Greta Van Fleet VS Måneskin: il confronto


Quella che segue è una viscerale analisi della situazione del pop all’italiana, e la scelta di impostarla su un “confronto” vuole intenzionalmente cercare di mettere “i puntini sulle i” su come continuino a funzionare certi meccanismi di mercato tanto nei nostri confini nazionali quanto al di fuori di essi. I portavoce per l’occasione non a caso sono due band estremamente giovani, ciascuna delle quali (e, ahimé, comunque la pensiate) può essere identificata con uno slogan più o meno emblematico: “il rock non morirà mai” (nel primo caso) e “la musica italiana è ancora in crisi”. Non vi sarà difficile fare i dovuti accostamenti.
GRETA VAN FLEET. Giovanissimi, blues / hard rock nelle vene, da quando anche le migliori radio rock italiane hanno cominciato a spingerle nelle loro playlist la più naturale delle reazioni da parte degli addetti ai lavori è stata quella di accostarli inevitabilmente ai Led Zeppelin. Anzi, io stesso confesso che la prima volta che ho avuto modo di ascoltare il brano in rotazione “Highway Tune” ho creduto di trovarmi al cospetto di una nuova, inaspettata manovra di marketing che di colpo stesse proponendo una versione inedita della storica rock band britannica di Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham. Vi basteranno i primi 15 secondi della suddetta canzone per rendervi conto che “no, qui non si esagera”: riff di chitarra semplice ed efficace e “husky growl” tipico alla Percy da parte di Josh Kiszka.
Qualcuno potrebbe asserire che di fatto i Greta Van Fleet non sono una novità, ma anzi sono un ennesimo tuffo nel passato che al massimo può accontentare qualche vecchio nostalgico degli anni 60/70. Niente di più vero, ma aspettate cari puristi del genere a seppellire l’ascia di guerra! Perché, innanzitutto, stiamo parlando di rock: un’idea, un modo di essere (prima che di fare musica) che per sua stessa natura non può morire, ma solo continuare ad ispirare le future generazioni come ha sempre fatto (dando persino ragion d’esistere al ben più inflazionato e contaminato genere pop). Date ragione a Dave Grohl nel suo spot per Virgin Radio come “Rock Ambassador”:
There’s always going to be rock and roll band. There’s always going to be rock and roll music. There’s always going to be kids playing rock and roll. […]
Ci saranno sempre band che fanno rock. Ci sarà sempre la musica rock. Ci saranno sempre ragazzi che suonano rock. […]
Forte di questi argomenti, sono portato sinceramente a credere (anche con un sincero sorriso che sa di sollievo) che i Greta Van Fleet abbiano tutte le carte in regola per farsi strada e lasciare un’impronta tangibile nella storia della musica moderna. C’è il talento. C’è la dedizione. C’è il tempo.
MÅNESKIN. Di base è già difficile parlare di gruppo, perché anche per l’occhio meno attento è piuttosto ovvio che i riflettori sin dalle prime battute di X-Factor 2017 sono stati per lo più puntati sull’eccentrico Damiano David e la sua spalla Victoria De Angelis, nonché ideatrice del nome della band scelto più per ragioni “coatte” che per altro.
“MA SO’ RAGAZZI”.
Il vero (e probabilmente unico) scalpore suscitato dai 4 “pischelli” rimanda all’esibizione messa in piedi durante il corso del talent show con tanto di lap dance in tacchi a spillo del solito Damiano, che di fatto è riuscito ad entrare nell’immaginario erotico di giovani scolare e donne di mezza età (le più con evidenti frustrazioni irrisolte, a giudicare dai vari commenti rilasciati), più che per un qualche vago talento vocale e/o musicale. Perché credersi bravi per una voce graffiata in stile raggamuffin è molto più di un peccato di presunzione.
“MA SO’ RAGAZZI”.
Come ogni macchinetta da guerra studiata a tavolino, è naturale che tutti coloro che abbiano investito anche solo per sbaglio in questa giovane band debbano continuare a parlarne bene e sponsorizzarli manco fossero prodotti da super mercato messi in offerta. L’inevitabile, e per qualcuno anche spiacevole, conseguenza è che rischia di rimanere ulteriormente difficile farsi un’idea sulle presunte capacità tecniche di Damiano, Victoria, Ethan e Thomas. Soprattutto se nel frattempo si continuano a fare provocazioni dai toni esagerati (“Damiano e Victoria come Johnny Depp e Kate Moss”. Io avrei detto più “Ivano e Jessica” del film “Viaggi di Nozze”) in puro stile “Italia berlusconiana”, dando ragione di credere ancora una volta che non sia di certo la qualità il vero obbiettivo ricercato, quanto la necessità di intrattenere il pubblico “medio” alla solita vecchia, becera maniera. A fronte di ciò, prevedere un futuro roseo per la musica mainstream italiana si fa davvero dura.
(Ma per fortuna abbiamo ancora in giro degli ottimi autori).
Vi assicuro che se ci fossero state delle qualità da elogiare per i Måneskin lo avrei fatto volentieri tanto quanto lo è stato per i Greta Van Fleet. E vi aggiungo anche che, durante l’ultima edizione di X-Factor, ad andarmi a genio sono stati molto di più i ROS (forse perché di mezzo non c’era solo la necessità di apparire, ma anche della bravura tangibile). Onde evitare l’”onta” di assicurarmi un posto in prima fila fra gli haters più accaniti (ma anche “chissene”), mi auguro sinceramente che questi 4 ragazzi romanacci si godano il momento e abbiano la prontezza di svincolarsi il prima possibile dalla ragnatela del commercio discografico, (dove è facile ubriacarsi di popolarità soprattutto se la maggiore età ti è ancora in parte estranea) prima di restarci intrappolati del tutto.
Noi fruitori ed amanti della qualità, nel frattempo, continuiamo a guardarci in giro e a tenere le orecchie ben tese.