattiveria, la ferocia delle battute ci fa ridere, molto ridere. Allo stesso tempo, però, ci sentiamo colpiti da quelle parole perché quei due personaggi parlano di noi, di tutti noi. Intanto ridiamo e questo, dopo, ti fa sentire ancora peggio. Torre ne è perfettamente consapevole, vuole lanciare un grido con i suoi testi (che siano pensati per la televisione, il teatro o il cinema) per mettere a nudo i vizi di un sistema ormai al collasso e farli vedere a più persone possibile ed è questo il suo talento: uno scrittore – regista intelligente, divertente, che piace alle persone.
I protagonisti di questo spettacolo sono Paolo Calabresi e Valerio Aprea, entrambi bravissimi; riescono a restituire quella semplicità, efficacissima, del linguaggio quotidiano degli italiani. Riescono a far ridere con quelle parole, dure come pietre, che feriscono.
Non sono mai volgari, scontati. Trasmettono quel ritmo frenetico, quell’ansia che la loro vita, il loro lavoro, le istituzioni, li costringe a sopportare mettendoli in situazioni umilianti e indegne.
Alla fine dello spettacolo si spera nella salvezza, in una via d’uscita, nell’arrivo di Godot.
Ma non è da fuori che deve arrivare, non è lì sul palco la soluzione.
Ci auguriamo che arrivi dalla platea qui e ora.