L’Unione Europea in Asia e Africa contro Trump
Juncker, Tusk e Tajani mostrano al mondo il soft power dell’Unione Europea durante le loro visite in Asia e Africa. L’UE si confronta con le sfide del commercio e dell’immigrazione con un approccio ben diverso dalle politiche di Trump
Pochi giorni fa due delle più grandi potenze economiche del mondo si sono incontrate. Non nel summit tra Trump e Putin in Finlandia ma in Asia. A Pechino era in corso il ventesimo summit tra Unione Europea e Cina.
All’incontro hanno partecipato il Presidente della Commissione europea Juncker e il Presidente del Consiglio Tusk. Insieme ai vertici cinesi Li Kequiang e Xi Jinping hanno concordato una maggiore apertura dei rispettivi mercati per evitare conflitti commerciali. Si tratta di un chiaro segnale per Trump che si è inimicato Bruxelles e Pechino con la guerra commerciale sui dazi di acciaio e alluminio. L’accordo tra Cina ed Unione Europea prevede anche una collaborazione per riformare le regole del WTO, l’Organizzazione Internazionale del Commercio.
Dopo la Cina è stata la volta del Giappone. Juncker e Tusk, stavolta insieme al premier nipponico Shinzo Abe, hanno siglato un trattato di libero scambio di portata gigantesca. Bruxelles e Tokyo cancelleranno quasi totalmente i dazi di importazione delle merci sui rispettivi mercati. Tra i principali settori coinvolti ci saranno quello automobilistico, dei trasporti e l’agroalimentare. Sul sito della Commissione Europea si legge che “questo nuovo trattato manderà un segnale potente al resto del mondo: due grandi economie resistono al protezionismo e dimostrano che l’apertura del commercio rimane uno dei migliori strumenti per modellare la globalizzazione”. Il riferimento implicito è per l’amministrazione Trump e le sue politiche aggressive contrarie ad un approccio globale multilaterale.
Nei giorni scorsi il Presidente del Parlamento Europeo Tajani è stato in visita in Niger. Il Paese africano negli ultimi due anni ha ridotto drasticamente il numero di emigrati da oltre 300mila a circa 10mila. Tajani si è poi mostrato favorevole a “promuovere gli investimenti nel Paese per fornire risposte concrete all’immigrazione”. Un approccio che prevede la cooperazione del G5 del Sahel (Niger, Ciad, Mali, Burkina Faso e Mauritania) con l’Unione Europea.
In Asia e in Africa l’Unione Europea ha dimostrato, con le sue massime cariche, di saper proporre una visione globale differente da quella di Washington.