The Sound of Silence
Il silenzio non esiste. Eppure cimentarsi nella sua ricerca è quanto di più utile ed intimo si possa mai considerare: significa comunicare realmente con noi stessi, con gli altri, con l’ambiente che ci circonda in maniera del tutto inusuale. E per questo, davvero pura.“Ascoltare il silenzio” mette in discussione i fondamenti stessi della percezione: non esiste rumore, poiché è solo l’intenzione di ascolto che può conferire a qualsiasi cosa il valore di opera musicale. E’ la rinuncia dell’uomo alla sua centralità, una vera e propria rivoluzione (!), in grado di mettere in discussione la fragilità della sua natura e il senso stesso della sua esistenza.
Il rischio maggiore è quello di diventare preda di un effetto tragicamente destabilizzante: nel silenzio ogni suono si amplifica e diventa curiosamente assordante, innescando una serie di sensazioni quasi intraducibili, alle quali non siamo abituati nel nostro quotidiano sforzo di restare “immobili”. Provate a prestare ascolto ai battiti del vostro cuore, al sangue in circolazione, a una pioggia timida che picchietta sul tetto, al fruscio degli alberi in aperta campagna, al mormorio del pubblico in un teatro o in una sala da concerto…
Non siamo più abituati a un simile sforzo: troppo allenati ormai a fare economia dei nostri sensi per non riconoscere a noi stessi l’incapacità gestire la “macchina” perfetta che siamo. Con la conseguenza di essere in più di un’occasione assoggettati al controllo della nostra mente, delle paure che produce, del coraggio che spegne, delle sensazioni che uccide, dei sogni che ha smesso di partorire.
Il 29 agosto 1952 a Woodstock (New York) il pianista e compositore statunitense David Tudor eseguì per la prima volta il brano 4’33” di John Cage, la cui partitura (suddivisa in tre movimenti) non prevedeva altro che una serie di pause. Tudor non fece altro che starsene seduto per 4 minuti e mezzo circa davanti al pianoforte, avendo premura di aprire e richiudere immediatamente il coperchio della tastiera per segnalare l’inizio e la fine di ciascun movimento. Queste furono le parole di Cage rispetto all’esecuzione del brano e alla reazione del pubblico (visibilmente e prevedibilmente contrariato ):
“Non hanno capito. Non esiste il silenzio. Quello che credevano fosse silenzio (poiché ignoravano come ascoltare), era pieno di suoni accidentali. Durante il primo movimento si poteva sentire il vento che soffiava dall’esterno. Durante il secondo movimento gocce di pioggia cominciavano a picchiettare sul tetto, e durante il terzo la gente stessa produceva ogni genere di suono interessante parlando o uscendo dalla sala”.
Se volessimo ridurre tutta questa faccenda del silenzio in qualcosa di veramente accessibile a chiunque (soprattutto all’effetto prodotto dalla nostra “commovente” difficoltà di prestarci a una simile rivoluzione), questa sarebbe la pura e semplice incapacità dell’uomo di comunicare. E nessun brano del XX° secolo potrebbe essere più esaustivo e toccante in proposito di quello partorito negli anni 60 da Paul Simon e Art Gurfunkel:
[…] Ten thousand people, maybe more
People talking without speaking
People hearing without listening
People writing songs that voices never share…
And no one dare
Disturb the sound of silence
[…] Migliaia di persone, o forse più
persone che parlavano senza emettere suoni
persone che ascoltavano senza udire
persone che scrivevano canzoni che le voci non avrebbero mai cantato
e nessuno osava, disturbare il suono del silenzio
[ “The Sound Of Silence”, Simon & Gurfunkel, 1964]