India: una turista svizzera vittima di uno stupro collettivo
In India dove la collera per la morte di una studentessa stuprata a Nuova Delhi lo scorso dicembre non è ancora stata assorbita, un nuovo terribile episodio rivela di nuovo al mondo il livello allarmante di aggressioni sessuali nel paese. Il 15 marzo sotto gli occhi del marito impotente, una turista svizzera di quarant’anni è stata vittima di uno stupro collettivo come dichiarato dalla polizia del Madhya Pradesh, lo Stato dell’India in cui è avvenuta l’aggressione.
Lungo il percorso che conduce al maestoso Taj Mahal situato nord dell’India, la coppia di turisti ha deciso di fermarsi nei pressi di un villaggio del Madhya Pradesh dove dovevano passare la notte in tenda. Nella serata i due Occidentali circolavano in bicicletta, quando sette uomini li hanno attaccati. L’uomo è stato immediatamente attaccato e colpito per poi violentare la donna come dichiarato dall’ufficiale Afzal, successivamente si sono dati alla fuga non prima però di averli privati dei cellulari e di 10.000 rupie, circa 180 euro.
La vittima dello stupro è stata ospedalizzata, a circa 340 km da Bhopal la capitale dello Stato. Non sono state comunicate però le condizioni di salute della donna sennonché sia cosciente e che ha potuto raccontare il suo calvario che evoca molti precedenti. Nel 2003, una svizzera di 36 anni fu rapita in un parcheggio di Nuova Delhi, la capitale federale indiana, e stuprata da due uomini che non sono stati mai processati.
Di recente, precisamente il 16 dicembre, in un autobus della stessa città, lo stupro collettivo di una studentessa di 23 anni ha suscitato un’ondata di indignazione nel pase in cui si verificarono manifestazioni di migliaia di persone. Il paese però è stato accusato molte volte di lasciar correre e di non agire contro gli stupratori, i presunti aggressori sono comunque comparsi a diverse riprese di fronte alla giustizia che potrebbe condannarli a morte. Lunedì scorso uno dei principali imputati, l’autista dell’autobus, è stato ritrovato impiccato all’interno della cella del penitenziario in cui si trovava in attesa di giudizio. Le circostanze del decesso restano tuttavia oscure, ma le autorità penitenziarie assicurano che si tratta di un suicidio. Il ministro degli Interni ha invece riconosciuto e ammesso l’esistenza di una vera e propria falla nel dispositivo di sorveglianza della struttura, in cui il detenuto ha rischiato diverse volte di essere linciato.
Manuel Giannantonio
16 marzo 2013