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Le parole “Zombie” e “Nazisti” non sono più tanto distanti come potrebbe sembrare. Nel panorama underground – e non – sono sempre di più le trame che vedono gli esperimenti nazisti incrociarsi con i classici zombie movies.
Nel cinema gli esempi possono essere svariati, dal film Dead Snow per citarne uno, fino ad arrivare al videogame South Park – Il bastone della verità.
Il genere zombie è sfruttato fino al midollo, il trash è l’unico modo per rivitalizzarlo e giustificare una trama che fondamentalmente puzza di già visto.
Frankenstein’s Army può essere un’eccezione.
La trama si sviluppa durante la fine della Seconda Guerra Mondiale e vede come protagonisti dei soldati russi inviati in una zona calda per recuperare una squadra in pericolo.
Si scoprirà che in verità la vera missione è quella di recuperare un folle dottore nazista che compie esperimenti interessanti per il governo russo. Bisogna prenderlo vivo.
Sì, il tutto è già visto e scontato, anche nello svolgersi degli avvenimenti.
Eppure c’è un grosso “ma” in questa pellicola: gli zombie stessi.
Sono tecnicamente dei morti riportati in vita, ma non hanno niente a che vedere con i classici zombie di Romero; qui infatti hanno maschere di ferro, lame al posto delle braccia, eliche al posto della testa, motoseghe, uncini, corazze e tanto altro. Sono veri e propri mostri e quindi la critica che lo inserisce nel filone zombie diviene un po’ debole e ingiusta.
Questo film, dopo tanto tempo di agonia nel panorama horror, ha dato seppur in modo lineare e semplicistico un pretesto per tornare a vedere dei mostri grotteschi in stile anni ’70 e forse se ne sentiva la mancanza.
La regia e il soggetto sono dell’esordiente Richard Raaphorst, che rende il tutto davvero coraggioso e audace.
Il cast non è particolarmente famoso; l’attore protagonista Karel Roden lo si ricorda per la partecipazione al film horror Orphan e per la parte di Occhiodoro in Fantaghirò 2.
Film tutto sommato consigliato, soprattutto per i nostalgici dei film horror con veri e propri mostri grotteschi e insensati, che possono dare quel brivido di oblio.
“Tra il grottesco e l’orrendo non c’è che un passo.”
Arthur Conan Doyle
di Valerio Di Lorenzo
18 gennaio 2015