Scandalo rimborsi elettorali: Fiorito e Belsito si sono pentiti?
Franco Fiorito e Francesco Belsito. Molti di voi ricorderanno bene questi nomi perché entrambi, sia pur con modalità diverse, qualche mese fa sono stati ‘protagonisti’ del così detto scandalo dei rimborsi elettorali.
Franco Fiorito, ex capogruppo del Pdl venne indagato con l’accusa di peculato per aver sostenuto spese folli (oltre un milione di euro, rigorosamente a titolo e uso personale) usando i soldi destinati ai rimborsi elettorali. Francesco Belsito, tesoriere della Lega, venne accusato di aver sottratto fondi dalle casse del partito, ma non solo a suo beneficio. A distanza di mesi, questi casi saranno serviti come monito, ma soprattutto i due avranno capito i loro errori?
Ricordiamo che ‘er Batman’, soprannome di Fiorito, nelle scorse settimane ha siglato un accordo con la Corte dei Conti di Roma per la restituzione alla Regione di un milione e 90 mila euro. Dopo quest’accordo lo scorso lo scorso 27 maggio è arrivata la sentenza: tre anni e quattro mesi di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Ma essendo il processo avvenuto con rito abbreviato la condanna detentiva sarà ridotta di un terzo. Morale della favola Fiorito è tornato in libertà lo scorso 28 marzo dopo poco più di 5 mesi tra carcerazione preventiva e domiciliare.
È pentito? Queste le sue parole: «Ritorno in politica? Adesso no, no, e ancora no. Mi metto a fare il filantropo. Io quei soldi non li ho rubati, sia chiaro. Quei soldi mi sono stati assegnati tramite delibera. Non li ho rubati, per questa vicenda ho fatto fin troppo carcere. Abbiamo dimostrato documenti alla mano, di non aver commesso alcun peculato. Speriamo che la sentenza venga ribaltata in appello».
Passiamo ora a Belsito che, in carcere dallo scorso aprile, ha cominciato a rivelare la sua versione dei fatti al sostituto procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, che nelle ultime settimane lo ha sentito diverse volte. Alcuni dei verbali sono stati pubblicati dalla stampa nazionale, senza mezzi termini Belsito afferma che Roberto Castelli ed altri ‘big’ della Lega erano al corrente di quanto stava avvenendo e: «Bossi mi ordinò di trasferire i soldi in Tanzania. Lui voleva un tesoretto».
Secondo Belsito, Castelli aiutava a evitare i controlli: «Sapevano che arrivavano le perquisizioni prima e hanno cambiato le targhe delle stanze dove c’era la contabilità con i nomi dei deputati e dei senatori. Non so chi li aveva avvertiti. Ma sapevano benissimo, perché io ho avuto un bisticcio con Castelli e lui mi ha detto: ‘ci sono tre procure che indagano’. […] Io gli ho detto: ‘Ma sei un cartomante? O fai parte anche tu del sistema? Come fai a sapere?»
Belsito e Fiorito sono in effetti solo due protagonisti dello scandalo rimborsi elettorali, uno scaldalo che negli ultimi due anni ha visto indagati consiglieri regionali e politici di ogni fazione politica e regione italiana. Un malcostume che andrebbe arginato non solo con pene più forti ma con una presa di coscienza collettiva sull’argomento che porti a rivalutare il ruolo e il comportamento di chi sceglie di fare politica. Non è utopia ma crescita culturale e sociale, una crescita che aiuterebbe a dare un calcio anche alla ‘crisi’ economica che stiamo vivendo.
Enrico Ferdinandi
(Twitter @FerdinandiE)
29 maggio 2013