La recensione di Il piacere dell’onestà
C’è tempo ancora fino al 22 di aprile per correre al Quirino e vedere Il piacere dell’onestà, testo di Luigi Pirandello per la regia di Liliana Cavani.
Un ritorno quantomai gradito quello della regista emiliana, che dopo aver portato sullo stesso palcoscenico Eduardo De Filippo con Filumena Marturano, propone una commedia pirandelliana per eccellenza, un palese esempio della lotta contro la cristallizzazione imposta dal mondo borghese che l’autore siciliano portò avanti per tutta la sua vita.
A vestire i panni del protagonista è direttamente il direttore artistico del Teatro, Geppy Gleijeses (Liolà con Luigi Squarzina, Il giuoco delle parti con Egisto Marcucci, L’uomo la bestia e la virtù con Giuseppe Dipasquale), impegnato a dar vita ad un Angelo Baldovino che è parente stretto del Vitangelo Moscarda di Uno, nessuno e centomila o del Mattia Pascal che improvvisamente si finge morto per sfuggire alla mediocrità della propria esistenza.
Rispetto a quei personaggi però, Angelo non cerca di sfuggire al proprio mondo, rivelandosi affetto da quella improvvisa lucidità che colpiva di notte il Belluca di Il treno ha fischiato, e dunque combattendo la gabbia in cui è imprigionato con la sola forza che gli è data, appunto, dal piacere dell’onestà.
Angelo è persona vanesia, a tratti infantile. Riesce però nell’intento di corrodere la pseudorispettabilità del demi monde in cui si ritrova incastrato, esibendo una trasparenza ostinata, una logica da spaccare il capello in quattro. Così, il finto matrimonio che ha dovuto accettare per salvaguardare la rispettabilità del marchese Fabio Colli (Leandro Amato) diventa l’occasione per svelare il gioco delle parti, per scombussolare gli equilibri che tenevano in piedi un mondo fatto d’apparenze.
Liliana Cavani mantiene vivo questo aspetto, proponendo una commedia che – seppur proposta al pubblico in un atto unico – mantiene netta la divisione in tre della sinossi, alternando gli accadimenti in ambienti sì distinti, ma che rimandano sempre a quel teatro borghese di fine Ottocento che Pirandello per primo inizierà a scardinare.
A suo modo dunque Il piacere dell’onestà è un testo che tutt’oggi mantiene toni d’avanguardia, soprattutto se lo si legge in relazione ad un tempo – quello contemporaneo – in cui l’immagine assume sempre più il ruolo di depositaria assoluta della verità, facendo dell’uomo un animale che è sempre più forma e sempre meno vita.
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Teatro Quirino presenta
Il piacere dell’onestà
di Luigi Pirandello
regia di Liliana Cavani
con Geppy Gleijeses, Vanessa Gravina, Tatiana Winteler, Leandro Amato
scene Leila Fteita
costumi Lina Nerli Taviani
musiche Teho Teardo
luci Gigi Ascione
assistente alla regia Marina Bianchi