Boko Haram attacca la città di Damaturu con lancio di bombe. Popolazione in fuga nella boscaglia
NIGERIA — Boko Haram impera e detta terrore nel nord-est della Nigeria. Sembra proprio ci sia la pesante mano di questo gruppo terrorista jihadista nell’attacco alla città di Damaturu. Bombe e colpi di arma da fuoco contrastati dall’esercito. Colpita la stazione di Polizia della città; le esplosioni e gli incendi hanno spinto gli abitanti ad abbandonare le proprie case alla ricerca di un rifugio sicuro. Tra gli obiettivi anche la Yobe State University, con gli studenti in fuga nella boscaglia per sopravvivere alla violenza sanguinaria di Boko Haram.
Nessuno è al sicuro nella marcia contro la peccaminosa «educazione occidentale»: sgozzano, incendiano, rapiscono chiunque sia contrario al loro progetto di morte. Sono passati pochi giorni dal massacro nella Grande Moschea a Kano ostile a Boko Haram che è costato la vita a centoventi persone e il ferimento di duecentosettanta; bombe e spari su centinaia di fedeli, la preghiera del venerdì appena cominciata e due kamikaze a farsi esplodere con a seguire raffiche dei Kalashnikov per decimare chi inerme tenta di scappare o nascondersi. Morti e feriti con numeri da carneficina che si aggiungono, strage dopo strage, al lungo elenco macchiato di sangue. Proprio da questa moschea la settimana prima l’emiro Sanusi Lamido Sanusi, uno dei dignitari musulmani più influenti in Nigeria, aveva preso posizione verso questa organizzazione integralista ed estremista che attacca indiscriminatamente villaggi, scuole, chiese, moschee, caserme, edifici governativi, mercati e stazioni di autobus, uccidendo tutti, «giovani, donne, vecchi e bambini», che «rapisce ragazze per renderle schiave». Aveva anche rivolto un appello alla popolazione: «Voi dovete essere forti, dovete capire che è necessario difendersi da soli. Non dovete aspettare che siano i soldati a proteggervi».
Un odio fanatico che si sta impadronendo di questa zona dell’Africa ormai nel caos perché il nemico è strisciante e continuo, nessuno è al riparo o al sicuro da una ferocia primitiva che mannaia, si muove al buio e senza criterio per seminare il panico e l’odio in una terra dove le religioni prima convivevano pacificamente. Ora questa setta integralista soffoca ogni cosa cercando di imporre il suo integralismo a chiunque, non solo Cristiani ma anche musulmani moderati. Il Vescovo Oliver Dashe Doeme, che continua a rifiutare la scorta perché «come faccio ad andare nelle città, nei villaggi a dire alla gente di resistere, pregare, avere fiducia nel futuro se mi presento con dieci soldati ed un pick up blindato?», sostiene che «è un fatto di povertà e mancanza di cultura: che cosa vuole dire Boko Haram? Vuole dire che la cultura è peccato, perché la cultura rende liberi, e loro vogliono che i giovani crescano nell’ignoranza, così sono manovrabili». Un terrore che quasi non si può raccontare e spiegare, disumano, che si presenta per ammazzare di casa in casa, con l’esercito che molte volte arriva quando tutto è finito. Il rischio grande è che tutto questo porti all’impotenza e alla rassegnazione che sia normale vivere così perché «da vivi non facciamo notizia» ma «da morti facciamo vendere i giornali, la gente vede i nostri corpi in TV e aspetta qualche secondo prima di cambiare canale. Ormai se moriamo solo in due o tre interessiamo sempre meno. Per fare audience dobbiamo morire in dieci o venti. Di stranieri di solito uno». Infine una disperata richiesta che sa di preghiera, di chi inerme vive ogni giorno in questa quotidiana follia: «Non lasciateci soli, parlate di noi».
Paola Mattavelli
01 dicembre 2014