EGITTO: Morsi rifiuta l’utimatum, diversi ministri lo abbandonano

La profonda crisi politica in cui è immerso l’Egitto prosegue intensamente. Martedì mattina, la presidenza ha rifiutato l’ultimatum dell’esercito che aveva concesso 48 ore a Mohamed Morsi per soddisfare le richieste del popolo.
Affermando in un semplice comunicato che “l’Egitto non permetterà assolutamente nessun ritorno indietro qualsiasi siano le circostanze”, Mohamed Morsi si pone come garante della “riconciliazione nazionale” e della “pace sociale”.
Quello che i suoi detrattori chiamano la “pecora”, castigando la sua dipendenza dai Fratelli musulmani, è sempre più isolato alla guida del paese. Nella mattinata, il ministro degli Esteri Mohammed Kamel Amr, uno dei più importanti membri del governo, ha dato le sue dimissioni, portando a cinque il numero di ministri disertori da lunedì. In questa situazione caotica, diversi portavoce della presidenza e del governo hanno annunciato la loro partenza.
L’aggravarsi di questa situazione ha portato il Presidente Obama a chiamare il suo omologo egiziano per comunicargli la sua inquietudine. Il Presidente Americano, secondo un comunicato della Casa Bianca, “ha evidenziato che la democrazia non si limita alle elezioni. Si tratta anche di fare in modo che le voci di tutto l’Egitto e degli egiziani siano ascoltate e rappresentate dal loro governo, compreso i numerosi egiziani che manifestano attraverso il paese”.
La tensione nel paese resta viva dunque dopo il messaggio di lunedì mandato in onda dalla televisione nazionale tramite il commando militare. Il messaggio annunciava che: “Se le rivendicazioni del popolo non vengono soddisfatte durante questo periodo, le forze armate annunceranno delle misure per soddisfare tali condizioni”.
La settimana scorsa, l’esercito ha già dichiarato che non lascerà il paese “immerso in un tunnel oscuro di conflitti e dubbi”. I militari hanno già preso le redini dell’esecutivo con un controverso governo ad interim che ha causato la caduta del Presidente Hosni Mubarak nel febbraio del 2011 e l’elezione di Mohamed Morsi nel giugno del 2012.
Martedì l’opposizione tramite un comunicato del Fronte di saluto nazionale (FSN, principale coalizione dell’opposizione) ha affermato che non sosterrà nessun colpo di Stato militare, sottolineando che l’ultimatum lanciato dall’esercito non significa che i militari vogliono giocare un ruolo politico.
Lunedì, dopo l’annuncio dell’esercito, decine di migliaia di manifestanti entusiasti hanno sfilato per le strade del Cairo, Alessandria e altre grande città del paese. “L’esercito si è schierato con il popolo”, ha dichiarato un portavoce del movimento Tamarrod (ribellione in arabo).
Domenica, almeno 16 persone sono state uccise in tutto il paese durante le manifestazioni. Dopo aver raccolto 22 milioni di firme per una petizione nata per cacciare Morsi dal potere accusato di deriva autoritaria e di aver concesso ai Fratelli musulmani la possibilità di mettere le mani sul potere del paese, Tamarrod ha dato a Morsi fino a 17 ore per dimettersi. In caso di rifiuto, il movimento ha annunciato “una campagna di disobbedienza civile totale”. Questa volta Morsi sembra davvero avere poche possibilità.
Manuel Giannantonio
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2 luglio 2013