“DUE PASSI SONO” di Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi

In scena a Milano, al teatro Franco Parenti fino al 19 Gennaio “Due passi sono” è lo spettacolo vincitore del “Premio Scenario per Ustica” nel 2011, messo in scena da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, che ne hanno curato la regia, i testi e l’interpretazione.
I due protagonisti Cri e Pe, così si chiamano tra loro, interagiscono e parlano con il pubblico, vivendo quasi con loro i propri sogni, le aspirazioni ma soprattutto l’angoscia e i mille dubbi che un uomo e una donna vivono nel loro approccio, come coppia, all’amore e alla malattia, in questo caso di uno dei due protagonisti, il tutto condito da una buona dose di ironia.
Seduti su due sedie vicine poste al centro della scena, si ritrovano ad affrontare la realtà in due modi diversi. Si parlano ma non si guardano spesso, né si toccano mai, semmai si sfiorano, raccontando la loro storia d’amore nonostante siano costretti ad accettare i propri limiti. Scelgono di amarsi e di affrontare la vita insieme, l’uno accanto all’altro, senza aver paura di sognare. Il sogno dei due protagonisti è quello di poter vivere e per vivere bisogna credere.
Due persone che desiderano e che allo stesso tempo temono di realizzare i propri desideri per paura di non poterli più esprimere. Lavorano sulla semplicità perché credono che attraverso la realizzazione delle cose semplici, come può essere un abbraccio per due innamorati, si raggiunga la felicità; piccoli gesti che possono condurre verso una grande traguardo, quello di un amore senza tempo. Lei guarda a terra, conta le mattonelle per strada per sognare una casa più grande, lui guarda il cielo perché le stelle sono così tante che sarebbe superfluo contarle.
“Amarsi, amarsi per sempre è un modo di dire ma in realtà non si sappia cosa voglia dire. Tutti credono di saperlo ma nessuno lo sa.”L’amore significa curarsi l’uno dell’altro, attraversare insieme un percorso di conoscenza. Non ci si limita a credere sia una semplice faccenda di due persone, loro sono lì che anelano alla vita e parlano del matrimonio, di figli brutti ma intelligenti, del loro futuro insieme. Un futuro che anche se sconosciuto, c’è, perché basta guardare l’orizzonte e andare oltre quello che gli occhi vedono, per non arrendersi, per non smettere di sognare e sperare perché la forza dell’amore è un legame indistruttibile, capace di superare ogni difficoltà.
Accanto alla poesia del loro linguaggio emerge l’autoironia, l’unica forma attraverso cui accettare la morte. Fare un passo dopo un altro diventa una speranza, un desiderio, un bisogno, quello di vivere e di amarsi per raggiungere la felicità. Fanno questi due passi, in tempi diversi ma lo fanno entrambi perché il possesso delle cose belle rende felici, e sono sufficienti per raggiungere il lieto fine nella vita.
Nonostante la crudele sorte che li conduce verso la morte, i due amanti vogliono amarsi per davvero, per non aver paura a sconfiggere la morte. Nei loro cuori si sprigiona una profonda e assoluta capacità di amare che riescono a trasmetterlo anche negli spettatori, soprattutto in quelli capaci di captare il senso profondo della vita e che credono nell’amore del “finché morte non li separi”.
Francesca Febbo
12 gennaio 2014