Confronto generazionale e parità di genere: intervista a Flavia De Gregorio

Abbiamo intervistato Flavia De Gregorio, capogruppo di Azione. Tra i temi affrontati, un focus sulla questione di genere.

Il 3 aprile hai presenziato al convegno “Parità di genere: rivoluzione possibile” in Campidoglio. Uno dei sottotitoli, sottesi, all’evento è stato “Non una questione di genere, ma di esperienza”: dal tuo punto di vista, che cosa significa quest’affermazione?
È un’esperienza difficile. Personalmente ho iniziato molto giovane in un settore, quello politico, in cui c’è una resistenza alle donne che si approcciano a questo genere di lavoro; anche tentando a volte di sminuirle. C’è sempre l’idea di doversi sforzare di più per ottenere qualcosa che l’uomo ottiene faticando meno. Anche dal punto di vista del nome, degli appellativi che si danno: adesso fortunatamente Schlein viene chiamata così e non più “Elly”, o “la Elly”. Io stessa in Campidoglio ho ricevuto l’appellativo della “ragazzetta” e questo ti porta mentalmente a pensare di dover lavorare di più. Come giovane donna mi trovo ad affrontare, oggigiorno, ancora moltissimi pregiudizi ed è complicato.
Allo stesso convegno hai detto: “L’Italia non è un paese per donne. Addirittura la maternità continua a penalizzarle e spesso rappresenta il motivo per l’uscita definitiva dal mondo del lavoro”: cosa serve, secondo te, per infrangere definitivamente questo “soffitto di cristallo”, fermo restando che si tratta di un processo lungo e continuativo?
Secondo me, il primo approccio potrebbe essere quello di favorire le quote rosa. Parlando, all’incontro, della questione riguardante propensione al rischio, le donne, mediamente, hanno più paura rispetto all’uomo. Credo quindi che le quote rosa, in un momento in cui ancora non si ha una percentuale lavorativa uguale, potrebbe portare a riequilibrare il tutto.
In che senso propensione al rischio?
Molte donne si sentono, spesso, inadeguate rispetto al ruolo che ricoprono (o vorrebbero ricoprire). Anche soltanto dal punto di vista economico-finanziario. Bisogna avere il coraggio di dire ad una ragazza che vuole entrare nel mondo del lavoro che anche se non si è perfetti si possono comunque avere tutte le carte in regola per fare bene. E se anche dovessero fallire non deve divenire un dramma. Questo secondo me nelle donne è complesso da tirar fuori e bisognerebbe insistere.
Tra le altre tre relatrici presenti al convegno (Novi, Catizone e De Maria) con quale esperta credi di avere più affinità e con chi invece, ascoltando anche i loro interventi (e conoscendole), ritieni di avere un differente approccio o visione?
La persona con cui mi sono trovata molto affine è sicuramente Andrea Catizone, abbiamo idee molto simili, soprattutto il tema riguardante le libere professioni (essendo lei avvocato) e tutto ciò che tocca anche i diritti civili. Un esempio proprio su questo genere di argomenti che posso portare è stata una votazione di poco tempo fa in aula: si trattava di una mozione di un’avvocata che aveva chiesto il rinvio di udienza a causa di un figlio malato in ospedale e il giudice gli ha risposto che tanto c’era comunque il padre che poteva occuparsi di questa difficoltà: questo esempio specifico ben fotografa una problematica ben più grande e generalizzata. Non credo di poter sentirmi in disaccordo con nessuna, hanno approcciato tre problematiche differenti in modi diversi: De Maria aveva una visione più pragmatica e basata sui dati, Catizone ha fornito un approccio sulle difficoltà del mondo lavorativo, mentre con Simonetta Novi abbiamo vedute proprio simili, provenendo anche dalla medesima forza politica. Posso dire che un elemento che non ci trova affini, comunque, è quello generazionale: ci basiamo su fasce d’età diverse, anche perché, magari, abbiamo vissuto proprio delle esperienze di vita diverse.

Parlando proprio del confronto generazionale: al convegno hai messo un accento sul fatto che il questo sia un tema fondante per il gender gap, soprattutto perché ritieni che le giovani generazioni abbiano un occhio e un orecchio più attento su tali questioni: da cosa lo hai capito? Hai esperienze da raccontarci in merito?
Credo che sia dovuto alla generazione anche prima della mia, in cui è iniziata una maggiore sensibilizzazione anche a livello comunicativo. Tante cose sono cambiate, anche se pensiamo ai modelli degli anni Novanta e Duemila su sessualità liquida, body shaming e ruolo della donna. Oggi anche molte pagine social affrontano a viso aperto queste tematiche: in merito a questo vorrei segnalare due ragazze di Pechino Express (Giorgia Soleri e Federica “Federippi” Fabrizio, ndr.) che sono due influencer-attiviste molto coinvolte riguardo questi argomenti e lo fanno in maniera molto approfondita e non superficiale. A mio avviso si stanno sdoganando molti stereotipi che anche quando ero adolescente erano difficili da abbattere.
Il 1° aprile sei stata al corteo che è partito da Piazza dell’Esquilino ed è arrivato a Piazza del Campidoglio a fianco di Gender X e tutte le persone che stanno attraversando una transizione di genere e subiscono ancora marginalizzazione e discriminazioni. Hai scritto: “No a cittadini di serie B”. Secondo te, quali potrebbero essere delle misure importanti, fondamentali, ma soprattutto pragmatiche che si potrebbero prendere riguardo questo tema?
Sul tema, difficile, della transfobia abbiamo fatto, da poco, anche una riunione in Campidoglio. Finalmente, e solo così, si può prendere coscienza delle difficoltà che implica questo tema. Credo serva un accompagno fin dai momenti di vita scolastica, della vicinanza dei genitori per tutti i ragazzi che stanno affrontando la disforia di genere, ossia il cambio di identità sessuale. Questo è molto importante: già per gli adolescenti è un periodo complesso, spesso si va contro tanta discriminazione e incomprensione poiché notiamo una forte resistenza. Faremo in futuro molti altri eventi riguardanti questi argomenti: se vogliamo si può creare una cittadinanza unica, normalizzando la situazione. C’è dietro una problematica di stampo culturale e si può risolvere applicando varie prassi, anche dentro le istituzioni. Sul tema della disforia di genere, ad esempio, potrebbe aiutare l’avere, magari, degli sportelli di ascolto.
Con un governo di questo genere è più complicato far manovre di questo tipo?
Purtroppo sì. Abbiamo notato un forte passo indietro sui diritti civili.
Dove hai visto questo “ritorno indietro”?
L’ho vissuto in veste di consigliera comunale, in quanto il Sindaco ha preso la trascrizione delle donne che hanno figli, andando contro l’indirizzo del Governo. Perciò da questo punto di vista, pur se rovesciato.
Un altro passo indietro, in generale, lo si è vissuto con la tragedia di Cutro, con un decreto legge che ritengo sia stata una presa in giro per i cittadini. Subito dopo, quello che si è voluto creare è stato il voler creare un argomento divisivo nell’opinione pubblica, andando a minare le idee delle persone più fragili e i bambini. Le trascrizioni vanno a minare quello che è il diritto dell’infanzia. Sono scesa in piazza con le famiglie arcobaleno proprio su queste tematiche e trovo che sia veramente qualcosa di indecente e utilizzato soltanto quando un governo è in difficoltà, smarcandosi, ad esempio, da altri problemi: penso, alla maniera migliore di investire i fondi del PNRR.
Il Fatto Quotidiano ha parlato di “mina in seno al PD” quando ha scritto del rapporto tra Elly Schlein e il termovalorizzatore: quali pensi possano essere i motivi del perché sia così restia a prendere una posizione ben precisa. Credi che i vantaggi di questo processo siano superiori agli svantaggi di cui si è parlato (quindi, ad esempio, il loro mancato essere totalmente ad impatto 0)?
I vantaggi superano gli svantaggi, soprattutto perché chiude ciò che è il ciclo dei rifiuti. Roma in questo momento è in piena emergenza su questo punto di vista e noi paghiamo annualmente milioni di euro per portarli all’estero e già questo è un enorme svantaggio. La città continua ad essere molto sporca, avendo anche varie discariche abusive (ad esempio quella situata in zona Borghesiana) in cui ci sono effluvi piuttosto velenosi. Riguardo la Schlein ho trovato abbastanza strano che lei dicesse che abbia ereditato la decisione, quindi smarcandosi dalla vera e propria decisione netta. Hanno comunque votato no a quello che era l’ordine del giorno del Movimento 5 Stelle, ma mi pare bizzarro che ci sia una maggioranza in cui Sinistra e Verdi siano a sostegno di Gualtieri (che più di tutti vuole il termovalorizzatore), Azione che è stata l’unica a inserirlo nel programma elettorale e dall’altra parte votano un ordine del giorno, paradossalmente, per sfiduciarlo. Questa maggioranza zoppa un po’ mi preoccupa, ma bisogna fare una netta resistenza affinché Roma possa tornare ad avere una pulizia degna del nome della città che rappresenta.
Ho letto un tweet di Lorenzo Pregliasco (YouTrend) che ha detto: “Andrebbe riconosciuto che l’unico “terzo polo” elettoralmente e politicamente rilevante negli ultimi vent’anni è stato… il Movimento 5 Stelle.” Come pensi di rispondere a questa affermazione?
Credo che in realtà il terzo polo sia legato ad una scelta politica chiara di non andare verso i populismi, mentre il PD sembra essersi spostato verso più posizioni “estremiste”. Manca la parte riformista e il terzo polo credo rappresenti questo intento. Non avere tanto una visione ideologica, ma quanto più pragmatica.
Hai timore che questo forte riformismo del PD, che questa strada più estremista possa rappresentare una preoccupazione per Azione?
Io credo che il PD abbia un’identità ancora da definirsi e devono farlo mediante delle scelte. Noi faremo le nostre proposte e sarebbe bello, su determinati temi, incontrarsi creando un dialogo costruttivo, ad esempio sul salario minimo e sulla sanità. Ben vengano le diverse anime, ma sulla base di questo bisogna costruire un dialogo che possa andare veramente a proporre qualcosa ai cittadini. Quello che veramente mi preoccupa di più è l’astensionismo: più si va avanti nel tempo, meno c’è gente che va a votare.
Come mai pensi ci sia così tanto astensionismo e quale potrebbe essere una misura pragmatica per combatterlo?
La politica è diventata più un’accusa l’uno con l’altro. Ritengo, piuttosto, che debba avere effettivamente un risvolto che possa affrontare i veri problemi delle persone.
Una misura che mi sento di consigliare potrebbe essere quella di migliorare e legarsi estremamente al rapporto con il territorio: ho fatto il consigliere municipale per cinque anni, adesso sono consigliere comunale e ho notato, credo, che ci debba essere un percorso che abbia il suo punto d’inizio sul territorio, avendo contatto diretto con i cittadini, in maniera quotidiana, formandoti anche su come ci si rapporta con le istituzioni, creando e stimolando bisogni e volontà.