Ariana Grande: una pop girl in un mondo trap
Chiunque ascolti una playlist delle Global Hits su Spotify o accenda semplicemente la radio sa che la musica pop non forma più parte della corrente mainstream di oggi.
Non è una novità che nei decenni ciò che viene ascoltato, apprezzato e richiesto dal general public cambia in continuazione. Negli anni ‘80 la rock music dominava le charts, nei primi 2000 era impossibile non vedere una canzone R&B o Hip-Hop nei posti più alti delle classifiche musicali e l’esplosione del colorato POP intorno al 2010 è evidente. L’altro giorno mi sono imbattuta in questo tweet
e mi è venuto da ridere pensando a quanto sarebbe improbabile vedere così tanti cantanti pop tutti insieme in classifica nel 2019. Lo dice anche Salmo in “STAI ZITTO”: “I vecchi scureggioni della pop music / sono un po’ in difficoltà, sono confusi / In classifica per primi solo i rappusi”.
Insomma, è chiaro che ora è il momento della musica rap/trap/hip-hop.
Almeno se ci tenete ad avere successo.
Poche le cantanti pop che riescono ad attirare l’attenzione: penso alla sorpresa di “Sweet But Psycho” di Ava Max o alla ora conosciutissima Dua Lipa, che è riuscita a portare una presenza pop e femminile nelle classifiche (anche se non si iscrive al 100% nella sfera pop, ma quello è un altro discorso). A parte queste poche eccezioni, sembra quasi che oggi sia impossibile trovare canzoni senza l’uso, tipico nella trap, del hi-hat (per farvi un’idea di come venga usato ascoltate qui).
Un chiaro esempio nella produzione mainstream possiamo trovarlo a metà di “Sober II (Melodrama),” dell’ultimo album della neozelandese Lorde, candidato ai Grammy 2018 come Album dell’anno. Sentite come viene usato (min 00.40) da un Jack Antonoff che poco ha a che vedere con la trap music.
Ariana Grande nasce come pop girl.
E conferma il suo successo con canzoni come “Break Free” e “Into You”, con definiti elementi di richiamo al genere. Conosciuta per le sue belting vocals e la sua signature swinging ponytail, la cantante decide di maturare musicalmente con il suo ultimo album “Sweetener” (2018): beat ripetitivi ricordano house music e hip–hop, mentre la sua voce soul ricorda l’R&B old-school.
Oltretutto le uniche cantanti che compaiono come features (oltre a Pharrell) sono i grandi nomi dell’hip-hop Missy Elliott e Nicki Minaj. Il tentativo (ben riuscito) di aggiornare “vecchie” ispirazioni musicali con elementi di trap moderno è il colpo meglio assestato da Ariana. Basti pensare alla sua ultima traccia “7 Rings” in cui si fa riferimento all’iconico musical “The Sound Of Music” con beat trap.
Ms. Grande riesce insomma a inserire nelle sue canzoni elementi della musica trap/hip-hop rimanendo però fedele a se stessa e ai suoi interessi musicali.
In un primo momento in Sweetener si sente veramente tanto la mano di Pharrell Williams, che ha prodotto ben sette tracce dell’album. Ma non vogliamo parlare di lui. Ciò su cui soffermarsi sono, invece, le canzoni prodotte non solo da qualcuno come Hit-Boy (che per intenderci ha prodotto anche: SICKO MODE, N***** in Paris, Somewhereinamerica), ma da TBHits e Social House.
Giusto perchè questi ultimi sono le menti dietro le più recenti “7 Rings“ e “Thank You, Next”. Mentre “Sweetener” dimostra sicuramente un cambiamento nello stile della cantante, con elementi moderni di trap in tutto l’album, il prossimo album, se seguirà la linea dei singoli usciti fin’ora, sarà più trap che altro.
Quasi ogni canzone in “Sweetener” si affida al cosiddetto staccato (articolazione musicale in cui due o più note sono suonate separatamente, in modo da differenziarle) che caratterizza il genere trap, senza parlare dell’onnipresente ad-libbing. Dietro a ogni rapper si sono sempre nascoste delle frasi o parole che li rappresentassero, come fossero dei tag: nel gergo musicale queste scelte vengono chiamate appunto Ad-Lib, un’espressione che deriva dal latino ad libitum, indicante appunto la libertà di un determinato comportamento. La continua ripetizione dell’insistente “Yuh” all’interno delle sue canzoni non ha la sola funzione di diventare un meme, ma questo utilizzo di ripetizione e signature tipiche dei rapper ci permettono di affezionarci a una canzone anche perché ci risulta familiare.
E senza soffermarci troppo, si sa che la ripetizione è la prima figura della retorica che non ha solamente funzione mnemonica, ma contribuisce anche a farcela, in qualche modo, piacere di più. Un po’ come quando la radio passa spesso una canzone X e inevitabilmente comincerà a piacerci almeno un po’.
La trap a volte può sembrarci sciocca o extra, ma tutto ciò che la caratterizza serve a catturare ed eseguire un preciso vibe ed emozione. È capire la teoria musicale e capire ciò che piace al pubblico di una canzone. Sapere usare un ad-lib è importante quando viene preso e usato a un livello professionale proprio perché crea un qualcosa di ripetitivo e quindi familiare. È provato che quando qualcosa si ripete di continuo, specialmente nella musica, un fenomeno interessante accade nel nostro cervello.
La ripetizione non modifica nulla dell’oggetto ripetuto, ma muta qualcosa nella mente che lo contempla. La struttura di una canzone, di qualunque genere musicale, è essa stessa ripetitiva: intro-verse-prechorus-chorus-verse-prechorus-chorus-bridge-outro.
Ma lo è anche il modo in cui la consumiamo. Pensate al momento in cui vi innamorate di una canzone.
La ascoltate a ripetizione per giorni, a volte settimane (o mesi…)
La stessa esatta canzone, con la stessa base e le stesse lyrics e gli stessi strumenti. E anche se non la stiamo ascoltando ci rimane in testa. Lo stesso non avviene così facilmente con altre forme d’arte; una stessa frase ripetuta più volte in un libro o in una poesia ci provocherebbe più fastidio.
Tutte queste informazioni possono quindi farci ragionare meglio su come Ariana Grande sia una delle poche cantanti pop che è riuscita a coniugare the best of both worlds: sfruttare il successo della trap e mantenere quello stile pop per cui i fan impazziscono.
Oppure: sfruttare la black culture mantenendo il privilegio da ragazza carina bianca. O ancora: mettere insieme il general public prevalentemente etero che segue ciò che è mainstream con la comunità LGBT che tipicamente tende a seguire e supportare le cantanti pop. O, anche: prendere un genere musicale prevalentemente maschile e maschilista (anche se ci sarebbe da fare un discorso più ampio su questo punto, magari scriverò qualcosa a riguardo nelle prossime settimane) e ribaltare completamente il punto di vista, trasformandolo in qualcosa di più femminile.
“7 Rings”: un inno al denaro e a come ti fa sentire.
Il video, che ha raggiunto la #1 posizione nei trending video di Youtube, vede Ariana Grande circondata da rosa e da ragazze mentre canta frasi come “Wearin’ a ring but ain’t gon’ be no “Mrs.” / Bought matching diamonds for six of my bitches”, sicuramente molto empowering se si considera che solitamente questo viene fatto da cantanti maschi con canzoni in cui per alcuni certe frasi possono richiamare un’oggettificazione della donna.
E anche la modalità e la velocità con cui Ariana Grande sta rilasciando nuova musica è particolare. “Sweetener” e il prossimo album hanno solo 5 mesi di distanza l’uno dall’altro e questo non è qualcosa che viene fatto solitamente dai cantanti pop, che invece seguono strategie meticolosamente pianificate con teaser dei singoli, poi pre-ordini, il rilascio del singolo, il passaggio in radio prima del rilascio del video musicale e infine un bel discount negli store digitali qualche settimana dopo.
Ci troviamo davanti a una cantante che sfrutta tutti questi elementi a suo piacimento, riuscendo perfettamente a non snaturarsi.
Insomma, che piaccia o meno, Ariana Grande e il suo team sono riusciti a cogliere velocemente la strategia per avvicinare i fan della pop music alle sue canzoni, che ora sono caratterizzati da uno stile più vicino a ciò che oggi è considerato mainstream e che quindi vende.
Veronica Bianchi