Jhon Muir e l’isola di Wrangel: diario di un avventuriero lento
Un diario di navigazione per lettori amanti del genere oppure un susseguirsi di pagine descrittive di una natura solitaria, pura, un posto dove l’uomo non ha stravolto l’arte del creato per i lettori con una vena più romantica, quelli dal cuore caldo.
Wrangel, libro di Muir edito per Magog, ci trasporta in un angolo di mondo conosciuto a pochi, un’isola lunga 125 chilometri tra il Mare dei Ciukci e il Mar della Siberia Orientale, un pezzo di terra quasi inabitabile ma allo stesso tempo conteso tra coloni americani, canadesi e russi in tempi passati.
Lo scoglio artico prende il nome dal barone Ferdinand von Wrangel, uno dei padri della Società geografica russa ma il primo a fornirci una vera descrizione dell’isola fu Jhon Muir dal cutter Corwein capitanato da Calvin L. Hooper.
Nel 1879 una spedizione con a capo George W. De Long partì alla conquista del Polo Nord attraverso lo stretto di Bering, le cose non andarono affatto secondo i piani e tutto l’equipaggio si disperse sull’isola di Wrangel.
Due anni dopo, l’America pianificò una missione per recuperare i membri della dispersa “Jeannette” di De Long, Muir colse l’occasione per imbarcarsi e annotare minuziosamente ogni elemento naturale durante il viaggio, dagli animali alle tribù presenti.
Gli Stati Uniti provarono ad avanzare pretese per il possedimento dell’isola ma, alla luce dei fatti, Wrangel è russa dal 1916.
Muir, l’uomo che attraversò l’Alaska in canoa, stimola il lettore all’uso dei cinque sensi perché se da una parte il suo diario è tecnico e maniacale nella descrizione di animali e biodiversità osservate durante il viaggio, dall’altra emerge lo stile di uno scrittore capace di farci fiutare l’odore delle distese erbose. Dote non proprio da tutti.
Non c’è avventura veloce durante lo scorrere delle pagine, nessun colpo di scena ma la descrizione lenta di un silenzio glaciale, artico, così assordante da far vibrare timpani e socchiudere gli occhi quando il vento fischia tra le fessure dei ghiacciai.
Siamo i figli di una società veloce, preferiamo il moto dell’onda ed il suo perenne movimento ad un mare ghiacciato e apparentemente fermo seppur pieno di vita e movimento celato che solo gli occhi degli avventurieri lenti riescono a scorgere o percepire.
Dovremmo tutti fermarci e provare a vedere il nostro mondo e la natura con occhi diversi, magari con quelli di Muir.