Pena di morte: si procede verso il suo annullamento?
Circa 778 condannati sono stati giustiziati nel mondo solo nel 2013, se escludiamo la Cina che non fornisce cifre sul caso, contro i 682 nel 2012, secondo il bilancio redatto da Amnesty International che attribuisce questo aumento all’Iran e all’Iraq.
Queste statistiche che non tengono conto delle vittime del regime di Teheran, costituiscono una verità destabilizzante, come sostenuto diverse volte da Audrey Gaughran, direttrice degli Affari internazionali per Amnesty International.
“La nostra stima totale esclude la Cina dove migliaia di persone vengono uccise ogni anno ma dove la pena di morte è un segreto di Stato”, ha dichiarato analizzando il rapporto annuale dell’associazione dei diritti dell’uomo sulla pena capitale.
Secondo nella classifica, l’Iran (almeno 369 esecuzioni nel 2013), seguito dall’Iraq (169) mentre L’Arabia Saudita è al quarto posto (79), e precede gli Stati Uniti d’America (39) e la Somalia (34).
“Un piccolo numero di questi paesi hanno commesso parte delle esecuzioni finanziati dalla Stato”, commenta il segretario di Amnesty, Salil Shetty. Le esecuzioni capitali nel mondo sono riprese lo scorso anno in Indonesia, in Kuwait, in Nigeria e in Vietnam.
“Constatiamo da oltre vent’anni un abbassamento regolare del numero di paesi che ricorrono alla pena di morte”, ha dichiarato un portavoce di Amnesty International.
I metodi usati nel mondo comportano la sedia elettrica, la decapitazione, l’impiccagione, l’iniezione letale e il plotone di esecuzione mentre alcune pene capitali restano pubbliche come in nella Corea del Nord, in Arabia Saudita e in Somalia e in Iran, dove Balhal Abdullah, che aveva già il cappio al collo ed era arrivato al patibolo gridando e piangendo, è stato salvato dalla madre della vittima. Quest’ultima togliendoli la corda dal collo, gli ha detto di aver sognato il figlio che gli avrebbe detto di non cercare vendetta. Il ragazzo sconterà la sua pena in detenzione.
Esistono anche casi in cui la pena è applicata per crimini che non hanno comportato nessun decesso, come il furto, il traffico di droga o di atti che non dovrebbero essere considerati criminali come l’adulterio e la blasfemia. Tuttavia, l’evoluzione verso la cancellazione di questa pratica sta progredendo verso traguardi che possiamo considerare positivi. Oggi, sono 160 i paesi che hanno deciso di abolirla per legge mentre i paesi che continuano a ricorrere alla pena capitale sono 38. Sono tutti stati illiberali e retti da un sovrani autoritari. Effettivamente, sono paesi in cui il principio della democrazia fatica ad affermarsi così come lo Stato di diritto e dei diritti umani. Questo gesto potrebbe essere il segnale di un possibile cambiamento?
Il fattore preoccupante che emerge nell’ambito planetario della pena di morte è l’inversione di tendenza verificatesi nei paesi fondati sulla democrazia liberale come la Cina. Questo paese infatti ridotto il numero delle esecuzioni ma altri Stati come Giappone, Indonesia, e India hanno re-iniziato a ricorrere alla pena di morte.
L’altro grande paese coinvolto in questo fenomeno è l’America. Gli Stati Uniti, paese incontrastato nelle contraddizioni, resta un paese in cui la pena capitale rimane la punizione giudiziaria per eccellenza di molti crimini. Alcuni paesi europei hanno decretato un’interruzione dei trasferimenti delle sostanze usate per le iniezioni letali dopo l’esecuzione di un detenuto la scorsa settimana, che a causa della rottura di una vena, ha affrontato una morte lenta e atroce.
Sostanzialmente, possiamo concludere dicendo che certamente in più paesi la pena di morte non viene applicata ma d’altra parte dobbiamo constatare che il procedimento verso la sua abolizione, anche nelle democrazie occidentali, al netto dell’attuale situazione mondiale, resta senz’altro ancora molto lungo e probabilmente richiede ancora qualche decennio.
di Manuel Giannantonio
(Twitter@ManuManuelg85)
5 Maggio 2014