Egitto, processo Mubarak: il Pm chiede la pena di morte

A quasi un anno dalla caduta del suo regime, l’ex presidente dell’Egitto Hosni Mubarak, sta affrontando il processo (ripreso il 2 gennaio) che lo vede accusato per incitamento all’omicidio di manifestanti durante le rivolte della Primavera araba. La corte d’assise del Cairo ha chiesto per lui la pena di morte.
In caso di condanna sarà accusato per lo stesso reato anche l’ex ministro dell’interno Habib El Adli e altri sei alti responsabili della polizia.
L’ex presidente, ormai 83enne, è accusato di non aver evitato la decisione di Habil El Adli di uccidere i manifestanti che a partire dal 25 gennaio 2011 stavano manifestando contro il suo governo. Decisione che costò la morte di 850 persone durante le varie manifestazione che si svolsero contro di lui.
Il governo cadde quindi quasi un anno fa, dopo 30 anni di potere, da quel giorno Mubarak è detenuto nel ospedale militare in attesa che il processo volga al termine. Quest’oggi è stato portato nell’aula del tribunale (al Cairo) in barella, come potete vedere nella foto, in quanto le sue condizioni di salute non sono le migliori.
Ricordiamo che inoltre sia l’ex ministro dell’interno, sia Mubarak sono accusati di corruzione (così come i suoi due figli Alaa e Gamal) e Hussein Salem, uomo d’affari fuggito in Spagna.
In aula il procuratore Suleiman ha affermato: “L’accusa ha confermato che Mubarak, Adli (ex ministro dell’Interno, ndr) e sei alti responsabili della sicurezza hanno contribuito e incitato a sparare contro la folla di manifestanti.”
Suleiman non ha ancora formulato le sue richieste, ma dalle sue parole ben si capisce quali saranno, ieri ad esempio, sempre in aula aveva affermato che Mubarak è: “tiranno che ha cercato di passare il potere al figlio Gamal. Ha diffuso la corruzione, aperto le porte ai suoi amici e ai suoi parenti, e ha rovinato il Paese senza rendere conto a nessuno”.
L’accusa di non aver evitato la decisione del ministro dell’interno di uccidere i manifestanti ricorda molto un altro processo, quello a Eichmann, dirigente delle SS che si limitò, senza pensare alle conseguenze, a portare migliaia di ebrei nei campi di concentramento; è vero il modus è differente, ma il risultato è lo stesso. Siamo ancora una volta difronte alla banalità del male.
di Enrico Ferdinandi
4 gennaio 2012