Yomawari: Night Alone tra mistero e paura
Yomawari: Night Alone è certamente uno dei titoli più interessanti del panorama videoludico. Un’affermazione forte e che sicuramente non tutti sentiranno di poter condividere, ma se gran parte della critica specializzata si è spaccata in due su questo titolo, allora capirete che di fronte abbiamo certamente un titolo quantomeno interessante.
Yomawari: paura
Forse paura è un termine eccessivo, ma se considerate che è stato recensito giocandoci sempre di notte, con le cuffiette per avere un maggiore coinvolgimento e con le luci spente, allora sicuramente capirete di più il nostro punto di vista. Yomawari è un titolo dal gameplay molto semplice e poggia le sue fondamenta sull’esplorazione e sulla narrazione di una trama, anch’essa semplice ma coinvolgente. Inizierete la vostra avventura controllando una bambina di circa 10 anni che va alla ricerca del suo cane e, in seguito, anche di sua sorella.
Misteriosamente il paese in cui siamo immersi è completamente vuoto, senza nessun passante, e con una scarsa illuminazione. Le uniche cose a farvi compagnia sono rumori sinistri, il vento, le foglie, e quel crescente senso d’ansia che inizia ad assalirvi nonostante la grafica bambinesca. Yomawari è un survival horror che punta molto non tanto su improvvisi colpi di scena, ma sul senso di inquietudine, ed è per questo che un personaggio di 10 anni ed una grafica fanciullesca rendono perfettamente il contrasto.
Ma da cosa dobbiamo difenderci? Perché dovremmo avere paura? Perché non saremo completamente soli. A farci compagnia ci saranno degli Yokai, traduciamoli dal giapponese come demoni o semplicemente mostri. Questi spiriti saranno dietro ad ogni angolo, in agguato, e noi saremo impotenti, perché non potrete certamente aspettarvi che una bambina di 10 anni abbia uno shotgun o una motosega, come negli altri survival horror a cui siamo abituati. Non potrete fare nulla. Non ci saranno armi o esche per ucciderli, ma soltanto la vostra astuzia per evitarli o farli allontanare, ma soprattutto la vostra corsa. Come dicevamo, il gameplay è molto semplice, infatti ciò che dovrete controllare sempre è la barra della stamina, quella che vi dice se ce la fate ancora o meno a fuggire.
Alcuni Yokai saranno davvero veloci e sarà opportuno non farvi trovare stanchi. Ora, se vi dicessimo che la maggior parte di loro è invisibile, capireste perché abbiamo parlato di paura? L’unico vero amico sarà la nostra torcia, in grado di rende visibili dei mostri che, altrimenti, al primo tocco vi ucciderebbero in uno scenario splatter: lo schermo si farà nero e vedrete soltanto numerosi schizzi di sangue. Un altro compagno sarà il battito del cuore della bambina che alla vista di un mostro aumenterà a dismisura, riducendo anche la barra della stamina.
Approfondiamo il gameplay
Abbiamo già detto che le uniche cose che potrete fare sarà illuminare il vostro percorso, correre e controllare sempre la stamina. Non vi abbiamo detto però che alla morte del personaggio si inizierà di nuovo dalla casa iniziale. Questo non significa che perderete i progressi fatti, ma che dovrete cominciare da capo tutto il vostro tragitto e, fidatevi, non è proprio il massimo. Dovrete giocare d’astuzia e controllare continuamente la mappa che inizialmente sarà completamente vuota: non ci saranno segnate tutte le viuzze del mondo di gioco, ma dovrete scoprire ogni singolo posto.
Fortunatamente tornando in vita la mappa manterrà i progressi, ma giungere da un punto ad un altro può essere veramente difficile in alcuni casi, perché gli Yokai sono di diverso tipo: ci sono quelli velocissimi, quelli da cui è impossibile scappare, quelli più gestibili ma allo stesso tempo invisibili. In nostro aiuto ci sono le statue Jizo che con 10 yen, monetine che si trovano nei vari percorsi, ci permettono di creare dei checkpoint, in grado di teletrasportarci da una zona all’altra. Senza queste statue sarebbe stato quasi impossibile finire il gioco serenamente, ma per chi volesse una sfida più ardua può evitarle senza problemi. Noi non ve lo consigliamo. Durante il vostro viaggio troverete degli oggetti unici: alcuni saranno utili per progredire, altri invece ci saranno soltanto per avere qualcosa in più da fare, per sbloccare trofei.
Lo stile
Forse è su questo punto che la critica si è divisa maggiormente. Yomawari non ha colpito tutti allo stesso modo, perché è certamente più inquietante un survival horror con una grafica realistica, magari da giocare con un visore VR, ma a nostro avviso è proprio lo stile fanciullesco a rendere originale questo titolo. De gustibus, direbbero i latini. Non possiamo aggiungere troppi elementi, perché lo spoiler è sempre dietro l’angolo, ma dietro una grafica abbozzata, semplice, tipica appunto di una bambina di circa 10 anni, si nasconde molto di più.
È il contrasto il forte di questo gioco. Contrasto che si gioca tra la sobrietà e l’innocenza dell’infanzia ed il terrore della morte che proviene da figure misteriose, inquietanti, senza apparente motivo. In una giornata tranquilla si viene catapultati in un paese isolato, vuoto e si lascia una bambina di fronte a figure oniriche che prendono vita non più soltanto nei sogni. Basta un tocco, uno soltanto, e si finisce in un mare di sangue. Se cercate qualcosa di terrorizzante Yomawari non fa per voi. Se cercate un gioco improntato sull’esplorazione, sul mistero, che può tenervi con il fiato sospeso allora è il titolo perfetto.