Stati Uniti: la Silicon Valley vuole divorziare

Il Nord del Colorado e della California, l’ovest del Maryland, il sud dell’Arizona, una parte del Michigan o del Texas, la Silicon Valley… Se i movimenti secessionisti hanno segnato la storia degli Stati Uniti d’America, ora si sono moltiplicati dopo l’arrivo al potere di Barack Obama e la radicalizzazione dei due campi. La maggior parte proviene da contee rurali e conservatrici che vogliono liberarsi dal “gioco” democratico (tranne la Pima County che vuole liberarsi dalla maggioranza conservatrice dello Stato).
Durante le elezioni locali del 5 novembre, gli abitanti di undici contee del Colorado si sono pronunciati con un referendum su una proposta di secessione chiamata “iniziativa del 51° Stato”. Quasi il 45% dei votanti sono stati favorevoli ai tentativi che hanno poche chances di andare in porto poiché serve l’accordo con il Congresso Americano e il Senato. L’ultima secessione, quella del Maine, che si è separato dal Massachussetts, ha avuto luogo nel … 1820. Poco importa. Rivendicare la secessione è un segno simbolico, un mezzo di creare pressione sulle politiche locali.
Nella Silicon Valley, al contrario, si mira più in alto. Lo scorso ottobre durante una conferenza organizzata a San Francisco un insegnante universitario della Stanford University e imprenditore di successo Balaji S. Srinivasan, ha fatto scalpore spronando per l’indipendenza della Silicon Valley. “Gli Stati Uniti sono diventati la Microsoft delle nazioni: obsoleta e surclassata”, ha dichiarato di fronte a un parterre di 1 700 persone. “Quando un’impresa invecchia, non si riforma, si lascia per creare la propria. Perché non fare la stessa cosa con l’America?”, ha continuato prima di compattare l’industria delle alte tecnologie.
Secondo lui, gli Stati Uniti sono gestiti da un “codice” – la Costituzione – vecchia di 230 anni che si è recentemente “schiantata” alludendo chiaramente allo Shutdown che ha paralizzato una parte dello Stato Federale per due settimane. “L’unica maniera per la Silicon Valley di realizzare pienamente il suo potenziale è quello della secessione”, ha concluso. Qualche mese prima fu Larry Page, cofondatore di Google, che invocava la necessità di essere messi da parte alfine di evitare leggi che impediscono di innovare e di testare “nuove tecnologie controverse”. Quanto a Peter Thiel, cofondatore di Pay Pal, investe da diversi anni in un progetto di città indipendente al largo della California.
Per il “Wall Street Journal” i propositi di Balaji S. Srinivasan riflettono ancora una volta il “complesso di superiorità” dell’élite High-Tech della West Coast. “Ogni uno sa che la Silicon Valley vuole conquistare il mondo. Se i suoi abitanti vogliono riuscirci, sono avvisati di pretendere più umiltà nel loro approccio”, stima il quotidiano. Questo commento fa da eco a una serie di critiche indirizzate agli imprenditori della Valley.
I giganti delle nuove tecnologie cominciano effettivamente a innervosire l’America. Al punto da minacciare di piantarli nell’immaginario collettivo come i “cattivi” della finanza. “Il mondo delle nuove tecnologie è il nuovo Wall Street”, ha twittato Umair Haque, economista e direttore di Havas Media Lab.
di Manuel Giannantonio