Aspettando Godot, lascia il Carcano di Milano e si prepara al lungo tour italiano

Andiamo, andiamo…
E’ così che “Aspettando Godot”, questo spettacolo sublime, applaudito ieri sera per l’ultima volta al Teatro Carcano di Milano, a cui si deve anche la produzione, dove è stato in scena dal 12 al 23 novembre riscuotendo un ottimo successo di pubblico e critica, ci lascia.
Il signor Godot non è arrivato, ma il testo di Samuel Beckett rappresentato migliaia di volte nel mondo, ancora oggi con rinnovata freschezza, colpisce con la sua lievità e profondità, costituendo un classico del teatro “dell’assurdo” sia pure non ci sia nella realtà alcun genere teatrale vero e proprio così chiamato. Su questo stesso binario, oltre a Beckett, troviamo Ionesco, Adamov, Genet e tanti altri ancora.
L’opera può definirsi un dramma e per lo spettatore rappresenta una fonte inesauribile di emozioni che emergono ad ogni battuta, tutte costruite sulla condizione dell’attesa. “Aspettando Godot” nasce in un periodo storico particolare, verso la fine degli anni Quaranta, ma che ancora oggi ha lo tesso potere comunicativo.
Non siamo forse oggi in attesa che la “grande crisi” finisca e chi tutti i giorni non vive piccole e grandi trepidazioni in attesa di un qualcosa o di qualcuno?
Le lacrime del mondo – dice Luciano Virgilio – sono immutabili ed il miracolo della memoria”.
Scrivendo “Aspettando Godot”, Beckett sicuramente non voleva scrivere una tragedia, ma voleva far ridere con questo “gioco-tragicomico”, forse ci riuscito e forse no, questo dipende da noi, dalla nostra sensibilità, dalla chiave di lettura che siamo capaci di dargli.
Antonio Salines, che già è stato interprete in un altra messa in scena di “Aspettando Godot”, parla di un “testo aperto” e dice “è come se lo facessi per la prima volta”.
Ammirevole la regia di Maurizio Scaparro, uno dei maestri più confermati della scena italiana ed internazionale, già alla sua seconda collaborazione con il Teatro Carcano, ma alla sua prima messinscena beckettiana, che dal suo stesso cast viene definita “illuninante”. Le scene sono di Francesco Bottai, i costumi di Lorenzo Cutùli.
Maurizio Scaparro in conferenza ha detto alla stampa: “Sento il peso, la responsabilità, ma anche l’emozione di mettere in scena per la prima volta un testo di Samuel Beckett e in particolare “Aspettando Godot”.
Un regista di questo calibro, non poteva che chiamare un cast di tutto rispetto, del tutto eccezionale di cui fanno parte artisti di prima grandezza come Antonio Salines nei panni di Estragone e Luciano Virgilio in quelli di Vladimiro, i due vagabondi protagonisti, mentre Edoardo Siravo è Pozzo ed Enrico Bonavera interpreta in modo insuperabile il suo non facile e faticoso ruolo. Tutti questi straordinari artisti hanno a loro attivo un bagaglio di esperienza acquisito sul palcoscenico che fa scuola ed il pubblico, di questo, se ne accorge.
Poi sul palco compare, poche volte, solo quando viene mandato dal Signor Godot, il “ragazzo”, il giovane Michele Degirolamo, che per motivi anagrafici non possiede lo stesso bagaglio dei colleghi “anziani”, ma che nell’apparente semplicità del suo ruolo, quando arriva in scena riempie il palco. Sarà forse perché è l’unico che ha visto Godot.
Ma chi è questo signor Godot? A giudicare dalla riverenza del ragazzo e degli “amici” che lo aspettano, è un personaggio carismatico che tutti sono disposti ad aspettare sulla strada della vita, nonostante le difficoltà che questa ci impone.
Il Signor Godot è una persona corretta, quella che definiamo educata e se è in ritardo, ci sarà un motivo. Ecco perchè invia il suo messaggero, così come fa Dio che manda i suoi angeli nei grandi avvenimenti biblici o il suo precursore Giovanni il Battista, che precede il Cristo.
D’altra parte Godot ha la radice di God che in inglese vuol dire Dio e non credo che sia del tutto casuale, la scelta del nome da parte dell’autore. Troppo tardi per chiederglielo. Nelle parole di Jean Anouilh invece si legge: “un capolavoro che provocherà disperazione negli uomini in generale e in quelli di teatro in particolare”.
Aspettando Godot, fu considerato da molti una provocazione, un trucco, prima di essere universalmente accettato come opera d’eccezione, uno spettacolo divertente e magico e lo è veramente.
L’opera, vero capolavoro del teatro del Novecento, aveva in se del rivoluzionario per i rigidi schemi teatrali dell’epoca. I protagonisti, i vagabondi Vladimiro e Estragone, allora come adesso rappresentano l’eterna condizione dell’uomo del Ventesimo secolo, così come di quello dei secoli a venire: l’uomo viene al mondo ed inizia la sua attesa, mentre attraversa la vita.
Talvolta si riempie d’orgoglio e crede di essere al centro del mondo e di possederlo, ma è solo illusione, perché, nella realtà, è solo un puntino nell’universo, in attesa di compiere il percorso della vita, tra le tante avversità che camminano con lui, come scomodi compagni di viaggio, durante quella che chiamiamo vita.
Cosa rimane di questo puntino, se non le opere, il pensiero capace di trascendere la condizione dell’uomo e collegarsi all’infinito al suo Creatore, attraverso quell’essenza di cui è formato, che è lo spirito?
Nessuno può vedere Dio e sopravvivere, ecco perché non lo vediamo in scena, ma solo i semplici, i piccoli fanciulli, possono vederlo, Questo è il motivo perchè il suo fedele e semplice “ragazzo” lo vede, lui vede continuamente il suo volto, per questo si dice “guai a chi scandalizzerà i piccoli fanciulli”, non necessariamente sono solo quelli anagrafici.
Un riconoscimento particolare oltre al regista, deve spendersi per Edoardo Siravo, imponente non solo per la sua statura fisica, ma per quella artistica, che in questa sua prima interpretazione di un testo di Samuel Beckett è davvero imponenete.
“Aspettando Godot” affronterà a breve il suo lungo tour nel 2015, infatti a partire da gennaio e fino a marzo, tocccherà le piazze italiane di Trento, Mirandola, Monza, Scandiano, Vignola, Catania e molte altre città in via di definizione.
Sebastiano Di Mauro
24 novembre 2014