A caccia di Lupi
ROMA — Lupi si è dimesso, aggiungerei forzatamente dimesso. È bene ricordare che non era indagato, non avendo ricevuto nemmeno un avviso di garanzia, ma era al centro dell’occhio del ciclone, soprattutto per le ormai famose intercettazioni, date in pasto ai giornali, dove si prodigava per le sorti del figlio Luca, chiedendo «consulenze e suggerimenti» per questo figlio da poco laureato al Politecnico di Milano, nel dicembre 2013, con 110 e lode. Un figlio «colpevole» d’aver accettato un Rolex da 10.350 euro, regalo di laurea fatto dall’ingegnere Perotti, manager della Spm Consulting, amico della famiglia Lupi e «uomo di fiducia» di Incalza che gestisce venticinque miliardi di opere pubbliche legate ad appalti di infrastrutture.
È proprio su questi due nomi che le vicende si intrecciano. Incalza occupava il ruolo di Capo della struttura tecnica di missione in seguito ad una procedura selettiva pubblica, con scadenza il 31 dicembre 2015 e non è stato rimosso dal suo incarico di Dirigente perché, spiega Lupi, «ho potuto verificare che nei vari procedimenti penali (sono quattordici le inchieste che lo vedono coinvolto, ndr) che lo hanno interessato non ha subito alcuna decisione di condanna, né per i casi in cui questi si sono conclusi per prescrizione del reato, e non vi è stato alcun procedimento disciplinare sotto la responsabilità dei ministri che mi avevano preceduto».
La telefonata fatta da Lupi al superdirigente Incalza, il quale a sua volta attiva Perotti, sembra aver quindi caldeggiato l’inserimento del figlio, fresco di laurea in Ingegneria con il massimo dei voti, nello studio di architettura Mor di Genova, di proprietà della moglie di Perotti, allora impegnato su un cantiere per la realizzazione di tre nuovi palazzi da adibire ad uffici per l’ENI, a San Donato Milanese.
Esperienza a 1.300 euro al mese, esaurita nel giro di un anno, con un nuovo incarico come stagista presso uno studio di progettazione negli Stati Uniti, trovato sembrerebbe sempre da Perotti attraverso Tommaso Boralevi. È lo stesso Lupi a spiegare che «dopo sei mesi in America presso uno studio di progettazione, nel febbraio dello scorso anno gli hanno offerto un lavoro. Ci ha messo un anno, come tutti, ad avere il permesso di lavoro e da marzo di quest’anno lavora a New York».
Come però schiettamente sottolineato da Fabrizio Cicchitto: «Ci sono alcuni sottosegretari del governo indagati» che non provocano la preoccupazione del presidente del Consiglio perché non hanno effetti mediatici, a differenza di Lupi, verso il quale c’è stato invece «un autentico linciaggio mediatico». Parlare di ipocrisia è forse poco se si pensa alle scelte del PD di candidare De Luca in Campania, anche perché «se qualcuno pensa che un Ministro si fa corrompere per un regalo fatto al figlio, allora siamo al massimo della faziosità. Ben sei governi hanno messo Incalza in quella posizione, e con lui hanno interloquito sindaci, presidenti di Regione, parlamentari di ogni partito. La sfida con cui bisogna misurarsi in Parlamento non è quello dell’aumento delle pene ma di alcune misure strutturali, come la drastica riduzione delle stazioni appaltanti e la riduzione delle partecipate di Regioni e Comuni».
«Una battuta di caccia mediatica», come l’ha definita Renato Brunetta, «osservata senza scandali da parte del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi», con le indagini della Magistratura a diventare un comodo strumento nelle mani «dell’uomo solo al comando».
E in questa battuta di caccia le mani alzate, pronte per tirare la prima pietra, sono state tante, con SEL garantista quando si tratta di Vendola, ma non con Lupi, che in Aula si è rivolto ai deputati, in modo particolare a quelli di M5S e SEL, augurandogli «in questi giorni di demagogia a brandelli di non trovarvi mai dentro bolle mediatiche difficili da scoppiare e di non aver mai qualcuno che entri nella vostra famiglia e intimità».
Questi tre giorni di «demagogia a brandelli» possono veramente cancellare ventidue mesi di lavoro? La ricerca della verità è perseguibile solo in una direzione o a 360°? Sete di giustizia o di vendetta?
Paola Mattavelli
21 marzo 2015