Stati Uniti: paese in rivolta per il caso Trayvon Martin
L’America è indignata per l’esito della sentenza nei confronti di George Zimmerman dichiarato non colpevole per l’omicidio del giovane Trayvon Martin, un adolescente afro-americano di 17 anni ucciso nel febbraio del 2012 mentre rientrava a casa. George Zimmerman ha dichiarato di essersi semplicemente difeso e aver agito quindi per legittima difesa. La giuria della corte del tribunale di Sanford in Florida gli ha dato ragione, scatenando la furia del popolo americano che ha manifestato in molte città.
“Cosa vogliamo? La giustizia!”, “Niente giustizia niente pace”, “Stop ai profili razziali”, questi gli slogan ripetuti dai manifestanti che hanno invaso Time Square a New York e sfilato per le strade di Manhattan per esprimere la loro delusione. Collera, frustrazione e disperazione i sentimenti espressi apertamente dai contestatari. “Sfortunatamente non siamo sorpresi da questo verdetto, viviamo in un sistema in cui la violenza e la sicurezza si confondono e gli Americani stimano che essere in sicurezza significhi uscire con la propria arma e sparare per primi”, hanno dichiarato alcuni manifestanti intervistati dalla CNN.
Delle manifestazioni si sono svolte in una cinquantina di città americane, all’appello del Comitato di organizzazioni per Trayvon Martin insieme a alcune associazioni per la difesa dei diritti civili. A New York, la polizia ha circondato scrupolosamente il corteo, manganelli alla mano, ma non sono intervenuti mantenendo il tono pacifico dell’accesa protesta. Prima riuniti a Union Square, luogo simbolico delle riunioni pacifiche, la folla ha urlato “Agitazione! Organizzazione!”, “Non ne possiamo più”, alzando i pugni al cielo.
In testa al corteo, Kameron, 22 anni, fa parte di un piccolo gruppo tra la folla che chiama tutti a rallentare. “Mi identifico completamente con Trayvon Martin. Sono giovane, vado all’Università e non ne posso più di questi stereotipi di giovani neri sempre colpevoli e perseguiti”, ha dichiarato la giovane ragazza stanca di una mentalità troppo spesso razzista aggiungendo: “Dobbiamo essere coscienti di quel che succede in questo paese. Un Presidente nero non basta per risolvere questi problemi”.
Le manifestazioni si sono succedute in molte città ma la più caotica è stata certamente Auckland, dove ci sono stati anche alcuni feriti. Il Presidente Obama è intervenuto sulla questione dichiarando: “Dobbiamo chiederci se ci stiamo comportando per evitare altre tragedie”, esortando i manifestanti a non ricorrere alla violenza onde evitare complicazioni.
La stampa americana giudica senza sorpresa il verdetto di questa tragedia Americana. Il Washington Post rileva che “un processo parallelo è sembrato avere luogo fuori dal tribunale con dibattiti senza fine sulle televisioni via cavo e su internet alimentati dalla copertura in diretta del processo, che hanno trasformato milioni di Americani in giudici, armati dalla conoscenza di ogni dettaglio del caso (…). Il quotidiano USA Today giudica questa storia come l’ennesimo episodio tragicamente famigliare della morte di un adolescente nero sullo sfondo di un razzismo implacabile e dilagante. Il New Yorker classifica la sentenza come la parte più triste di questo caso.
Il popolo americano ovviamente protesta anche molto attivamente in rete e i giudizi impietosi nei confronti del tribunale di Sanfod sono migliaia. Twitter è letteralmente invaso da Tweet pieni di collera, frustrazione e disperazione per un caso che ancora una volta dimostra quanto l’America sia profondamente divisa da un diffuso razzismo spesso mascherato.
Manuel Giannantonio
(Twitter @ManuManuelg85)
(Blog: http://postmanuelg85.blogspot.it)
15 luglio 2013