Guerre civili: chi comanda le atrocità?
Chi conduce le guerre? Ultranazionalisi israeliani, islamisti palestinesi o Egiziani, iracheni e Turchi? Questi sono gli attori principali di un grande gioco omicida che sembra destinato a procrastinarsi.
A Gaza sono due i fronti che si mescolano l’uno con l’altro: il primo è quello militare, il secondo quello diplomatico. Sul territorio Hamas e Israele combattono una guerra violentissima in cui le vittime vengono sepolte durante gli scontri.
Agli attacchi incessanti delle sue località di frontiera, lo Stato ebraico ha prima risposto agli attacchi aerei contro i bastioni islamici a Gaza, mentre le fazioni palestinesi si estendevano da Tel Aviv passando per Gerusalemme fino a Gaza. Sul piano politico, le cose sono ulteriormente complicate. Il gioco di potere e di influenze continua a dominare il teatro della guerra in cui gli innocenti perdono la vita.
Circa 5 milioni di Israeliani vivono quotidianamente nell’angoscia dell’allarme anti missili. Questo situazione di terrore ha permesso a Benjamin Netanyahu di beneficiare del sostegno da parte dell’opinione pubblica ma nel frattempo, il ministro israeliano ha visto la decapitazione del movimento islamico palestinese in seguito alle pressioni esercitate dall’ala destra.
“Colpire Hamas non basta, occorre sradicare il terrorismo a Gaza”, ha dichiarato Avigdor Lieberman, il capo della diplomazia israeliana. Giudicando inefficace l’azione del governo, si è impegnato il 7 luglio, di rompere l’alleanza elettorale che, nel gennaio del 2013, aveva condotto il suo partito ultra nazionalista alla vittoria elettorale.
Le ambizioni di Lieberman hanno provocato la paura all’interno della coalizione. Da prima esitante, la sicurezza israeliana ha finito per approvare un’incursione terrestre nella Striscia di Gaza, ordinando il richiamo di 66 000 uomini per appoggiare le truppe.
Dopo aver stabilito una zona tampone all’interno del territorio di Gazaoui, l’invasione nel nord di Gaza è iniziata e lì vi sono concentrate una grande parte delle capacità militari di Hamas, tra i quali spiccano i tunnel sfruttati dagli Hezbollah per l’infiltrazione di uomini nel sud di Israele.
L’offensiva si è presto trasformata in una guerriglia urbana, distruttrice e omicida, provocando ben presto la morte di oltre 120 000 palestinesi. Evocata da Hamas a non abbandonare il paese, la popolazione è rimasta vittima dei bombardamenti e degli scontri. In una quindicina di giorni, l’offensiva a Gaza ha ucciso oltre 800 persone, ferendone oltre 4000. Quanto all’esercito israeliano, le sue perdite sono state le più pesanti mai registrate dopo la guerra del Libano: 30 morti.
Dal lato palestinese, questa crisi segna il risveglio di una delle branche di Hamas, dopo che l’organizzazione ha assicurato la gestione della Striscia di Gaza e dei suoi 1,8 milioni di abitanti. Hamas, già isolato nel panorama politico internazionale, teme per la propria sopravvivenza. Gode dell’appoggio dell’ala dura del movimento, specialmente di Khaled Mechaal, che ha trovato rifugio in Qatar dopo lo scoppio della guerra civile in Siria. Quest’uomo è un interlocutore chiave. Fa valere le rivendicazioni della sua organizzazione, incontra Mahmoud Abbas, il Presidente palestinese. Tenta di negoziare con l’Egitto in vista di una tregua. Le relazioni tra il movimento islamico e il potere egiziano, incarnato da Abdel Fattah al-sissi, sono delicate.
La causa di queste problematiche è la repressione dei Fratelli musulmani, di cui Hamas è il simbolo palestinese. Il rais egiziano inoltre, lo accusa di avere largamente contribuito alla destabilizzazione del Sinai, in preda all’insurrezione della Jihad. Le brigate di Ezzeddine al-Qassam, situate a Gaza, assicurano di non essere state coinvolte e consultate. Ecco dunque che Mechaal introduce altri componenti di questo gioco: il Qatar e la Turchia, favorevoli alle opinioni di Hamas.
E gli Americani? L’amministrazione Obama, evidentemente scottata dal fallimento del progetto di pace, sembra essere lontana dai giorni in cui ricopriva un ruolo di primaria importanza nell’attuale crisi di Gaza. Ad oggi, Washington ha promesso di trasferire 47 milioni di dollari di aiuti umanitari ai civili di Gaza, prime vittime del conflitto tra Israele e Hamas. Il segretario di Stato John Kerry, ha moltiplicato i suoi impegni al Cairo, spostandosi anche a Gerusalemme per incontrare il segretario generale dell’ONU, Ban Ki Moon, prima dell’appuntamento con il presidente palestinese.
.
Di Manuel Giannantonio
(Twitter@ManuManuelg85)
11 Agosto 2014