30 milioni di bambine vittime di mutilazioni genitali nei prossimi 10 anni
Il numero di mutilazioni genitali femminili nel mondo tende a diminuire lentamente ma trenta milioni di bambine rischiano di essere ancora vittime nella prossima decade. Secondo un rapporto dell’Unicef, pubblicato in occasione della giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, giovedì 6 febbraio, queste pratiche continuano e riguardano più di 125 milioni di donne e bambine.
Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite dedicata all’infanzia e alla famiglia, queste mutilazioni sono strettamente legate ad alcuni gruppi etnici. “Le norme sociali e le attese nei pressi di alcune comunità giocano un ruolo importante nella perpetuazione di questi usi”, stima il loro rapporto. L’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione che richiede a tutti i governi del pianeta la messa al bando di queste pratiche.
Per combattere ciò che appare come una norma sociale, l’Unicef sprona l’impiego di comunità, politiche, religiosi e medici. Khalidou Sy, dell’ONG Tostan, racconta come in Senegal più di 5 800 comunità senegalesi si sono impegnate in dichiarazioni pubbliche di abbandono di queste pratiche, attraverso il concorso “donne leader. La sua organizzazione interviene anche sfruttando i social media tradizionali, per sensibilizzare il piano a livello nazionale.
In Egitto, l’Università d’Al-Azhar del Cairo e della comunità religiosa lavorano insieme per rispondere alle domande sollevate dai religiosi, i genitori ma anche per le persone che lavorano nel settore delle mutilazioni.
Philippe Duhamel, responsabile dell’Unicef in Egitto ha dichiarato: “Abbiamo sollecitato le autorità religiose e abbiamo realizzato una pubblicazione con loro evidenziando che non ci sono motivazioni religiose per queste pratiche e che deve essere condannata senza equivoci”.
Oltre alla pubblicazione di questo testo importante, saranno organizzati degli importanti gruppi di discussione nel paese. “Non si tratta di diffondere il nostro testo ma di convincere. L’Unicef e i rappresentati dell’Università che hanno una referenza nell’islam sunnita, saranno presenti nei gruppi intorno ai responsabili religiosi locali”.
La base reale per risolvere questa situazione è radicata nella capacità di mobilitare i responsabili locali e di convincerli. “Sottomettere queste pratiche all’esame del grande pubblico, in maniera rispettosa, potrebbe suscitare dei cambiamenti nella comunità”, ribadisce l’Unicef nel suo rapporto del 2013. Tuttavia, per quanto apprezzabili, questi sforzi e questo modus operandi, occorre certamente andare oltre ai cambiamenti individuali e integrare le comunità nel loro insieme.
Manuel Giannantonio
(Twitter @ManuManuelg85)
06 Febbraio 2014