Stati Uniti: accesa protesta diplomatica per l’esecuzione di un messicano condannato a morte
Questo condannato a morte di 46 anni è stato ucciso dallo Stato del Texas che ha così violato il diritto internazionale nonostante le pressioni del governo federale Americano.
Dopo 20 anni nel braccio della morte, un messicano di 46 anni è stato ucciso mercoledì in Texas dopo il fallimento dei suoi ricorsi. Questa esecuzione pertanto si è verificata nella violazione dei diritti internazionali, nonostante l’opposizione del governo federale americano e la condanna del Messico.
Edgar Tamayo Arias, non ha potuto beneficiare durante il suo processo dei suoi diritti consolari, il suo caso è stato oggetto di un’accesa mobilitazione dell’organizzazione dei diritti dell’uomo. Amnesty International ha denunciato una “violazione vergognosa del diritto internazionale”.
Nel frattempo, il governo messicano riaffermava il proprio rifiuto per l’esecuzione di Arias, e Washington metteva sotto pressione lo Stato del Texas. Il segretario di Stato John Kerry ha chiesto una tregua a governatore dello Stato del Texas Rick Perry. Kerry ha insistito sull’”obbligo degli Stati Uniti nei riguardi del diritto internazionale” e sulle ripercussioni inevitabili per tutti gli Americani detenuti all’estero.
Tuttavia i tentativi di John Kerry sono stati vani. Il portavoce del governatore, Lucy Nashed ha dichiarato che “poco importa da dove si viene se si commette un crimine nello Stato del Texas”. Queste decisioni spettano allo Stato ha deplorato Roberta Jacobson, segretaria di Stato aggiunto per l’America latina.
Edgar Tamayo Arias è stato condannato a morte nel 1994 a Houston in Texas per l’omicidio di un poliziotto. Condannato per infermità mentale e parlando appena l’inglese al momento dell’arresto, l’uomo avrebbe beneficiato dell’assistenza del consolato messicano durante il suo processo. Una simile assistenza è prevista dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari firmata dagli Stati Uniti nel 1963.
Gli avvocati di Edgar Tamayo ne sono convinti: se il loro cliente aveva all’epoca ricevuto questa assistenza “non sarebbe mai stato condannato a morte”. Il loro ricorso in Texas non ha trovato nessuna risposta. In preda alla disperazione gli avvocati si sono rivolti alla Corte Suprema degli Stati Uniti
chiedendo la sospensione dell’esecuzione per permettere una revisione del caso.
La più alta autorità Americana si è divisa sulla questione: i tre giudici progressisti avrebbero accordato una revisione per analizzare la violazione della Convenzione di Vienna ma i nove giudici si sono pronunciati contro questa decisione su raccomandazione del giudice conservatore Antonin Scalia incaricato dei dossier legati al Texas.
La questione rischia di assumere una notevole importanza poiché è prevista l’esecuzione di un altro messicano con la stessa violazione prevista per il prossimo 9 aprile in Texas. Secondo uno studio pubblicato dal Centro d’informazioni sulla pena capitale, su 143 uomini di 37 nazionalità straniere attualmente detenuti nel braccio della morte americano, solo sei di loro sono stati informati dei loro diritti consolari.
Manuel Giannantonio
(Twitter @ManuManuelg85)
23 gennaio 2014