Kuciak, stretta su ‘ndrangheta, politica e imprenditoria locale

Le indagini sull’omicidio avvenuto in Slovacchia del giovane reporter Jan Kuciak e della sua fidanzata Martina Kusnirova sembra essere sempre più legato all’attività del giornalista nello spiegare i legami tra ‘ndrangheta, imprenditori locali e politici. La giovane coppia è stata rinvenuta assassinata nel mattino di lunedì 26 febbraio presso la loro abitazione nella cittadina di Velka Mača, a circa 65 chilometri a est di Bratislava. La polizia era intervenuta dopo una chiamata da parte di alcuni membri della famiglia del giornalista preoccupati per le diverse chiamate non risposte nel corso del weekend precedente al ritrovamento.

Tra le giornate di giovedì 1 e venerdì 2 marzo la polizia slovacca ha effettuato una decina di arresti nei quali figurano sette italiani originari della Calabria e tutti sospettati di essere legati alla ‘ndrangheta. Tra le figure arrestate spicca il nome di Antonino Vadalà insieme ai fratelli Bruno e Sebastiano ed al cugino Pietro Catroppa. Il nome di Antonino Vadalà era infatti comparso a più riprese nell’articolo pubblicato da Kuciak (qui) dove il giornalista metteva in luce i legami tra ‘ndrangheta, imprenditoria locale e politici fino ai più alti livelli. Proprio per questo le indagini della polizia si sono orientate in questo senso, ovvero che il giovane reporter sia stato assassinato per i suoi articoli di denuncia verso il sistema affaristico mafioso mentre la sua fidanzata si sarebbe trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato. Tempo fa la DDA di Reggio Calabria aveva segnalato alle autorità slovacche che sul suo territorio si trovavano persone legate alla ‘ndrangheta mascherate da imprenditori e che soprattutto su Antonino Vadalà pendeva una condanna di un anno e mezzo per favoreggiamento nei confronti del boss Mico Ventura, ricercato per omicidio. In seguito a questa condanna, emessa nel 2003, Vadalà prese il volo e si rifugiò in Slovacchia dove iniziò a tessere una rete di contatti allo scopo di entrare in possesso dei fondi europei da utilizzare per il riciclaggio di attività illecite da reinvestire nel settore dell’agricoltura, delle energie rinnovabili e del settore immobiliare.
Nella sua rete di contatti, sarebbe stata fondamentale la figura di Maria Troskova, ex assistente nientepopodimeno che del primo ministro slovacco Robert Fico. La giovane ex modella entrò in affari con Vadalà nel 2011 quando i due fondarono la GIA Management ma la Troskova lasciò l’azienda un anno dopo per diventare assistente del deputato Viliam Jasan, membro del partito Smer al quale la giovane sarebbe stata raccomandata proprio da Vadalà. In seguito, nel 2015 Maria Troskova passò alla mansione di assistente del primo ministro, portandosi con se poco tempo dopo proprio Jasan, il quale venne nominato segretario del consiglio di sicurezza. Il consiglio di sicurezza è l’organo che supervisiona i servizi segreti slovacchi, dando la possibilità quindi a Jasan di avere accesso ad informazioni segretissime fino al più alto livello e ad assumere poteri determinanti in caso di guerra. Il fatto che un politico in possesso di responsabilità così grandi sia legato ad un imprenditore condannato in Italia per il favoreggiamento di un boss ricercato per omicidio è un fatto gravissimo ed inaudito nella storia della Repubblica Slovacca ed il fatto che sia Jasan che la Troskova si siano dimessi è proprio il minimo in tutta questa vicenda. Un altro legame importantissimo in questa vicenda è quello dello stesso Vadalà con il partito Smer, attuale partito di centro-sinistra al governo in Slovacchia. Infatti l’imprenditore calabrese aveva più volte fatto campagna elettorale per il partito mediante i social network, dando segni di apprezzamento verso il premier Robert Fico, definendo lo Smer “il nostro partito” e sostenendo pubblicamente alcuni candidati in alcune elezioni locali come ad esempio nella regione di Kosice.
Un aneddoto allarmante sulle figure dei Vadalà, raccontato proprio da Kuciak in virtù delle sue possibilità di accesso a documenti giudiziari, riguarda un caso di estorsione risalente al 2013. Un giorno alcuni operai di un’azienda a Trebisov trovarono una borsa appesa alla recinzione contenente fiammiferi, dieci proiettili e un bouquet di fiori da funerale tenuto insieme da un foglio di giornale con la scritta Jerad, una versione scritta male del nome Gerhard, capo dell’azienda minacciata. Il signor Gerhard non denunciò il fatto fino a quando uno dei suoi dipendenti che lavorava su un trattore in un campo fu minacciato di omicidio insieme a chiunque lavorasse per quell’azienda da Sebastiano Vadalà, il quale secondo il procuratore Peter Prokopovic avrebbe anche mimato un gesto di taglio della gola. Dopo due anni di indagini Sebastiano Vadalà fu accusato di estorsione dalle autorità slovacche e come prova avrebbe dovuto essere utilizzata una telecamera di sicurezza che aveva ripreso in diretta le minacce. Tuttavia Sebastiano Vadalà fu scagionato per insufficienza di prove poiché egli si appoggiò su due testimoni che dichiararono che il giorno delle minacce lui non era a Trebisov ma insieme a loro a Michalovce. L’azienda minacciata sarebbe stata presa di mira poiché in possesso di alcuni terreni sui quali gli ‘ndranghetisti volevano mettere le mani per i propri affari. Nella giornata di oggi invece i sette italiani arrestati tra cui i Vadalà sono stati rilasciati dalla polizia slovacca per la scadenza dei termini di custodia cautelare in carcere, 48 ore, e per la mancanza di elementi probatori su cui costruire un accusa formale.
Ma perché le mafie hanno scelto anche i paesi esteuropei ed in particolare la Slovacchia? Innanzitutto stiamo parlando di un paese in forte crescita economica dove moltissime aziende stanno trasferendo le loro fabbriche dati i forti incentivi governativi e il basso costo del lavoro rispetto ad altri. Tra loro possiamo elencare Embraco, il gruppo francese PSA (Peugeot-Citroen) e i coreani di Kia ma potremmo elencarne molti altri. Le organizzazioni mafiose scelgono quindi questi paesi poiché si tratta di nazioni in forte crescita economica e perciò con notevoli possibilità di stabilire attività ed esercizi la cui utilità è quella ripulire i soldi sporchi e poiché, come ricordato da Roberto Saviano e dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, gli strumenti giudiziari di contrasto all’attività mafiosa sono minimi.
L’omicidio della coppia ha suscitato un’ondata di sdegno in tutto il paese, dove la maggior parte delle persone non conosce le caratteristiche del fenomeno mafioso e dove mai, nell’intera storia della Repubblica Slovacca, un giornalista era stato assassinato per i suoi articoli. Negli ultimi giorni hanno avuto luogo diverse manifestazioni di piazza a Bratislava ed in altre città slovacche per chiedere giustizia per le due vittime e l’espulsione della mafia dallo paese. Le indagini intanto proseguono e la tenuta del governo in seguito ad eventuali sviluppi non è affatto garantita.