Quando gli immigrati torniamo ad essere noi

Il termine immigrato è diventato parte integrante della nostra quotidianità, con giornali, televisioni, politici e gente comune che vi fanno riferimento ogni giorno avendo in mente una fisionomia ben chiara e con un accezione dispregiativa che troppo spesso lascia trapelare un razzismo aprioristico. Specialmente in periodo di campagna elettorale gli immigrati sono quegli individui che vengono a violentare le nostre donne, a rubarci lavoro e futuro alla modica cifra di 35 euro al giorno, sono musulmani, sono emissari dell’ISIS venuti a contaminare la nostra storia e tradizione minacciando una gloriosa identità nazionale riconducibile ai fasti dell’impero romano. Eppure, basta attraversare la Manica per scoprire come lo stereotipo dell’immigrato non abbia un valore univoco che travalica frontiere e confini, ma assuma un accezione diversa in base al luogo in cui ci troviamo.
Durante il 900 gli immigrati italiani erano coloro i quali avevano portato la mafia in America, capri espiatori dei problemi di accoglienza degli Stati Uniti, dispregiativamente chiamati ‘wops’, colpevoli di essere di religione e cultura diverse e proprio per questo processati e giustiziati senza alcuna prova (vedi Sacco e Vanzetti). Per quasi un secolo gli italiani delle ‘little Italy’ americane sono stati sfruttati e sottopagati, nonostante con il loro lavoro in nero contribuissero alla costruzione di opere pubbliche ed al progresso industriale che di fatto hanno reso gli Stati Uniti la superpotenza capace di dominare il mondo.
Oggi, nel 2016, nell’accogliente ed ospitale Gran Bretagna, nuove e vecchie espressioni di razzismo si manifestano ogni giorno contro i nostri connazionali nell’acceso dibattito sul referendum — la cosiddetta Brexit — riguardo la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. La volontà dei Britannici di uscire dall’UE nasce in primis proprio dalla questione immigrazione con gli immigrati europei disoccupati residenti nel Regno Unito che, secondo i sostenitori della Brexit, costano 886 milioni di sterline l’anno. Gli italiani, “pigri e fannulloni” sono tra coloro a cui i nazionalisti britannici vorrebbero vietare il diritto di libero movimento garantito dall’Unione Europea così da liberarsi del gravoso peso che essi teoricamente eserciterebbero sull’economia del paese.
Paradossalmente, io ed altri 500.000 Italiani ci troviamo oggi dall’altro lato della barricata, discriminati in quanto stranieri indipendentemente da quale sia il nostro apporto all’economia della società che ci ospita, colpevoli di aver attraversato un mare alla ricerca di migliori opportunità e prospettive lavorative.
Adesso prendete le foto del barcone che ieri si è rovesciato a pochi chilometri dalle nostre coste nel Mediterraneo e guardate uno qualsiasi di quei volti segnati dal viaggio ma al contempo pieno di speranza per un futuro migliore e confrontatelo con il volto di uno dei nostri giovani partiti per Londra alla ricerca di maggiore stabilità economica, esclusi alcuni tratti somatici e fisiologiche differenze culturali c’è veramente così tanta differenza?