Tibet: Atti di disperazione o di speranza?

Da alcune settimane, molte problematiche sono state segnalate nella regione vicina a Sichuan e nel Tibet. Molti manifestanti tibetani sarebbero stati abbattuti dalla polizia cinese mentre le immolazioni dei monaci tibetani continuano. Perché perseverare con queste azioni ? Dopo alcuni giorni i tibetani sembrano tornati alla carica con azioni che sembrano disperate. L’anno scorso 16 monaci si sono infuocati per protestare contro il dominio cinese nel Tibet dagli anni 1950, almeno sette manifestazioni sono state registrate nel mese di gennaio nelle zone tibetane della Cina in cui almeno due persone hanno perso la vita secondo Human Rights Watch.
Si tratta di avvenimenti sostanzialmente classificati come i più tragici dopo quelli del 2008 in territorio tibetano. Le forze dell’ordine cinesi hanno controllato le manifestazione con l’uso della violenza e proceduto a centinaia di arresti. Pechino intanto accusa il Dalai Lama di essere finanziato e sostenuto da governi occidentali e da alcuni media che secondo loro, avrebbero dei piani contro la Cina. Gli Stati Uniti si sono già detti “molto preoccupati” mentre il governo tibetano esiliato in India preme sulla comunità internazionale all’intervento per impedire un nuovo bagno di sangue. Per ora poche le informazioni che filtrano dato il black-out imposto sul sistema di comunicazione dal regime cinese. I media cinesi e la stampa nazionale accusano il Dalai lama di tradimento alla sua religione e rimproverano alla stampa internazionale di manipolare i fatti. L’intransigenza e la repressione cinese in Tibet dunque sembra aver inasprito le posizioni dopo sessant’anni anni di occupazione. Tuttavia l’interpretazione delle immolazioni ai monaci così come le manifestazioni non è certamente la stessa per tutti così come per Katia Buffertille, ricercatrice e specialista del Tibet.” Non penso che possiamo interpretare questi atti come dei sacrifici eseguiti da religiosi che esprimono in questa maniera la loro volontà per un migliore avvenire tibetano. E l’unico modo effettivo che hanno a disposizione per esprimere il loro stato d’anima. Evidenziano e marcano così il loro totale rigetto della politica cinese in Tibet. E un modo di attirare l’attenzione su quanto accade ma anche una maniera per testimoniare al mondo intero la loro determinazione. Quanto alle rivendicazioni sono chiare: indipendenza del Tibet e ritorno del Dalai Lama. Contrariamente a quanto si può sentire i monaci non intendono tornare al sistema teocratico. Ammettere che i monaci non sono stati gli artefici del progresso non è certamente sbagliato ma rappresentano comunque un istituzione religiosa in grado di condurre alla modernizzazione”.
Manuel Giannantonio
3 febbraio 2012