Pierdavide Carone torna con Sole per sempre
Dello stato di salute dei giovani cantautori italiani e di Lucio Dalla, che se lo prese sotto braccio e gli disse: “Te sei bravo!” Della difficoltà di raggiungere un pubblico vasto cantando del proprio mondo interiore e degli artisti che invece ce l’hanno fatta, come lo stimatissimo Niccolò Fabi. Di questo e molto altro abbiamo chiacchierato con Pierdavide Carone, in occasione dell’uscita di “Sole per sempre”, che anticipa il prossimo album.
Pierdavide, la maggior parte del pubblico ti ha conosciuto grazie alla partecipazione ad Amici 2009. Cosa ti è rimasto di quella esperienza? La rifaresti ancora e quanto ti è servita per lanciarti? Sicuramente mi è servita per farmi conoscere a un pubblico vasto, cosa che altrimenti sarebbe stata difficile dato che la mia è soprattutto musica d’autore. Mi è servita per sdoganarmi, per cui la rifarei, sì.
In tv oggi i talent sono davvero tanti, eppure quello di Maria De Filippi sembra resistere al tempo e alla concorrenza. Secondo te qual è il segreto del suo elisir di lunga vita? Tu, che l’hai vissuto direttamente, cosa hai avvertito di diverso? È vero che il programma esiste da tanto, ma la chiave di volta sta nella sua capacità di rinnovarsi. Proprio io ne sono un esempio: dopo Marco Carta, Valerio Scanu, Alessandra Amoroso, che avevano ottenuto un ottimo successo, in quella edizione io ero considerato un po’ l’outsider perché rispetto a Emma e Loredana, che seguivano la tradizione di chi le aveva precedute, c’ero anche io che ero un po’ borderline perché portavo qualcosa che non era mai arrivata. Negli anni poi Maria ha deciso di introdurre anche i rapper, di creare una categoria “best of” in cui fui incluso anche io nel 2012… Quindi la capacità di non essere mai uguale a se stessa credo sia il suo elisir di lunga vita e di questo gliene va dato atto.
Hai appena citato alcuni vecchi compagni, per Valerio Scanu hai anche scritto Per tutte le volte che. Quali rapporti hai mantenuto con gli ex di Amici? Abbiamo mantenuto degli ottimi rapporti, nonostante ciascuno porti avanti il proprio percorso e siamo tutti dislocati qua e là. Però c’è sempre una sorta di sostegno reciproco che si rinnova col tempo. Ad esempio adesso per “Sole per sempre” ho ricevuto l’imbocca al lupo di Valerio e tutto questo è molto bello perché vuol dire che in qualche modo, pur non vedendosi, si continua a fare il tifo per gli altri. È qualcosa che ti fa sentire meno solo.
Per tutte le volte che fu in un primo momento esclusa, venne poi recuperata e alla fine vinse il primo posto con la votazione per il 50% della giuria tecnica e il 50% del televoto del pubblico. In quel caso probabilmente Scanu portava tanti voti perché poteva contare su un fanclub nutrito. A volte la popolarità conta più di qualsiasi altra qualità artistica? Io cerco sempre e comunque di trovare la qualità in quello che faccio. Infatti è per questo che mi sono fermato per così tanto tempo. Proprio perché volevo che in qualche modo avvenisse una selezione naturale all’interno del mio pubblico. Sai, quando sei sempre sulla cresta dell’onda è molto più facile piacere a tutti, ma magari il pubblico neppure lo sa perché gli piace quell’artista, segue semplicemente il flusso della popolarità, delle trasmissioni radio. Invece stando fermo ho notato che alcuni fan, che non erano strettamente legati a me ma al programma, al sistema, li ho persi. La cosa curiosa e paradossale è che intanto ne avevo acquisiti degli altri che avevano ascoltato i miei lavori, piuttosto che subirmi all’interno di un programma televisivo. Dei nuovi fan che mi erano venuti a cercare perché avevano ascoltato “Nanì” o “Basta così”. Per cui adesso ai miei concerti vedo un pubblico più ampio, più eterogeneo, ma soprattutto un pubblico che sa esattamente perché è lì e perché mi sta ascoltando. E questo è molto importante.
E infatti lo ringrazi questo pubblico, perché in Sole per sempre – uscita il 10 giugno scorso – tu dici: La forza in questi anni a fari spenti nella notte l’ho trovata nelle foto che parlavano di me e VOI, io sopra un palco a cantarvi, VOI lì sotto ad ascoltarmi, regalandomi un applauso ogni volta e anche di più. Non sarà però anche un modo per ingraziarsi il pubblico? Sì, ma più che “ingraziare” io direi “ringraziare” perché senza che io, in questi anni, facessi nulla nello specifico per ingraziarmeli – anzi sono stato piuttosto eremita, a cercare il centro del mio mondo interiore, a mettere un punto a capo rispetto a ciò che era stato fino al 2012 e a voltare pagina – c’è stata della gente che mi ha scelto comunque. Pur senza ammiccamenti di sorta legati al gossip o ad altro. Quindi il minimo che io potessi fare era ringraziarli e dedicare loro “Sole per sempre”. Perché a loro non importa se io divento un artista da rotocalco. Ci sono e basta.
Proprio parlando del tuo mondo interiore e del tuo stile – per il quale ad esempio ricorderei Dalla parte di Rino che tu hai tributato a Rino Gaetano – Sole per sempre sembra un po’ distaccarsene. Perché tentare il tormentone estivo? In realtà è stato molto casuale, non ero alla ricerca di una canzone estiva – tra l’altro “Sole per sempre” l’ho scritta a Natale – ma è venuta fuori giocando con la chitarra. Mi capita spesso così, io parto quasi sempre giocando, ma, come dicono i bambini, i giochi sono cose serie. Così giocando con questi accordi era come se mi stessi ripetendo dei mantra solari: “Ti cerco in un cuore dannato dal mondo/però questa notte ci toglierà il fiato e nessuno la toccherà…” E l’incipit era un incipit nuovo per me che sono sempre stato più uggioso – “Nanì” e “Basta per sempre” non sono propriamente dei pezzi solari – ma poi mi sono ritrovato questa canzone tra le mani e mi sono detto perché no? Ripartiamo da quella.
Parliamo invece del tuo Sanremo e della collaborazione con Lucio Dalla che poi venne a mancare poco dopo. Tantissimi giovani ti hanno invidiato per questo. A te cosa resta di un grande artista come lui? Ciò che mi resta di lui è la sua capacità – probabilmente unica – di guardare l’altro. Quando sei un artista così importante, quando sei Lucio Dalla – che era una leggenda già da vivo – rischi che la gente ti metta su un piedistallo dal quale tu non riesci più a scendere. Invece lui era davvero un mecenate e io non ero che l’ultimo, se pensiamo che a partire dalla fine degli anni ’70 in poi c’erano già stati Ron, gli Stadio, Carboni, Bersani… Lui sapeva esattamente chi era, ma sapeva anche riconoscere il talento altrui e quando ha riconosciuto il mio, è stato uno dei momenti di svolta della mia carriera. Quando lui mi ha detto “tu sei bravo. Voglio lavorare con te”, a me è cambiata la vita! È ovvio che io avevo già avuto riscontri di vendite, di certificazioni, di pubblico che urlava ai concerti, ma quella era una cosa totalmente diversa. Era Lucio Dalla che ti diceva “andiamo a Sanremo perché te sei bravo”.
Dunque in qualche modo sul tuo cammino ci sono Rino Gaetano, Lucio Dalla, Franco Battiato, al quale hai fatto da apri concerto. Sembra che siamo sempre alla ricerca di modelli. Secondo te davvero, come dici in Nanì, siamo un mondo senza eroi? Oggi in effetti faccio fatica a trovare un eroe, un modello, perché c’è tanta confusione e, probabilmente, anche meno libertà. Tutto è molto più piccolo. Però io vorrei invece sfruttare queste dimensioni che si sono rimpicciolite. Adesso è tutto tendente al ribasso. Tutto è alla portata di tutti e quindi è più difficile emergere. Perché tutti possono esprimere un parere, spesso anche gratuito. Invece bisogna ripartire da qui cercando di imporre un’idea, ma di imporla bene e non come fosse una dittatura. Se pensiamo ai grandi artisti citati, Rino, Lucio, anche lo stesso Battiato, loro imponevano le loro idee perché ne avevano, non perché ci fossero i massimi sistemi a fare giocoforza per loro. Oggi sì, manca un punto di riferimento però, ecco, non rinunciamo a cercarlo.