Una vita controcorrente, a tu per tu con Stenio Solinas

Ciao Stenio e bentornato su 2duerighe, più che i complimenti che sono d’obbligo, vorrei ringraziare sia te che Bietti per aver ridato luce a “Compagni di solitudine” con questa nuova edizione.
Nelle pagine iniziali affermi “l’essere soli è un destino, più che una scelta o una condanna”, aggiungi poi che gli eroi di Pèrez-Reverte scelgono di esser soli perché della loro società contemporanea non sanno che farsene. Quel tipo di solitudine, a mio modestissimo parere, è stato uno dei tuoi punti di forza; ad oggi, tirando le somme, ti senti di dire che è così? Qual è l’insegnamento più grande che ti hanno lasciato questi anni di “solitudine”?
Mah, non saprei dire se è un punto di forza e non invece di debolezza…Posso dire solo che fa parte della mia natura, è consona al mio modo diessere. Non mi aspetto molto dagli altri, so che debbo cavarmela da solo e quindi… Ho fatto “squadra” o “banda a parte”; con qualcuno soltanto due volte nella mia vita, tralasciando quando giochicchiavo a pallone…Una al tempo dei vent’anni, allorché con un gruppo di amici diedi vita a un movimento culturale, di idee e di pensiero, che si chiamava Nuova Destra…Un’altra, ma molti anni dopo, quando sempre con un gruppo di amici ho partecipato alla rinascita di una casa editrice che si chiamava Sette colori… Ho avuto soddisfazioni e amarezze da entrambe, ma il bilancio nell’insieme è positivo. Non credo che ce ne sarà una terza, se non altro per limiti d’età. Sono, come si dice, a fine corsa.
“Certi libri servono a farti sentire meno solo”, la tua educazione intellettuale cita pilastri della cultura “trasversale” di una certa epoca, qualora dovessi inserire un titolo di un libro di più recente uscita quale menzioneresti e perché?
Mi accorgo di avere idee al passato remoto, e questo vale anche per i libri. Naturalmente, ci sono anche autori contemporanei, tu hai citato Pérez -Reverte, potrei aggiungere Jean Jacques Langendorf, o Alain de Benoist o Gabriel Matzneff…Ma si tratta d eccezioni. Non credo all’attualità, letteraria o meno, mi piace di più l’inattualità, che è poi una certa forma di classicità o, se vuoi, di eternità.
La lettura come rifugio da una società che non piace o che sta stretta, oltre i libri dove hai trovato la forza di rimanere fedele al tuo pensiero e di rifiutare l’omologazione rinunciando magari ad una carriera più semplice? Guardandoti indietro, ne è valsa la pena Stenio?
Diceva un personaggio della Condition humaine di Malraux: “On fait toujours la meme chose”. Ci si ripete, insomma, anche quando ci si evolve. Rimangono delle caratteristiche fondamentali, che qui e là si possono ritoccare, ma l’impronta è quella. Senza fare inutili manifestazioni di indipendenza e/o di vittimismo, ho in fondo cercato di fare quello che volevo e, in quest’ottica, pagato il prezzo che mi veniva chiesto. Le scelte non sono mai gratis.
In Italia si legge male. Non sei mai stato un personaggio che gira intorno alle cose, la stoccatina, come tu stesso scrivi, è a Baricco e Tabucchi, non credo sia una questione di stile di scrittura ma di una diversa visione, cosa ti ha fatto storcere il naso su questi due autori?
Francamente non ricordo mie stilettate a Tabucchi, se non probabilmente per la sua lettura distorta di Pessoa, scrittore molto più complesso del santino democratico che da essa veniva fuori…Quanto a Baricco, immagino che ti riferisca a quel suo libro sulla Rete che è, come dire, un libro furbo e al passo con i tempi, l’accettazione di un’idea di progresso superficiale e un po’ vanagloriosa…Bada bene, si tratta comunque di due scrittori più che rispettabili, anche se di quel genere, specie Baricco, che si potrebbe definire “piacione”…Non sono la mia tazza di tè, tutto qui. C’è quel bel giudizio ironico quanto riassuntivo di Flaiano: “Non l’ho letto e non mi piace”. Lo faccio mio.
Capitolo su Cèline: “si muore per la causa…e si vive per gli ideali”, ad oggi è difficile trovare ideali per le nuove generazioni, la colpa di un tracollo del genere a chi va imputata?
Céline è vissuto per scrivere ed è sopravvissuto, letteralmente, a sé stesso per lo stesso motivo. Era un creatore di mondi e voleva che questo gli fosse riconosciuto. Quanto agli ideali, che dirti? Siamo in un’epoca di decadenza e insieme di opulenza, un Occidente stanco che ancora si illude di essere l’ombelico del mondo. Non avendo la sfera di cristallo, non so quale futuro ci attende e mantenersi fedeli all’immagine che si ha di sé stessi, a come si vorrebbe essere ricordati, è già un bell’impegno esistenziale.
Com’è e perché è nata l’idea di ripubblicare “Compagni di solitudine”?
Il merito è di Tommaso Piccone, che è l’anima della Bietti. È un libro a cui teneva ed è sua anche l’idea di una introduzione ad hoc, che si è poi trasformata in un vero e proprio nuovo capitolo, nonché dell’appendice con le recensioni più importanti uscite all’epoca. Confesso che per anni mi sono baloccato con l’idea che venisse riproposto da un editore di peso e che ci potessi guadagnare sopra qualcosa…Poi questo “utilitarismo” mi è sembrato, come dire, un po’ straccione e me ne sono vergognato. Io con i soldi ho uno strano rapporto: se li ho li spendo, se non li ho ne faccio ameno, ma non ne vado in cerca…Comunque non sarebbe stato certo “Compagni di solitudine” a mettere ordine nelle mie finanze e poi per Bietti, che è un editore piccolo per dimensioni, ma non per i contenuti che propone, avevo già scritto un libro, Gli ultimi Mohicani, e mi ero trovato bene. Inoltre, Piccone mi invita spesso a pranzo in un ristorante romano vicino alla sede della casa editrice dove si mangia bene e si beve meglio.
Ultima domanda prima dei saluti, puoi tornare indietro nel tempo per pochi minuti, un consiglio sul futuro che daresti ad uno Stenio di 20 anni con tutta una carriera ancora da scrivere.
Sposare una ragazza, possibilmente bella, ma sicuramente ricca e vivere di rendita leggendo e viaggiando.
Grazie Stenio per il tempo dedicatoci e in bocca al lupo per i futuri progetti.