Stati Uniti: lo Utah torna a ricorrere al plotone d’esecuzione
Di Fronte alla carenza di prodotti necessari per l’iniezione letale, lo Stato dello Utah ha deciso di ricorrere al plotone d’esecuzione. L’ultimo condannato a morte con questa pratica risale la 2010
UTAH – Ritorno al passato per lo Utah. Undici anni dopo il divieto assoluto del plotone d’esecuzione, il governatore dello Stato ha firmato un decreto che permette il ricorso a questo metodo al fine di esercitare la pena capitale ai condannati a morte. Il governatore Gary R.Herbert, ha precisato che l’iniezione letale rimaneva ancorata al passato e ai primi metodi utilizzati, ma lo Stato deve affrontare la carenza dei prodotti utilizzati. «Preferiamo utilizzare l’iniezione letale in presenza di una condanna a morte. Tuttavia, quando una giuria prende la decisione e un giudice firma la condanna, esercitare la decisione diventa l’obbligo dell’esecutivo», ha precisato Marty Carpenter, portavoce del governatore.
Lo Utah aveva vietato la fucilazione nel 2004, ma altri condannati a morte sono stati sottoposti a questo metodo brutale. L’ultimo fu Ronnie Gardner nel 2010, era il terzo prigioniero ucciso nello Stato dal reinserimento della pena di morte datata 1976. Un anno dopo, e nel 1996, altri due condannati furono vittime della stessa sorte.
Questa scelta estrema è stata compiuta dal governatore per contrastare la carenza dei prodotti chimici sfruttati ordinariamente, prodotti che hanno subito un blocco nelle consegne in ragione del loro utilizzo finale. Prodotti sostitutivi, sono stati impiegati nell’esecuzione di Joseph Rudolph Wood, condannato a morte per il duplice omicidio commesso nel 1989, ha sofferto per 1H40 prima che i prodotti facessero effetto quando la sua esecuzione avrebbe dovuto durare soltanto 10 minuti, l’uomo è praticamente morto in apnea.
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— The New York Times (@nytimes) 24 Marzo 2015
Lo scorso aprile, una doppia esecuzione ha dovuto essere annullata per la sofferenza manifestata da un precedente condannato a morte. Mentre i prodotti venivano iniettati al primo condannato, Clayton Lockett, ebbe una reazione violentissima costringendo le autorità ad interrompere l’esecuzione. «Era orribile da vedere», dichiarò il suo avvocato David Autry, citato da Fox News. Per tre minuti, l’uomo si è dimenato sul tavolo dell’esecuzione. Per la prima volta, l’Oklahoma utilizzò un protocollo in tre fasi: Fase 1: l’iniezione di un sedativo seguito dalla paralisi, il midazolam. Fase 2: il bromuro di vecuronium. Fase 3: il cloruro di potassio per fermare il cuore. Tuttavia, il punto scelto per l’iniezione non si dimostrò efficace provocando l’agonia del condannato. L’esecuzione fu interrotta dopo 20 minuti. Calyton Lockett subì 40 minuti di patimenti.
Lo Utah non è il primo Stato a tornare indietro nel tempo nel campo delle esecuzioni dei condannati a morte. La scorsa estate, il Tennesse, reintrodusse il ricorso alla sedia elettrica. L’ultimo condannato a sedersi su quella sedia fu Daryl Holton, ucciso nel 2007. Le autorità riferirono che non soffrì se non per qualche leggera bruciatura alla testa e alla gambe mentre il volto non presentava deformazioni, come nel caso di altri detenuti.
La pena di morte resta uno dei grandi problemi della giustizia americana ed è costantemente fonte di dibattiti. Dal plotone d’esecuzione, alla camera a gas o alla sedia elettrica è ancora possibile che un laboratorio possa mettere a punto nuovi composti per l’iniezione letale. Nel 2014, 35 condannati sono stati uccisi negli Stati Uniti, dei quali 10 nello Stato del Missouri e altrettanti nel Texas.
Di Manuel Giannantonio
(Twitter@ManuManuelg85)
24 Marzo 2015