Turchia: i manifestanti sfidano il governo
I manifestanti aumentano la pressione. Centinaia di persone occupano ancora piazza Taksim a Istanbul, presidiata dalla polizia dopo due giorni di violenze e scontri che sono destinate a proseguire. La contestazione è sostanzialmente concentrata nei confronti del primo ministro Erdogan. Qualche ora dopo aver ritirato le autorità si sono immediatamente verificati ulteriori intensi episodi di violenza da parte dei manifestanti indirizzati verso gli uffici del capo di governo, tanto ad Ankara quanto a Istanbul.
Nella capitale turca, la polizia ha disperso delle granate lacrimogene e aperto l’acqua sulla folla con l’ausilio di potenti idranti. Milioni di persone continuavano tuttavia a cantare slogan particolarmente ostili verso Erdogan. Queste violenze hanno provocato 5 feriti tra le forze dell’ordine e alcuni manifestanti sono stati interpellati, secondo quanto riferito dall’agenzia locale Anatolie. Il sindacato dei medici di Ankara ha indicato che 414 civili sono stati feriti sabato durante gli incidenti avvenuti nella capitale, dieci di loro soffrono di gravi ferite. Simili incidenti si sono prodotti nei dintorni degli uffici del primo ministro, nel quartiere di Besiktas.
Come chiaro segno della volontà dei manifestanti di sfidare Erdogan, delle barricate restano ancora innalzate in tutte le strade che conducono in piazza Taksim. Queste barricate sono strutturate da macchine, autobus municipali rovesciati, e quanto necessario.
Questa contestazione popolare è senz’altro riconducibile a quanto accaduto recentemente in piazza Tahrir in Egitto e chiaramente anche all’insieme di movimenti che hanno dato il via al fenomeno della Primavera Araba. Il partito islamico-conservatore di Erdogan è al potere dal 2002 e ha vissuto momenti estremamente difficili nelle ultime ore. Il primo ministro ha ceduto di fronte all’ondata di critiche che hanno espressamente denunciato la violenza della repressione, a cominciare dalle organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo turca e straniera. Amnesty International ha evocato la morte di due persone insieme ad altre atroci realtà. Queste cifre tuttavia non sembrano essere state confermate da fonti ufficiali. Il ministro degli Interni, Muammar Guler, ha citato sabato alcune cifre parlando di 79 feriti, 53 civili e 26 poliziotti.
Resta evidente la brutalità degli interventi delle forze dell’ordine. Il capo di Stato Abdullah Gul ha giudicato “inquietante” il livello del confronto. Il vice primo ministro Bulent Arinc invece ha stimato che “invece di lanciare lacrimogeni sulla gente le autorità avrebbero dovuto convincerli che le loro inquietudini fossero condivise”.
di Manuel Giannantonio
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2 giugno 2013