Siria: l’ONU accusa per la prima volta il regime di crimini contro l’umanità

Il commissario dei diritti dell’uomo dell’ONU, Navi Pillay, accusa per la prima volta il regime di Bashar al Assad di crimini contro l’umanità. Il conflitto dura dal 2011 e ha provocato la morte di circa 126 000 persone.
L’alto commissario dell’ONU per i diritti dell’uomo ha indicato per la prima volta prove che testimoniano “una responsabilità” del Presidente Assad nei crimini contro l’umanità commessi in Siria, dove il conflitto ha generato la morte di circa 126 000 persone.
Nel frattempo, alcuni ribelli siriani, tra i quali alcuni componenti della Jihad, hanno dato vita a una nuova tattica inedita per impossessarsi della città di Moula: lanciare pneumatici imbottiti di esplosivi direttamente sui loro avversari.
L’alto commissario dell’ONU per i diritti dell’uomo, Navi Pillay, ha indicato a Ginevra che la Commissione d’inchiesta sulla Siria del Consiglio dei diritti dell’uomo “ha prodotto enormi quantità di prove (…) sui crimini di guerra e contro l’umanità” aggiungendo: “le prove indicano una responsabilità di alto livello del governo, compresi i capi di Stato”.
La commissione ha come obiettivo quello di indagare su tutte le violazioni dei diritti dell’uomo dal mese di marzo del 2011, data di inizio della rivolta siriana e di identificare i colpevoli alfine di poterli processare.
Nel suo ultimo rapporto pubblicato a settembre la Commissione ha accusato il regime di crimini contro l’umanità e crimini di guerra ma non ha mai fornito dati circa gli altri responsabili del regime né menzionando direttamente i capi di Stato. Navi Pillay ha evidenziato di desiderare un’inchiesta nazionale o internazionale credibile.
Il conflitto siriano ha avuto inizio nel marzo del 2011 in seguito a una rivolta popolare trasformatasi in insurrezione armata di fronte alla repressione sanguinosa condotta dal regime.
Le violenze hanno causato la morte di circa 126 000 persone in quasi tre anni, secondo un nuovo bilancio stabilito dall’Osservatorio siriano dei diritti dell’Uomo (HRW). Il 35% dei morti sono civili cioè 44 381 di cui 6627 bambini e 4454 donne e il 65% dei combattenti. I decessi nei ranghi delle forze del regime (50 927) sono il doppio di quelle dei ribelli (27 746), secondo questo organismo che si appoggia a una fonte militare avvalendosi anche del sostegno di fonti mediche.
Mentre le violenze si susseguono senza cedimenti, un milione di Siriani almeno non hanno la possibilità di nutrirsi regolarmente, gli scontri ostacolano la distribuzione alimentare, come denunciato dalla Federazione internazionale della Croce Rossa (FICR). Evocando “un enorme crisi umanitaria” la FICR si è detta preoccupata dell’arrivo dell’inverno.
Secondo una fonte dei servizi di sicurezza, i ribelli, tra i quali alcuni jihadisti, hanno guidato l’assalto nella città di Sana, entrando in un convento ortodosso di Mar Taklaa, dove si trovano 40 religiosi e orfani.
Il ministero degli Esteri Siriano ha inviato una lettera al segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon e al Consiglio di sicurezza, nella quale accusa i ribelli di “saccheggiare delle chiese” nella città ed evoca la comunità internazionale a prendere provvedimenti immediati.
Per quanto concerne la distruzione dell’Arsenale chimico siriano, la coordinatrice della missione congiunta tra l’ONU e l’Organizzazione per il divieto delle armi chimiche (OIAC), Sigrid Kaag, ha assicurato che la parte “più complessa” deve ancora arrivare “nonostante i progressi significativi (…) effettuati”. Dagli Stati Uniti invece il Pentagono ha iniziato una collaborazione per poter distruggere una parte di questo arsenale, secondo quanto riferito da un portavoce.
di Manuel Giannantonio
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3 dicembre 2013