Kurdistan siriano: tra la guerra all’Isis e un modello sociale innovativo.

Nel mosaico della guerra che coinvolge la Siria da anni, sono emerse svariate fazioni: mentre tutti conoscono sicuramente il famigerato ISIS e molti sono a conoscenza dell’esercito governativo guidato da Assad da una parte e la coalizione molto variegata contro il presidente siriano dall’altra, vi è una quarta parte che molti ignorano: il Rojava, striscia di terra nell’estremo nord dello stato siriano abitata in maggior parte da kurdi ma anche da minoranze di altre etnie.
Il Kurdistan è la più grande “nazione senza stato” al mondo ed è diviso tra stato turco, siriano, iraniano e iracheno ed ogni parte ha le sue caratteristiche: mentre in Iraq i kurdi sono strettamente alleati con gli Usa e questi ultimi appoggiano la nascita di uno stato indipendente, in Turchia vi è uno dei movimenti comunisti più forti al mondo chiamato PKK, con a capo il famoso Abdullah Ocalan che in realtà ha smesso di portare avanti le idee marxiste-leniniste per approdare su altri lidi [1], dagli inizi degli anni duemila, quando ha abbracciato le teorie del filosofo-politico Bookchin circa l’ecologismo, il federalismo e il municipalismo.
Per Ocalan, è necessario il rifiuto dello stato-nazione che ormai nel ventunesimo secolo “ è il più serio ostacolo a ogni sviluppo sociale. La burocrazia civile e militare mira alla preservazione del suo potere creando una sovrastruttura immutabile, che nei sistemi democratici viene eletta e scelta tra gruppi politici di diverso colore ma che hanno come unico e ultimo obiettivo il perpetuarsi del sistema “[2].
Il superamento avverrebbe tramite l’affermazione di un federalismo radicale, che vede la formazione di cantoni e municipi confederati: è essenzialmente la riproposizione delle idee di Emiliano Zapata, che vedeva necessario per emancipare il popolo del Chiapas dal centralismo di Città del Messico e della sua classe politica la strutturazione di un paese federale ( Estados Unidos Mexicanos, ancora oggi rimasto solo nella forma) e la riorganizzazione della terra tramite i pueblos, municipi autonomi politicamente e fiscalmente, che avrebbero tolto ogni privilegio ai proprietari terrieri. La difficoltà di portare avanti questa tematica nel Kurdistan turco, ancora troppo legato all’ideologia comunista, ha fatto si che queste idee varcassero la frontiera e venissero applicate in Rojava, dove i kurdi vivono insieme alle minoranze etniche degli assiri e degli yazidi.
L’inizio di questo esperimento sociale, è stato subito messo in discussione dalla guerra civile in Siria, che ha solo parzialmente coinvolto il Rojava data la sua posizione geografica ma che poi ha visto mettere a dura prova i suoi 4 milioni di abitanti per via della nascita dell’ ISIS, che ha tentato di invadere il territorio kurdo per poi essere scacciato dopo un anno di durissimi combattimenti. Questo non ha frenato però il percorso sociale del Rojava, che in questi ultimi due anni ha consolidato la sua struttura costituita dai cantoni di Afrin Kobane e Jazira a cui si è aggiunto ultimamente quello Gri Spi.[3] All’interno, ogni cantone è a sua volta una federazione di municipi, in cui ogni minoranza ha scuole autonome, dove viene insegnata come prima lingua quella autoctona ed esiste solo una fiscalità di base legata alle strutture municipali.
Il punto di forza del Rojava consiste nel fatto che tutto il popolo è in armi seguendo il modello zapatista e non esiste un esercito statale ( rifiutando appunto la forma politica statale), vi è quindi un subcomandante maschile e uno femminile per quella che viene chiamata milizia di autodifesa popolare, che si è contraddistinta per aver guidato la resistenza all’ ISIS ed aver avuto una collaborazione sia con l’esercito di Assad ad Hassake che con i ribelli anti-Assad a Talabyad seguendo il modello del federalismo libertario, che prevede buoni rapporti con tutti fino a prova contraria ma alleanze con nessuno ( isolazionismo politico).
Il Rojava, inoltre, si è dotato di una costituzione,[4] in cui afferma di essere “un modello federale e di decentramento amministrativo per la Siria”, non mirando quindi all’indipendenza politica come le altre zone kurde ma volendo sancire la sua autonomia da ogni potere statale qualunque esso sia.
Questo ultimo aspetto ha causato un muro contro muro con i peshmerga, che sono rappresentanti del kurdistan iracheno ed ultimamente una quasi chiusura dei rapporti tra le due fazioni, [5] riaperti parzialmente solo in occasione dei funerali di alcuni combattenti.
La riuscita del federalismo municipale, della lotta di giustizia sociale e del rifiuto dello stato-nazione ovviamente non è certa ma in Rojava si sono poste le basi per delle idee che sicuramente avranno spazio nel ventunesimo secolo.
1 http://www.retekurdistan.it/2015/01/oltre-ai-baffi-cosa-avevano-in-comune-bookchin-e-ocalan-lo-spiega-janeth-biel/
2 http://libertarianation.org/2014/09/18/rojava-curda-un-paradiso-libertario/
3 http://kurdistanskyscrapers.com/topic/9031514/570/
4 http://www.uikionlus.com/carta-del-contratto-sociale-del-rojava-siria/
5 http://aranews.net/2015/10/pyd-leader-no-peshmerga-in-rojava-we-have-a-roadmap-for-solution-in-syria/
Dario Berardi
27 novembre 2015