Siria, Sarkozy: Assad lasci, sua repressione è disgustosa
Continua l’emergenza repressione in Siria dove il “lavoro” degli osservatori della Lega Araba fin ora sembra aver dato pochi risultati. Oggi anche il presidente francese Nicolas Sarkozy si è espresso sulla questione siriana nel corso di una visita alla scuola navale di Lanveoc-Poulmic, dure le sue parole. Una richiesta esplicita, quella di Sarkozy che chiede a al presidente siriano, Bashar al-Assad, di dimettersi.
Quelli da lui commessi, sono per il presidente francese, massacri che suscitano: “disgusto e repulsione”, il popolo siriano dovrebbe aver la possibilità di “scegliere liberamente il proprio destino”.
Sarkozy ha esortato la comunità internazionale ad “affrontare le sue responsabilità” imponendo sanzioni più dure ed agevolando gli aiuti umanitari.
Anche il ministro degli esteri francese si è definito scettico negli scorsi giorni sul lavoro svolto fin ora dagli osservatori della Lega Araba, ed aveva chiesto di chiarire quali siano le condizioni sotto cui svolgono la loro missione in Siria. Condizioni che secondo l’opposizione siriana sono fin troppo chiare: far apparire il regime di Assad come garante dei diritti dei cittadini siriani e calmare la tensione internazionale che sta crescendo sempre di più.
Intanto anche oggi sono continuati gli scontri. Oggi uno dei principali gasdotti del paese che rifornisce le città di Homs e Rastan è scoppiato, il governo imputa tale avvenimento ai terroristi, gli attivisti affermano che è stata opera delle forze di Assad. Sta di fatto che questo attacco va a minare l’equilibrio di due tra le principali città anti-regime. Rastan e Homs sono difatti le capitali delle proteste contro il regime di Damasco, resta dunque improbabile che tale azione sia stata fatta da terroristi o dagli attivisti, il regime di Assad ancora una volta continua a portare avanti la sua condotta repressiva, “disgustosa”, senza che gli osservatori riferiscano nulla e senza che gli altri stati intervengano per porre fine una volta per tutte alle violenze che da dieci mesi stanno dilaniando questa nazione.
di Enrico Ferdinandi
3 gennaio 2012