Ragazzi dell’Europa
Ho saputo di quanto accaduto in Catalogna ieri, ero seduto su un pullman che mi stava riportando dall’Italia alla mia destinazione Erasmus. Ho pianto.
Il sorriso di quelle ragazze, la gioventù e la spensieratezza delle foto che le ritraggono in momenti felici, gli occhi vispi di chi vuole conoscere, scoprire, viaggiare è di quanto più bello questo paese abbia ancora da offrire. Non chiamatele, non chiamateci generazione Erasmus, non usate i loro candidi sorrisi per i vostri biechi scopi politici, Valentina Elena e tutte le altre non erano e non sono un manifesto di partito, le loro esperienze e i loro viaggi erano dettati dalla curiosità e dalla voglia di scoprire ed imparare, dal primordiale bisogno di conoscere il mondo. “Potevo essere io”, ho ed abbiamo pensato dopo la notte di Parigi, “poteva capitare a me” ci siamo detti dopo il rinvenimento del nostro connazionale a Il Cairo, invece allora è toccato a Valeria e Giulio, oggi a Lucrezia ed Elisa, storie diverse e difficili da paragonare ma accomunate da quella voglia di conoscenza che supera mari e confini.
Erano figlie dell’Europa Serena e Francesca, così come lo erano gli altri 8 ragazzi che su quel pullman hanno perso la vita, magari addormentati l’uno sulla spalla dell’altro, così vicini da scordarsi quale fosse il proprio paese di origine, così simili da rendere irrilevanti le diatribe politiche, lo spread, i muri e le frontiere. Avevano sogni diversi, carriere ed aspirazioni professionali differenti, dottori ed economisti del domani che probabilmente non avrebbero salvato il mondo ma che con la loro ampiezza di vedute avrebbero certamente contribuito a renderlo un posto migliore. Con la loro prematura scomparsa l’Italia, l’Europa ed il mondo perdono parte di quelle risorse umane di cui tanto abbiamo bisogno in questo periodo in cui il futuro sembra cupo e pieno di incertezze.
La risposta ad una tragedia così imprevedibile ed ingiusta è solo una: non fermatevi, non fermiamoci, non smettete di viaggiare nonostante le notizie che in queste ore arrivano da Bruxelles, poco importa che sia un semestre, un master o una vita, il mondo è troppo grande per rimanere ancorati al bar dietro casa, per non conoscere un’altra cultura, un altro paese, un diverso modo di vivere. E’ anche e soprattutto per le ragazze ed i ragazzi di quel pullman che dobbiamo continuare a cercare il mondo al difuori dei nostri confini, a prendere aerei, autobus e a sorseggiare birre nei più disparati angoli del mondo, a ridere nella spensieratezza dei nostri vent’anni e a innamorarci ogni giorno della vita in tutte le sue molteplici sfaccettature.