Aldo Fabrizi in cucina: la poesia del cibo
Viene facile accostare Aldo Fabrizi, uno dei più poliedrici personaggi del cinema italiano, al piacere della tavola. Ciò quando, col tempo, tale debolezza finì per tradursi in quel suo caratteristico doppio mento e nell’orgoglioso pancione, recalcitrante alle diete ipocaloriche, come rivelava nella poesia “La dieta” improntata al noto fatalismo del romano doc.
Fabrizi (1905-1990) , nato e vissuto nel cuore della capitale dalla quale non si sarebbe mai staccato, era un attore dalle molteplici capacità interpretative. Sarebbe infatti un errore ricordarlo solo come comico, quando nella prima maniera si esibiva in quelle macchiette che gli dettero tale imprinting, come “Il tranviere”, “Lo sciatore” o “Il vetturino”, chicche da collezionisti incise anche su dischi di vinile a 45 giri ora praticamente introvabili.
Da allora, i grandi registi dell’epoca lo misero a confronto con gli attori più significativi dell’olimpo cinematografico italiano. E dopo la carrellata dei film con Totò come “Guardie e ladri”, si calò dentro interpretazioni di grande sensibilità recitativa come “Mio figlio professore” con Giorgio De Lullo e, insieme ad Anna Magnani, nel capolavoro di Rossellini “Roma città aperta”, nel ruolo di un parroco che proteggeva i partigiani a sprezzo del pericolo morendo fucilato alle Fosse Ardeatine.
Era uno dei fratelli della famosa Sora Lella ( Maria Elena ) anch’essa presa in prestito dalla cinematografia per le sue istintive interpretazioni insieme a Sordi e Verdone. Aldo e Lella, due attori di razza, due fratelli in simbiosi culinaria. Eppure, l’amatriciana di Aldo era abbastanza differente da quella di Lella. Ed eccone la ricetta, in vernacolo romanesco:
“La matriciana mia” der Sor Aldo Fabrizi
“ Soffriggete in padella staggionata
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arrotolata.
Ar punto che sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.
Appresso er dado che je da sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ ‘n ciuffo de basilico pe’ odore.
E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de’ prescia li spaghetti. “
Una ricetta che si discosta non poco da quella originale di Amatrice ricordata nel precedente articolo. Ma l’ estemporaneità di Fabrizi anche tra i fornelli desta una certa curiosità verso il suo pot-pourri amatriciano, elaborato con la strana aggiunta di zenzero ( ginger) : una scelta non poi tanto strana ma piuttosto avveduta, considerate le numerose e benefiche proprietà di questa radice orientale millenaria, come quella di favorire il metabolismo e quindi bruciare i grassi e far sgonfiare la pancia!
Attore, regista, sceneggiatore, scrittore e poeta, un uomo di tale creatività e duttilità non poteva non amare il cibo considerandolo come religione dell’esistenza. Ed ecco il testo di un’altra imperdibile composizione poetica:
Sacrilegio
Oggi se pranza in piedi in ogni sito;
er vecchio tavolino apparecchiato
che pareva un artare consacrato
nun s’usa più: la prescia l’ha abolito.
‘Na vorta er pranzo somijava a un rito,
t’accomodavi pracido e beato,
aprivi la sarvietta de’ bucato…
un grazie a Cristo e poi… bon appetito!
Mò nun c’è tempo de mettésse a sede,
la gente ha perso la cristianità
e magna senza amore e senza fede.
E’ proprio ‘n sacrilegio: invece io,
quando me piazzo a sede pe’ magnà,
sento ch’esiste veramente Dio! ” .
E, ad onta delle restrittive prescrizioni mediche, riuscì ad arrivare alla rispettosa età di 85 anni. Che fosse davvero in virtù dello zenzero?
Angela Grazia Arcuri
19 agosto 2015