“Nicolino” Bombacci: l’icona del Socialismo romantico

Uno dei tanti problemi della politica odierna del Belpaese è sicuramente la carenza di figure mito, ad essere sinceri e schietti il trend del momento sta diventando quasi l’opposto: mitizzare opinabili personaggi portandoli ad essere faro nel buio per marinai senza rotta.
Esistono esempi di personaggi “eretici”, trasversali, con una purezza di pensiero messi nel dimenticatoio storico, uno dei tanti è Nicola Bombacci, tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia divenne amico di Lenin per poi essere fucilato a Dongo con Pavolini e finire appeso a testa in giù insieme a Benito Mussolini e Claretta Petacci con tanto di documento attestante la fucilazione, sotto il nome una scritta a mano: “Supertraditore”.
Nicola Bombacci, segretario del Partito Socialista, fondatore negli anni ’30 del Partito Comunista aderì all’RSI pagando con la propria vita la scelta di esser fedele ad un’idea ma il rapporto tra “Nicolino” e il Duce affonda le sue radici tra i banchi dell’istituto magistrale di Forlimpopoli, militano entrambi nell’ala del Socialismo radicale, le strade dei due si divideranno alla scelta interventista di Mussolini.
Bombacci e Mussolini, amici nonostante le scelte politiche opposte, legati da un nodo chiamato lealtà umana: nel momento del bisogno (una crisi economica e problemi di salute di uno dei figli) mentre Palmiro Togliatti lo considerò un vero e proprio traditore Mussolini non negò il soccorso al suo nemico di barricata.
Per anni Bombacci fu da una sola parte, una vera e propria pedina russa, amico di Lenin, portò denaro “rosso” nelle casse del nostro paese facendo ponte su scambi inter-commerciali (anticipando Agnelli di molto), dall’altra in veste di giornalista smascherò quello che fu un falso paradiso sovietico.
Diritto alla proprietà della casa, giustizia sociale e socializzazione: questi furono alcuni punti che favorirono l’avvicinamento di Bombacci alla Repubblica Sociale di Salò e che in punto di morte, davanti al plotone di esecuzione lo portarono a gridare, con l’ultimo fiato in corpo “Viva il Socialismo”.
Soprannominato dallo stesso Mussolini “Lenin di Romagna”, traditore dai suoi ex compagni di partito, ad oggi Bombacci rimane uno dei personaggi storici più “eretici”, rivoluzionari e semidimenticati nei manuali di storia contemporanea, colpevole probabilmente di aver inteso la politica come un occuparsi del prossimo senza legarsi forzatamente ad una bandiera o ad un colore specifico, colpevole di aver cambiato idea.
Come riportato nel libro edito per Eclettica a cura di Giuseppe Niccolai “…dietro i comportamenti di Bombacci e Corridoni, dietro la loro scelta che li porterà alla morte, tutto può esserci, anche la passione sbagliata, mai però per calcolo, opportunismo, doppio gioco”.
Ricordato per la sua umana simpatia, è stato uno dei più puri personaggi italiani a rappresentare la classe degli “ultimi”, quella dei braccianti nei campi ad agosto, delle mani sporche nelle officine e di chi tra i banchi di scuola è stato sia studente che lavoratore; una figura sicuramente iconica, un personaggio che non merita di sparire nel dimenticatoio pagando lo scotto di essere scomodo ad una odierna classe dirigente ormai sull’orlo della completa cecità.